Zack Snyder’s Justice League, il ritorno degli eroi DC tra rivincite umane e nuovi inizi, dal 18 marzo su Sky Cinema e NowTV

Desiderata, bramata, infine arrivata. Per qualcuno una trovata pubblicitaria. Un trend da hashtag figlio del proprio tempo, ma passeggero. Per altri un sogno da fandom. Di quelle chiacchiere da bar che stenti a credere possano diventare un giorno realtà. Forse semplicemente ognuna di queste cose e al contempo il loro esatto contrario. In ogni caso, qualunque sia la propria posizione all’interno del dibattito poco importa a questo punto: è finalmente giunto il tempo tanto atteso della Zack Snyder’s Justice League (2021), o come la si è spesso chiamata della Snyder Cut. La tanto discussa (e insperata) director’s cut, prende forma e consistenza filmica in un’opera dal minutaggio monstre di 4 ore: praticamente alle pendici del leggendario.

Lo stesso Snyder c’ha scherzato un po’ su, dichiarando negli ultimi giorni come:


Questo film è un po’ come Il padrino dei cinecomic; un The Irishman ma con più azione.

Zack Snyder, Gal Gadot e Ben Affleck durante le riprese de Zack Snyder's Justice League

E se da una parte il minutaggio e la dilatazione narrativa fa pensare un po’ – di primo acchito e con molta superficialità – al già citato The Irishman (2019) di un Martin Scorsese ben poco incline al cinecomic, dall’altra il parallelismo terminologico regge ora in termini distributivi (Netflix per il punto finale del gangster movie scorsesiano; HBO Max e NowTV/Sky On Demand per la mitologica epica filmica di Snyder); ora d’intenzioni registiche del suo stesso autore, degne di un epica della saga de Il padrino. Parlando infatti della ratio dietro all’idea di cinecomic della DC in relazione a quella Marvel, il regista di Army of the Dead (2021) ha così dichiarato:


La Marvel sta facendo questa popolare commedia d’azione con un cuore. Quello che la DC aveva da offrire era la mitologia a livelli epici. […] Avevamo una visione molto precisa. Un universo completo e del tutto delineato e sviluppato su cui volevamo lavorare.

In quell’insita nostalgia lasciata trapelare dalle parole scandite al passato, in un’imperfetto che lascia intendere come la Zack Snyder’s Justice League rappresenti la chiusa del cerchio e la fine della collaborazione tra la DC e il chiacchierato regista, emerge però l’aspetto umano dell’opera: quella della Snyder Cut è infatti un atto umanamente dovuto. Un ridare all’uomo-Snyder l’opportunità di portare a compimento la propria visione dopo l’immane tragedia che ha segnato la sua vita nel 2017. E questo a prescindere da quello che sarà il responso di critica e pubblico; nonché il futuro stesso di questa Justice League nel DCEU.

Nel cast figurano Ben Affleck, Gal Gadot, Henry Cavill, Jason Momoa, Ezra Miller, Ray Fisher; Ciaran Hinds, Amy Adams, JK Simmons, Willem Dafoe, Jared Leto, Connie Nielsen; Diane Lane, Joe Manganiello, Carla Cugino, Russell Crowe, Kevin Costner, Billy Crudup; Jeremy Irons, Jesse Eisenberg, Harry Lennix, Joe Morton, Ray Porter e Amber Heard.

Zack Snyder’s Justice League: la sinossi del film 

Secoli or sono, gli uomini, gli dei, gli atlantidei, le amazzoni e le lanterne verdi dovettero fronteggiare l’arrivo di Darkseid (Ray Porter). Costui, noto come il Tiranno di Apokolips, era in cerca della cosiddetta Equazione dell’Antivita. Viaggiò così, di pianeta in pianeta, con l’obiettivo di sterminare quante più razze possibile con il suo esercito di Parademoni. Durante la sua visita sulla Terra, Darkseid venne sconfitto. Lungo la sua ritirata lasciò dietro tre misteriose scatole madri.

Queste ultime rappresentano un’avanzatissima e tecnologica fonte di potere. Se scatenate – e nelle mani sbagliate – infatti, provocherebbero il totale rimpasto della composizione materiale di qualsiasi elemento. Gli atlantidei, le amazzoni della Regina Ippolita (Connie Nielsen) e gli uomini, decisero di dividersele; così da mantenerne l’equilibrio inalterato.

Henry Cavill in una scena de Zack Snyder's Justice League

Ai giorni nostri, la scatola madre dei terrestri – custodita nei Laboratori STAR – viene utilizzata dal Dr Silas Stone (Joe Morton) per ridar vita al proprio figlio Victor (Ray Fisher) in forma cibernetica. Al contempo, a seguito delle macchinazioni di Lex Luthor (Jesse Eisenberg) con l’astronave kryptoniana per dar vita a Doomsday, questi ha attirato l’attenzione di Steppenwolf (Ciaran Hinds). Demone della stessa famiglia di Darkseid con l’obiettivo di ritrovare le sopracitate tre scatole madri per permettere, così, l’arrivo di quest’ultimo e dare il via all’apocalisse.

La Terra è in un momento di subbuglio. Ha perso il kryptoniano Kal-El/Superman (Henry Cavill). Il suo difensore più potente deceduto nel conflitto con Doomsday. La madre Martha (Diane Lane) e l’amore della sua vita – Lois Lane (Amy Adams) – ne piangono la scomparsa. Batman/Bruce Wayne (Ben Affleck), conscio dei pericoli che stanno per giungere, organizza una squadra d’azione di meta-umani formata dall’amazzone Diana Prince/Wonder Woman (Gal Gadot); il semi-atlantideo Arthur Curry/Aquaman (Jason Momoa); il velocista Barry Allen/The Flash (Ezra Miller); nonché proprio il Cyborg.

L’obiettivo è annientare Steppenwolf ed impedirgli di mettere le mani sulle scatole madri. Sarà l’inizio di un’impresa impossibile tra avventura e magia, antichi riti e superstizioni: l’era della Justice League.

In origine fu il DC Extended Universe: i piani originali di Warner Bros e Zack Snyder

All’indomani de rilascio in sala del criticatissimo L’uomo d’acciaio (2013) Zack Snyder – al pari del contemporaneo Joss Whedon per l’MCU – gettò le sopracitate basi intenzionali del DCEU. L’idea era di incentrarlo nell’arco di cinque pellicole: Batman v Superman: Dawn of Justice (2016) e una trilogia della Justice League. Narrazioni strutturate in modo che si procedesse verso un progressivo schiarimento del tono del racconto. I piani cambiarono dopo che Batman v Superman venne accolto con scetticismo da critica e pubblico. Poco umorismo, ritmo ingiustificabilmente lento, milleuno polemiche attorno al fin troppo bistrattato (ma scolasticamente intelligente) Martha Twist.

La visione della DC non riusciva a trovare spazio in un mercato saturo dell’umorismo disneyano delle opere Marvel. Quest’ultima rappresenta di fatto l’antitesi produttiva oltre che tematico-filosofica. La Warner decise quindi di adeguarsi per quanto possibile alla visione Disney così da poter fare concretizzare le ambizioni in incassi.

Un'immagine promozionale della Zack Snyder's Justice League

Il tutto si tradusse nell’alleggerimento del tono di un Suicide Squad (2016) comunque massacrato da una post-produzione scellerata, nonché nella riscrittura parziale del copione di Justice League (2017). Nonostante ciò, dopo le riprese, il risultato non soddisfò la Warner che ritenne il progetto inguardabile, quantomeno nell’ottica di una narrazione simil-marveliana. Iniziò così una post-produzione selvaggia che per Snyder si arenò, purtroppo, sul più bello.

Nel marzo 2017 infatti, una delle due figlie scelse di togliersi la vita. Nemmeno due mesi dopo, il regista di 300 (2006) abbandonò il progetto perché incapace di proseguire il lavoro con la giusta attenzione. In questi giorni Snyder è tornato a parlare di quelle sensazioni, dichiarando in merito come:


Avevo completamente perso la forza di lottare. La verità è che mi trovavo in una situazione talmente disperata che non me ne importava (più) nulla. 

Il deus-ex-machina Joss Whedon e l’infelice Josstice League 

Per portare a casa il risultato, la Warner tentò la soluzione disperata ingaggiando l’allora demiurgo Marvel: Joss Whedon. La mente creativa dietro ai Justice League delle Casa delle IdeeThe Avengers (2012) e Avengers: Age of Ultron (2015) – che in origine avrebbe soltanto dovuto unicamente lavorare nelle vesti di sceneggiatore con Snyder sempre al posto di comando. Dopo l’addio coattivo al progetto di quest’ultimo però, tutto cambiò drasticamente. Whedon si trovò con in mano un progetto da salvare sia come sceneggiatore che come regista.

Aggiunse quasi 80 pagine al copione originale; il minutaggio scese dalle 3 ore originarie, sino a poco meno di 2; asciugando infine il tono violento del racconto di Snyder per dirigere la narrazione verso i più sereni pascoli dell’umorismo brillante del remunerato terreno Marvel. Della visione di Snyder restò poco e nulla: appena il 10% in proporzione alla pellicola complessiva; come agognato dagli executives Warner del resto.

La Josstice League di Joss Whedon

A mancare però era quel cuore di cui parlava Snyder a proposito delle produzioni MCU. Inevitabile se teniamo conto di un progetto taglia-e-cuci tra due visioni registiche antitetiche. Criticità che non venne in alcun modo superata dalla Justice League di Whedon. L’assenza di un’amalgama tra l’anima snyderiana e quella whedoniana generò un’opera priva di mordente e di una reale convinzione filmica.

Critiche che si tradussero nel soprannome dispregiativo Josstice League. Una sorta di contrappeso karmico se teniamo conto di come la Warner diede molta più liberta d’azione a Whedon – il regista arrivato alla DC per caso o necessità – rispetto a Snyder, il demiurgo del DCEU. La Justice League di Whedon fece buoni incassi e superò perfino il break-even point, ma le critiche ci andarono giù pesantissimo. Alcuni critici d’Oltreoceano lo definirono un Frankenstein movie per via della sopracitata assenza di un vero sentimento che muovesse lo sviluppo e le due anime registiche. In poche parole: era finto, fasullo, posticcio.

La svolta produttiva della Warner e #ReleaseTheSnyderCut: dal fallimento al rivoluzionario movimento social 

Questo spinse la Warner, nello sviluppo dei progetti futuri, ad abbandonare la visione snyderiana di un universo condiviso per puntare su più specifici e ispirati stand-alone. Mettere quindi da parte le interconnessioni narrative per ricominciare da zero. Un implicito reboot con Superman e Batman ai margini del progetto, ricalcando in parte i progetti della Fase 1 Marvel. In questo frangente arriveranno i successivi Aquaman (2018) e Shazam! (2019) con Wonder Woman (2017) – antecedente a Justice League di un paio di mesi – dichiaratamente stand-alone e slegato dalla continuity dell’infelice opera di Whedon.

Da parte dei fan invece, toccati dalla tragedia personale di Snyder e dalla voglia spasmodica di vedere quella Snyder Cut di cui l’autore confermò l’esistenza, giunta al 90% della pellicola infine lasciata marcire nella post-produzione, diedero il via a una petizione che in pochi giorni ottenne 180.000 firme. Inizia da qui la strepitosa ascesa della Zack Snyder’s Justice League: esattamente dal #ReleaseTheSnyderCut. Trend topic ormai storico nei social media capace di realizzare una rivoluzione produttiva per volere assoluto dei fan destinata ad entrare negli annali.

Jason Momoa, Ben Affleck, Gal Gadot, Ezra Miller, Henry Cavill e Ray Fisher

Complice anche l’imponente precedente storico stabilito da Superman II (1980) della strana coppia Richard Donner-Richard Lester che trovò infine pace dei sensi nella Donner’s cut rilasciata da Warner nel 2006 all’indomani di Superman Returns (2006), la folle idea prese piede rapidamente nelle comunità del DC fandom.

L’hashtag #ReleaseTheSnyderCut divenne rapidamente virale. Il Movimento trovò sostegni eccellenti da parte di Momoa, Hinds, Fisher; e via via sempre più consensi tra membri del cast e personalità. Non abbastanza però, a detta di molti analisti di mercato, da smuovere le cose. D’altra parte dalla Warner, in merito, filtrava ben poco ottimismo. La Snyder Cut era stata bocciata dai dirigenti al tempo, figuriamoci investire soldi a distanza di tre anni per rilasciarlo in sala.

Il fandom tossico, l’annuncio, l’opportunità trivalente della Snyder Cut

In ogni caso, questo non sembrò fermare gli attivisti del Movimento che nei successivi due anni spesero uno sforzo ingente pur di tener viva la fiamma del loro folle sogno fandomico. Una rincorsa che ha trovato infine l’apice nell’acquisto di uno spazio pubblicitario di quattro minuti durante la finale di FA Cup 2020 con cui mostrare uno striscione digitale con su scritto #ReleaseTheSnyderCut.

Se da una parte la buona volontà del DC fandom è riuscita infine a vedere coronato un sogno dopo una corsa ad un obiettivo quasi impossibile in poco meno di due anni, dall’altra gli attivisti furono bollati come cyberbulli e verbalmente aggressivi: in una parola, tossici. Il resto è storia recente: l’annuncio a sorpresa di Snyder nel pieno di una Q&A su L’uomo d’acciaio nel maggio 2020; i 70 milioni di budget per le riprese supplementari; l’approdo su di un HBO Max a questo punto conditio sine qua non per la Zack Snyder’s Justice League.

Jason Momoa, Gal Gadot e Ray Fisher

Concepita da sempre come unico blocco filmico di 4 ore, per poi essere divisa in una miniserie in 6 parti e infine di nuovo in forma estesa dal minutaggio monstre, la Zack Snyder’s Justice League ha trovato terreno fertile proprio nel fallimento della Josstice League. Nello specifico nelle incessanti rivelazioni di Ray Fisher a proposito della lavorazione con a capo Whedon, reo di aver creato un ambiente di lavoro tossico e pericolosamente problematico.

Per certi versi quindi la Zack Snyder’s Justice League giunge con un tempismo eccezionale. Un’autentica opportunità artistico-produttiva per tre ragioni: atto umanamente dovuto verso il suo autore; prodigioso esempio di auto-affermazione e rivendicazione dello strategico ruolo del fandom; possibilità di cancellare definitivamente il recente passato problematico in favore di nuove – e future – strategie narrative per il DCEU. Un’opera che, a detta di uno Snyder sempre rifiutatosi di vedere il frutto del rimaneggiamento compiuto da Whedon, è da intendersi come:


Una cosa completamente nuova. E parlando con coloro che hanno visto il film uscito: una nuova esperienza a parte.

Oltre infatti al ripristino delle riprese originali, la Zack Snyder’s Justice League prevede un 80% di materiale inedito tra cui nuovi personaggi (Joker, Martian Manhunter, Deathstroke) oltre che una nuova climax. L’intero minutaggio diretto e portato in scena da Whedon è stato quindi cestinato in favore del ripristino totale dell’anima snyderiana del concept originale.

Zack Snyder’s Justice League: una questione d’inerzia filmica

A conti fatti il sogno perseguito dal Movimento di dar vita alla Snyder Cut è risultato una scelta vincente (e necessaria). Molte delle obiezioni portate avanti dai detrattori di lungo corso del DCEU e della Justice League/Whedon infatti, era che la Zack Snyder’s Justice League non avrebbe aggiunto nulla a un progetto di suo già sbilenco, fallimentare e – come il box-office ci ricorda – già visto. Ed effettivamente lo è.

La Zack Snyder’s Justice League è un film già visto di cui ci viene lasciato intravedere lo scheletro della struttura narrativa dall’arrivo di Steppenwolf sulla Terra sino alla rinascita di Superman. Al punto che sarà divertente per lo spettatore – lungo le 4 ore di una narrazione dall’andamento fluido e ipnotico – riuscire a capire quali erano le sequenze filmate da Snyder e quali quelle realizzate da Whedon dell’infelice montaggio del 2017. E qui vi sveliamo un piccolo segreto: quelle convincenti e funzionanti, quelle dal ritmo netto e incisivo, erano tutte di Zack Snyder.

Jason Momoa, Ben Affleck, Gal Gadot, Ezra Miller, Henry Cavill e Ray Fisher

Ciò che cambia però è tutto quello che c’è intorno e l’inerzia con cui viene raccontata. La differenza cioè tra la visione whedoniana volta al family-friendly, all’umanità degli eroi e a un’impostazione registica volutamente piccola, e quella snyderiana; di suo complessa, epica, lirica, maestosa nella gestione del conflitto e oscura nei toni e nella costruzione d’immagine.

Caratterizzata quindi del tipico linguaggio filmico del suo autore fatto di rallenti per amplificare l’effetto mitico del momento, colori desaturati e dinamismo al limite dell’esasperazione nelle scene action: croce e delizia del suo credo registico. Una visione antitetica alla precedente – e più competente – che getta una nuova luce sotto alla Zack Snyder’s Justice League: la sua vera luce, quella di cui si sarebbe dovuta illuminare sin dal primo momento.

Gli effetti della Snyder Cut: lavorare sui personaggi, curare meglio la mitologia

La visione di Snyder va così a declinarsi ora attraverso un incipit inedito se rapportato al montaggio whedoniano che funge da amalgama indissolubile con gli eventi della climax di Batman v Superman, ora in una risoluzione del conflitto scenico anch’essa inedita per respiro registico e gestione. Nel mezzo il regista di Watchmen (2009) riesce a farci percepire realmente la vastità dei confini del contesto narrativo. Dall’espediente emerge una maggior cura della mitologia DCEU. Del valore di amazzoni e atlantidei e del loro retaggio su Wonder Woman e in particolare su Aquaman; quest’ultimo dalla componente caratteriale che trova potenziamento anche dagli eventi e dalle dinamiche relazionali dello stand-alone del 2018.

Il lavoro compiuto da Snyder incide anche sul potenziamento della dimensione narrativa di The Flash e Cyborg. Quasi delle appendici nella Justice League/Whedon tra linea comica e corpi estranei ma che con Snyder ritrovano dignità narrativa assumendo un ruolo centrale; specie tenuto conto dell’enorme spazio dato al loro background caratteriale-narrativo nelle 4 ore di minutaggio (per Cyborg si potrebbe perfino parlare di un implicito stand-alone).

Henry Cavill

Ne esce vincente anche la dimensione caratteriale del villain Steppenwolf. Folle titano che se nel montaggio originale aveva una consistenza caratteriale bidimensionale e monocorde, con Snyder risulta invece complesso e sfumato. Un arricchimento reso possibile anche dallo strategico ingresso scenico di Darkseid e di quel blocco di mitologia a lui ricondotto e amplificato.

Ma il lavoro più encomiabile che traspare della Zack Snyder’s Justice League è quello riconducibile alla dimensione scenica di Kal-El/Superman. Il Figlio di Krypton ci viene mostrato in forma inedita da Snyder, specie se rapportato alle sue precedenti apparizioni nel DCEU. Ora giocando con l’inerzia del suo ruolo messianico; ora vestendolo da deus-ex-machina per fini narrativamente benevoli; nonché nel dargli finalmente una consapevolezza autentica del suo ruolo nel mondo – quest’ultima acuita da un nuovo costume che sa di nera rinascita. Tutto intorno, il cineasta di Sucker Punch (2011) fa suo il dolore provato per la figlia scomparsa lasciando che questo traspaia nella gestione del lutto e della sua assenza tra Lois e Martha che è pura catarsi filmica.

Zack Snyder’s Justice League: il punto di rottura del DCEU, gloriosa fine o formidabile rinascita?

Per certi versi quanto mostratoci nelle sue 4 ore è la piena summa filmica del credo autoriale di Zack Snyder. C’è tutto di lui del resto: il linguaggio cinematografico, lo stile, la colonna sonora di Junkie XL nei momenti action di Wonder Woman; nonché l’immancabile Hallelujah targata Leonard Cohen. Non si sbaglia quindi nel dire come non sarà la Zack Snyder’s Justice League a far cambiare opinione sul DCEU ai detrattori. Al punto che, per certi versi, si potrebbe perfino dire che rappresenta l’idea di cinema della versione Ultimate di Batman v Superman: Dawn of Justice portata agli estremi.

Rispetto al montaggio del 2017 però la Zack Snyder’s Justice League gestisce con più fluidità l’inerzia della narrazione. Un respiro registico imponente ma mai pomposo. Dal tono epico e serio ma che non disdegna mai di inserire un po’ di leggerezza al momento opportuno. Un’opera dalla crescita armonica e nonostante tutto – paradossalmente – equilibrata, capace di inserirsi con preziosa armonia nella martoriata continuity di un DCEU giunto inevitabilmente al suo punto di rottura.

Proprio per il suo sapore a metà tra pietra tombale e formidabile rinascita, tocca alla Warner adesso. Se lasciare che la Zack Snyder’s Justice League rappresenti la fine gloriosa di un progetto sgangherato o un nuovo, eccezionale, inizio con cui fare la storia del genere (e del cinema). Qualunque sarà la scelta, l’ultima tappa di Snyder nel DCEU è destinata a restare nelle memorie del tempo e dell’immaginario collettivo.