FIRST MAN, il viaggio di un uomo vero verso la Luna – Recensione

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Ryan Gosling è Neil Armstrong nel film Il primo uomo - First Man
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Ryan Gosling è Neil Armstrong nel film Il primo uomo – First Man
Per chi ama il cinema, vivere la settima arte rappresenta molto più di una semplice passione. È una rincorsa costante alla novità, alle ultime uscite in sala, alle rarità introvabili che, per una serie di ragioni distributive e di pubblico (chiamasi target commerciale), trovano poco spazio sul grande schermo. È un percorso che ogni cinefilo mette in atto per trasformare la pura erudizione – e lo studio analitico della materia – in una conoscenza acquisita mediante il contatto con la realtà, e in questo caso con il cinema. In parole povere, il cultore ‘modello’ matura una propria esperienza cinematografica che determina, a seconda dei casi, una certa sensibilità durante la visione e gusto personale ben preciso. Questa pedissequa ricerca tra gli infiniti meandri del mezzo presuppone una spiccata propensione all’aggiornamento e, al tempo stesso, alla scoperta/riscoperta di quegli autori e di quei film che hanno scritto la storia e reso il cinema un meraviglioso viaggio – intimo e immaginario – ai confini della realtà. E quando si parla di viaggio, ogni appassionato di cinema che si rispetti non può non pensare al celebre “Voyage dans la lune” di Georges Méliès. Un viaggio fantastico che ci trascina fino al Lido di Venezia per assistere ad un altro viaggio sulla luna, quello che il portentoso Damien Chazelle regala al pubblico e a Ryan Gosling con il suo First Man – Il primo uomo.
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Ryan Gosling è Neil Armstrong nel film Il primo uomo – First Man
Se Whiplash tentava di essere un qualcosa di mai visto e La La Land si imponeva come meraviglioso omaggio al cinema del passato, First Man – Il Primo Uomo si adagia molto nel genere del biopic. È difficile trovare angoli non battuti da altri film, così come soluzioni visive originali per raccontare la missione che ha portato gli uomini a toccare il suolo della luna. Eppure Chazelle riordina le suggestioni, assimila tutto il meglio e gira il miglior racconto possibile di questa impresa compiuta da “uomini veri” ma fragili. Neil Armstrong appare sin dall’apertura fiammante e adrenalinica, complesso nei suoi desideri. Guarda la luna e la luna guarda lui, lo attrae, anche letteralmente, a sé. O forse è la terra, i problemi e i drammi quotidiani, che lo invitano a fuggire? Il film si regge sull’indagine di cosa voglia raggiungere il piccolo uomo sulla luna: il progresso, il grande passo per l’umanità, ma anche la trascendenza, il mistero insondabile di cosa ci sia dopo di noi. Raggiungere la meta del viaggio significa lasciare andare, cambiare, e tornare a casa. L’epopea di Armstrong è paragonabile alla parabola del cavaliere solitario che deve compiere il suo destino, tra mille difficoltà, e cercare il sereno nel buio di uno sguardo, negli abissi dell’ignoto, nel cratere oscuro della luna.
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Patrick Fugit, Ryan Gosling e Shawn Eric Jones in First Man (2018)
Se lo script di Interstellar di Christopher Nolan si poneva come trattato di linguistica applicata all’astrofisica e quello di Il diritto di contare come rituale di rappresentazione di numeri, formule e traiettorie spaziali, First Man vira in direzione opposta e propone una visione più naturale e comprensibile dell’ambiente (extra)atmosferico, in rapporto con il tempo e lo spazio. Tempo e spazio che scandiscono il ritmo del film a suon di intervalli armonici, valzer sinuosi e silenzi assordanti. Tutto questo è narrato dal regista al ritmo della splendida colonna sonora di Justin Hurwitz. Ormai consacrato come autore, il giovane regista si riconferma come il poeta dei suoni. È scontato in questo senso il premio Oscar almeno al montaggio sonoro. L’alternanza di spazi, di infiniti silenzi e melodie di rumori, non solo ritma il procedere del film, ma racconta interi stati emotivi ancora meglio di come facciano le immagini.
Ci sono sequenze straordinarie ne Il Primo Uomo, piccoli momenti famigliari (si ringrazi l’immensa Claire Foy) e maestosi momenti di pura magia cinematografica. Chazelle incanta con un allunaggio perfetto e tocca le stelle, ancora una volta, grazie a un prodotto eccellente.
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Ryan Gosling e Claire Foy in First Man – Il primo uomo
Alla sua terza opera, quindi, Chazelle accantona la prorompente passionalità del suo precedente lavoro La La Land, mettendosi al servizio di un film biografico sostenuto da una forza calibrata, giustissima e, soprattutto, sotterranea: oltre la storia vera, oltre le meraviglie di un racconto spaziale talmente severo e in tensione da spingere fino alla commozione, c’è un racconto di perdita, di condivisa solitudine, e soprattutto di sacrificio. Quello, nello specifico, di un uomo dedito a una causa – la corsa allo spazio – in cui nessuno sembra credere veramente; di un uomo, specialmente, chiamato a scelte cruciali non tanto per la propria professione, ma soprattutto all’interno del proprio nucleo familiare, nido di un dolore profondo, il più tremendo. Certamente, la risposta che Armstrong cerca non risiede nelle stelle, non nel fine ultimo, ossia nella conquista della Luna, ma nel viaggio stesso, o nel superamento dei limiti fino a gettare uno sguardo oltre le cose, fra condivise solitudini e inesausta tenacia. In definitiva, Chazelle mantiene il suo sguardo innamorato del cinema, regalando l’ennesima matura reinvenzione dei caratteri di genere (dove risaputi, funzionano sempre come fossero giovanissimi) e confezionando un film intimo e potente, forse il suo più funereo, ancora più perché talvolta rischiarato da un’umanità vera, cruda, silenziosa.
Lingiardi-Rurali-Curini