
C’è un grande errore di valutazione che imperversa a Hollywood: credere che la voglia delle persone di uscire di casa e recarsi in sala, sia direttamente proporzionata al contenuto spettacolare della pellicola presentata. Se questo assunto poteva essere vero in anni di innovazioni tecnologiche, in cui la voglia di sondare le potenzialità della computer grafica arrivava ad uno sperimentalismo spinto, lo stesso non si può dire oggi. Il cinema contemporaneo, generalmente disilluso dal fatto di ’ “avere visto già tutto” non vive infatti di esplosioni, ma di mondi e personaggi.
Soprattutto nel genere “cinecomic”, in cui fanno da padroni super esseri tratti dalla cultura popolare del secolo scorso, la magia della narrazione audiovisiva si ricrea nell’esplorazione di universi narrativi prima che nello spettacolo visivo.
Arriva la Justice League
Per questo motivo è comprensibile la voglia irresistibile di crossover, narrazioni collettive in cui più trame si congiungono per dare vita ad un grande affresco emotivo.
Justice League conserva questo fascino, nonostante i numerosi problemi produttivi (che ci sono e si sentono). I membri della lega della giustizia sono infatti eroi “più grandi del film”. La loro fama ha toccato ogni emisfero del globo per anni e anni, entrando nei sogni e nelle aspirazioni dei bambini. Vedere interagire sul grande schermo queste personalità strabordanti è, oltre ogni valore artistico, un immenso piacere infantile.
I blockbuster contemporanei prendono spunto dalle fantasie di migliaia di ragazzi che hanno consumato le action figures in estenuanti avventure ad occhi aperti. Lo fanno dando carne e realismo a nomi che, fino a poco tempo fa, pensavamo appartenessero solo alla carta stampata. Non è scontato, anche se oggi lo sembra, potere vedere Batman parlare con Flash e venire “appeso al muro” da Aquaman. È impossibile negare che, per chi ama il genere, sia una gioia incredibile.

La strada verso la giustizia
Justice League è un film cardine all’interno dell’Universo Esteso DC.
A differenza di come Kevin Feige ha strutturato il cammino dei Marvel Studios, Warner Bros. ha reso il suo primo lungometraggio collettivo un punto di partenza verso nuove avventure. Se Avengers può essere considerato come un finale di stagione, il film di Zack Snyder sembra più un set up per tutto ciò che deve ancora venire. Justice League paga in larga parte questa scelta. Al film è infatti delegato il compito di introdurre un gran numero di personaggi, con le loro back story e problemi. Molti, come Cyborg e Aquaman, sono meno noti al pubblico generalista e, per tanto, necessitano di una grande compressione in fase di scrittura. Il compito dei due registi (Whedon è subentrato dopo l’abbandono di Snyder per motivi familiari) è stato ancora più arduo, in questo senso, dopo l’imposizione, da parte di Warner, di contenere la durata totale sotto le 2 ore. Il risultato è un film che corre come non mai, e che riesce a finire prima di stancare.
La presa di distanza rispetto al passato è netta. Con una buona dose di ironia in più lo stile di Snyder è de-epicizzato, e riesce a trovare un minimo respiro tra una scena madre e l’altra. Viene mantenuto, fortunatamente, il vero punto di forza dell’universo DC: l’orgoglio esagerato, quasi narcisista, verso i suoi personaggi. Ogni fotogramma è concepito per essere iconico. L’amore verso gli eroi si tramuta in una solennità diffusa, anche nelle parti più leggere. La Justice League è trattata, dagli autori, come se fosse un tassello fondamentale nella storia della cultura. L’atmosfera che si respira è quella che potrebbe permeare la trasposizione di un poema epico, più che di un albo a fumetti. Tutto ciò, piaccia o meno, è un tratto distintivo che sarebbe un peccato perdere.

Cosa funziona
Il peso degli anni e delle storie si fa sentire in maniera positiva sui due personaggi di punta: Batman e Wonder Woman. La loro interazione, i piccoli scontri in particolare, sono tra i dettagli che regalano più emozioni. Quando la squadra è riunita, dopo una faticosa prima ora, la chimica tra i componenti trova il giusto tono. Laddove le battute, portate avanti soprattutto da Flash, non sempre funzionano, l’ironia generale inserita in sceneggiatura aiuta a stemperare una trama con cui, altrimenti, sarebbe stato impossibile interfacciarsi.
Zack Snyder è un regista che riesce a catturare benissimo l’attenzione nei primi minuti dei suoi film, come in Watchmen e Batman V Superman, così in Justice League. Il quarto d’ora iniziale è sicuramente la parte più ispirata e originale. Il supereroe Dio, Superman, viene umanizzato. Batman viene presentato in azione, compiendo il suo ruolo di detective. L’ombra nera che aleggia su Gotham City promette inquietudine e senso del mistero.

Non tutto è perfetto
L’esecuzione non riesce però a mantenere le promesse. A livello tematico il film prende di petto il concetto di unione. Il MacGuffin, l’elemento che porta avanti la trama, instaura un parallelo con le vicende degli eroi. L’apocalisse, che arriva dalla fusione delle tre “Scatole Madri” del villain Steppenwolf, può essere scongiurata solo dalla coesione del team. Eppure, probabilmente a causa dei numerosi tagli subiti, non ci è mai dato vedere un momento di vera simbiosi. La regia non riesce a visualizzare la formazione del gruppo attraverso immagini che restino impresse. Nonostante si sia incontrata per la prima volta, sembra che la squadra si sia riunita solo per l’ennesimo nemico da sconfiggere. Nella risoluzione finale gli eroi combattono assieme… senza interagire veramente. Questo dettaglio è tutt’altro che trascurabile e priva di un qualsiasi emozione il terzo atto.
Il dramma viene costruito in maniera scolastica, cercando di connettere emotivamente lo spettatore con una famiglia di civili che si trova nel mezzo dell’azione. Eppure la sequenza è inserita goffamente e senza alcun legame vero con la trama portante, da risultare quasi inspiegabile. Mostrando solo “Dei” in costume, e ignorando le conseguenze sui civili, si è persa gran parte della forza che invece aveva il pur imperfetto Batman V Superman.
