
Non sembra neanche un film di supereroi lo scanzonato Shazam diretto da David F. Sandberg, che vede Zachary Levi nel ruolo della star principale: un casting di grandissimo intuito. Colorato, leggero, incentrato su una storia piccola e intima. La sua anima è evidentemente altrove, lontana dalla solennità catastrofica che aveva caratterizzato i precedenti film del cosiddetto DC Extended Universe, lontana dai crossover dell’universo condiviso Marvel e, soprattutto, assai lontana dalla spettacolarità a cui siamo abituati.
Shazam vince, e lo diciamo con un certo orgoglio (abbiamo cercato per anni un film così riuscito nella scuderia DC), grazie alla scelta di operare in sottrazione. Meno di tutto: meno serietà (il film è molto divertente), meno distruzione (il duello finale è così paradossale e scanzonato da potere essere considerato quasi un anticlimax), è ridotta anche la durata così come la quantità di temi da trattare.
Il cinecomic parla di una cosa: della famiglia. Della sua importanza come nucleo emotivo e sentimentale, dove senso di appartenenza e unione completano il percorso di ricerca di se stessi e del proprio io. E lo fa benissimo! Tutto ciò che circonda questa linea di trama, quella di Billy Batson, abbandonato dalla madre durante l’infanzia e alla costante ricerca delle sue radici, è un’aggiunta quasi superflua. Quando il ragazzo viene scelto come campione del Mago Shazam dovrà imparare a gestire i poteri appena acquisiti e a convivere con un alter ego decisamente ingombrante.
