Da Il gigante di ferro e Ritorno al futuro sino a Shining: è un vortice di citazioni e riferimenti Ready Player One di Steven Spielberg

Primo alla chiave. Primo all’egg!”. Lo slogan del Parzival/Wade (Tye Sheridan) di Ready Player One (2018), opera-pop di Steven Spielberg, nasce come motto entusiastico nella ricerca della prima chiave, per poi divenire – nel dispiegarsi del racconto – il simbolo della rivoluzione sociale di OASIS verso la IOI (Innovative Online Industries) del CEO Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn).

Attualmente impegnato nella rilettura in chiave contemporanea di West Side Story (1961) di Robert Wise, Spielberg adatta l’omonima opera letteraria del 2010 di Ernest Cline (qui anche nelle vesti di sceneggiatore) in un racconto fantascientifico che attinge a piene mani a riferimenti di cultura popolare e principalmente cinematografici. Nel farlo, Spielberg si affida a una tipologia di racconto lineare costruita attorno a un concept dal sapore teen. Narrazione che tra le righe dei suoi turning point sembra riecheggiare al cinema fantastico anni ottanta di E.T. – L’extraterrestre (1982), Gremlins (1984) e I Goonies (1985).

La locandina di Ready Player One

Opere di ragazzi perlopiù pre-adolescenti che partivano all’avventura su cui, ironicamente, c’è ovunque la firma di Spielberg tra regia e produzione. Tutto il resto è una delle più efficaci espressioni del citazionismo cinematografico contemporaneo tra semplici omaggi e autentiche riletture di significato. Tanto che Spielberg, all’indomani del rilascio in sala lo definì come:


Il film più difficile a cui abbia lavorato dai tempi di Salvate il soldato Ryan.

Ed è proprio questo che, in qualche modo, sembrerebbe aver disorientato spettatori (e non solo) nella fruizione dell’opera-pop di Steven Spielberg. Un pigro (e poco approfondito) soffermarsi sul giochino citazionista senza curarsi del meccanismo narrativo alla base dello stesso. Ciò che, paradossalmente, è quel che rende Ready Player One il manifesto di una generazione di spettatori, e del citazionismo nel cinema degli anni duemila.

Un’odissea produttiva citazionistica: le difficoltà con i diritti di Incontri ravvicinati del terzo tipo, Blade Runner e Ultraman

Quasi un centinaio di riferimenti e rimandi in Ready Player One. Elementi protetti da copyright con cui Cline non ebbe problemi al momento della pubblicazione del romanzo. Era ben consapevole però che nel trasporre un’opera filmica che gioca tutta sul citazionismo, sarebbe stato un grosso ostacolo. Un compito che divenne molto più dolce e semplice grazie alla presenza di Spielberg e alla sua aura magnetica hollywoodiana.

Di quelli originariamente previsti Spielberg e Cline ne ottennero l’80%. In origine sarebbe dovuto esserci un auto-riferimento a Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) ma il rimando all’opera spielberghiana fu bloccato sul nascere: la Columbia Pictures non concesse in alcun modo i diritti alla Warner Bros. Rispetto al romanzo poi, Ready Player One è mancante di un momento rilevante. L’omaggio a Tomb of Horrors: adventure module di Dungeons & Dragons.

Il gigante di ferro nella climax de Ready Player One

A mancare soprattutto è l’omaggio a Blade Runner (1982). Elemento integrante del racconto qui accantonato – e filmicamente ricalibrato in favore di Shining (1980)- a causa dei diritti bloccati a seguito della lavorazione di Blade Runner 2049 (2017). Oltre a questo l’opera di Cline dava enorme spazio al personaggio di Ultraman. I suoi diritti di utilizzazione però erano oggetto di una lungaggini legali. In sostituzione furono inseriti Il gigante di ferro (1999) e RX-78-2 Gundam.

Onde evitare d’essere accusato di auto-celebrazione, pur conscio del valore delle sue opere filmiche negli anni ottanta, Spielberg scelse di rimuovere personalmente la larga parte di quelli che sarebbero stati degli auto-riferimenti. A detta di Cline, per il brillante cineasta non ci sarebbero dovute essere né la DeLorean di quel Ritorno al futuro (1985) da lui prodotto, né tantomeno il T-Rex di Jurassic Park (1993). Alla fine si convinse, perché capì risultare essenziali per l’economia del racconto – e per Cline stesso.

Rosabella, la De-Lorean, Il gigante di ferro: il citazionismo spielberghiano tra riferimenti e riletture

L’opera-pop del cineasta de Lo squalo (1975) poggia principalmente su tre macro-sequenze di pura meraviglia visiva: Corsa alla prima chiave; Shining 1.1; Battaglia sul pianeta Doom. Formidabili momenti filmici da cui Ready Player One trae il massimo dalla sua peculiarità citazionista.

In tal senso, tale espediente viene declinato principalmente nella comune caccia all’egg, come nel caso dei molteplici riferimenti cinematografici di Quarto potere (1941); La vita è meravigliosa (1946); I sette samurai (1954); Godzilla contro i robot (1974); Star WarsLa febbre del sabato sera (1977); Alien (1979); Mobile Suit Gundam (1979-1980); Nightmare – Dal profondo della notte (1984); Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione (1984); Aliens e La mosca (1986); Robocop (1987); Akira e La bambola assassina (1988); Terminator 2 (1991); Batman (1992-1995) e Last Action Hero – L’ultimo grande eroe (1993).
A questi, l’opera di Spielberg aggiunge dei corposi rimandi al mondo videoludico. Piccoli gioielli pionieristici del calibro di Space Invaders (1978); Adventure (1979); Frogger (1981); nonché le saghe videoludiche di Street Fighter; Mortal Kombat; Doom; Tomb Raider, e Halo.

Tye Sheridan e la DeLorean

Oltre a questo però, Ready Player One procede nel rielaborare alcuni riferimenti conclamati nell’immaginario collettivo. Elementi di cui l’opera di Spielberg procede manipolandone il significato per restituirceli secondo una nuova significazione narrativamente coerente con il contesto scenico.

Sono i casi del King Kong modellato secondo il film omonimo del 1933 e del sopracitato T-Rex rielaborati come ostacoli supremi nella Corsa alla prima chiave; o dell’anch’essa già citata DeLorean privata della sua tipica connotazione spazio-temporale dell’opera di Zemeckis fungendo unicamente da mezzo di locomozione dentro OASIS per Parzival. Non ultimo la più preziosa: il sopracitato robot de Il gigante di ferro privato della sua caratteristica componente umana, per essere rielaborato – e convertito – in una spietata e inarrestabile macchina assassina.

Ready Player One: Shining 1.1, quando la citazione è remake e omaggio ad un amico scomparso

La sopracitata seconda macro-sequenza di Ready Player One, rappresenta, oltre che il momento centrale del racconto, il punto più alto e raffinato dell’utilizzo dell’elemento citazionista alla base del racconto. Quella tra Stanley Kubrick e Steven Spielberg era un’amicizia vera sin dal loro primo incontro agli Elstree Studios nei primi anni Ottanta. Kubrick stava finendo di girare Shining; Spielberg il suo James Bond: I predatori dell’arca perduta (1981).

L’uscita di Schindler’s List (1993) spinse Kubrick a riconsiderare Aryan Papers. Opera riguardante il dramma dell’Olocausto a cui il regista di Arancia Meccanica (1971) lavorava dal 1976. È stato Spielberg, dopo la morte di Kubrick, a concludere il montaggio di Eyes Wide Shut (1999) sulla base degli appunti dell’amico. Sempre lui, ha portato alla luce A.I.- Intelligenza Artificiale (2001) ispirandosi alle indicazioni presenti nel soggetto di Kubrick.

La corsa alla seconda chiave in Ready Player One: Shining

La macro-sequenza Shining 1.1 in cui Spielberg rielabora l’inerzia del racconto kubrickiano non solo dandovi una nuova collocazione, ma anche incasellandolo – come fosse un tassello – nel magnifico mosaico citazionista di Ready Player One, è (molto) più di un omaggio; piuttosto un remake “autorizzato” dallo stesso Kubrickmolto più film del recente sequel Doctor Sleep (2019) – è saluto a un amico fraterno scomparso, e al contempo omaggio alla circostanza per cui si conobbero.

Ready Player One: Uno Spielberg minore, o forse tra i più grandi film d’intrattenimento del nuovo Millennio

A distanza di tre anni dal rilascio in sala – e aspettando il sequel Ready Player Two –  Ready Player One continua a dividere critica e pubblico. Per molti è da ritenersi un film minore all’interno dell’opus spielberghiano. Un pandemonio di citazioni fine a sé stesso – o volto unicamente a dar colore –  sulla falsariga di Stranger Things (2016-2021) e C’era una volta a… Hollywood (2019).

Per molti altri invece, un film il cui reale valore verrà dato dal tempo. Un’opera che è al contempo lettera d’amore al cinema e miscellanea di elementi di cultura popolare firmato da chi – meglio di tutti – ha saputo innovare il cinema americano contemporaneo, anche solo nella codifica del cinema d’intrattenimento d’autore, gettando le basi autoriali per cineasti del calibro di Christopher Nolan e Denis Villeneuve.

Film come The Post (2017) e Ready Player One certi autori non riuscirebbero a realizzarli in un’intera carriera. Spielberg li ha realizzati in un anno, e non sono nemmeno i film per cui verrà ricordato un domani. Quelli, ironicamente, sono proprio i sopracitati Jurassic Park e Schindler’s List, su cui Spielberg lavorò simultaneamente tra il 1992 e il 1993.