Certi film hanno un carico di responsabilità non indifferente. A parte il nome pesante che Ridley Scott ha deciso di affibbiargli, distaccandosi dal capitolo precedente, Alien: Covenant doveva iniziare un processo di unione vero e proprio tra Prometheus, collegando i vari fili lasciati sfusi in quel capitolo, e la xeno-saga per eccellenza.
Il fatto che (finalmente?) comparissero i classici xenomorfi già nei primi trailer ha fatto pensare che quell’unione sarebbe avvenuta decisamente presto, ma, nonostante l’intento del film sia proprio quello, il ponte che si vuole costruire crolla miseramente fin dalle prime battute.
L’antefatto
Prometheus, accolto non troppo bene a suo tempo, aveva dalla sua una fantasia e una serie di concetti che per l’universo di Alien erano senz’altro innovativi, anche se non del tutto riusciti o sfruttati. Era un lungometraggio forse con troppe ambizioni e -tutto sommato- troppe pecche, ma restava un’esperienza visiva eccezionale e non aveva paura di osare. Il tentativo di Alien: Covenant riprendere le atmosfere “da vita reale” e pessimistiche del primo, iconico film, sfruttandone temi e “leitmotiv”, risulta invece a tratti comico.
Il sottotesto sessuale di Alien era scottante perché non detto, mai reso esplicito. Covenant non fa che ribadire quei concetti allo spettatore a ogni dialogo possibile, trasformandosi in una sorta di “barzelletta imbrattata” per ragazzi.
Ma partiamo dall’inizio…
Il viaggio
L’affascinante idea di fondo (una nave carica di migliaia di coloni ibernati per popolare un pianeta adatto alla vita) viene massacrata già da un incipit che fa storcere il naso (il solito incidente imprevisto che costringe l’equipaggio a un risveglio anticipato).
Nulla di grave, il film potrebbe recuperare, se non fosse che da qui in poi Ridley Scott sembra non avere la più pallida idea di cosa fare del concetto base di questa “saga prequel”, cercando di collegare troppe cose al suo Alien e finendo per ridicolizzarne gli elementi. Su tutti proprio l’origine degli xenomorfi: un’idea non priva di fascino e senso, ma proposta in maniera risibile.
A un tratto viene da chiedersi se sia davvero stato Scott a dirigere il film. Il regista inglese è ben noto per alternare film straordinari ad altri che precipitano nella noia totale, ma il tratto comune è sempre la grande perizia con cui conduce l’opera. Insomma: non importa che il lungometraggio sia bello o brutto, se è di Ridley Scott sarà senz’altro girato bene. Alien: Covenant rappresenta una vera eccezione.
Tra personaggi che in diligente fila indiana si dirigono a un prevedibile macello, imperdonabili incongruenze con i film precedenti e una tensione prefabbricata che non sortisce effetto, le ambizioni del film si riducono a una sequela di finte “escursioni mentali” sul significato dell’intelletto, sul ruolo e sulla responsabilità della creazione, senza andare a parare da nessuna parte.
Nota a margine per il montaggio e la colonna sonora, che si rendono particolarmente antipatici. Nonostante Pietro Scalia, il film procede a ritmo sincopato senza mai avere il giusto respiro, quasi in corsa con se stesso. La musica, che consiste di continue reprise di pezzi del primo Alien e di Prometheus, contribuisce al senso di già visto non offrendo ulteriori sfumature.
L’equipaggio
Unica, vera nota di merito è l’equipaggio del film. No, non i personaggi, ma gli interpreti che cercano in tutti i modi di dare dignità a una sceneggiatura spesso imbarazzante e inconsistente. Su tutti Michael Fassbender, che ha parecchie possibilità -anche “doppie”- di brillare e si mangia letteralmente lo schermo.
Non è ben chiaro perché sia stato coinvolto James Franco (protagonista di una clip rilasciata in rete, ma eliminata dal film) che in pratica non compare mai, quando il suo apporto sarebbe sicuramente servito ad alleggerire un po’ la pesantezza del film.
Rapporto finale
Chi vi scrive è un grande appassionato della saga dello xenomorfo, ma qui è davvero difficile trovare qualcosa a cui aggrapparsi: il film risulta raffazzonato e approssimativo, quasi un compitino sgradito da svolgere in fretta e furia.
Speriamo che sia stato solo un passo falso: forse un inconsulto moto d’orgoglio di Scott che non voleva vedere il “suo” alieno adottato da Neill Blomkamp in un nuovo progetto? A posteriori si può dire che l’entusiasmo suscitato da un quinto Alien firmato dal regista sudafricano fosse riposto molto meglio, peccato a questo punto non vederne l’esito.
Magari in quel modo ci saremmo risparmiati un secondo Alien Resurrection…
Alessandro Carpana
alien covenant recensione