La più grande fiaba natalizia della storia del cinema, La vita è meravigliosa di Frank Capra, con James Stewart, Donna Reed e Lionel Barrymore 

Nonostante oggi sia indissolubilmente associato al Natale e alle sue magiche aspettative, La vita è meravigliosa (1946) non fu mai inteso, da Frank Capra, come unicamente “natalizio”. Il cineasta nativo di Bisacquino – paesino in provincia di Palermo – infatti, era affascinato dall’idea di una narrazione che raccontasse l’importanza dell’individuo, e di come nessun uomo può essere considerato un fallimento. Da qui infatti, la specifica scelta di girarlo in bianco e nero – e del relativo sgomento verso la versione a colori non autorizzata negli anni ottanta – così da valorizzarne la carica esistenziale.

A differenza di un’opera come Miracolo sulla 34° strada (1947) – autentico instant-cult delle Feste – l’aura natalizia del capolavoro di Capra crebbe soltanto nelle decadi successive per via di un “piccolo” problema di copyright. Nel 1974 infatti, non venne rinnovato regolarmente e decadde in pubblico dominio; l’occasione fu ghiotta per molte delle emittenti televisive americane che ebbero così il via libera per una distribuzione massiccia nel periodo delle feste. Soltanto nel 1993 la Republic Pictures poté tornare in possesso della proprietà intellettuale; riequilibrando il diritto e al contempo potendo godere dei benefici di una “nuova” tradizione natalizia creatasi nel corso degli anni.

I titoli di testa de La vita è meravigliosa

Ispirato a un racconto del 1939 di Philip Van Doren Stern, l’interesse attorno a La vita è meravigliosa arrivò all’attenzione di Cary Grant che, intrigato dal personaggio di George Bailey e dalla morale del film, lo propose alla RKO. Lo studio ne acquistò i diritti nel 1945, coinvolgendo perfino Gary Cooper nel ruolo da protagonista al fianco di Grant. Il progetto, tuttavia, non andò mai davvero in porto. Nessuno tra Marc Connelly, Dalton Trumbo e Clifford Odets riuscì infatti a realizzarne una sceneggiatura solida e fruibile.

La Liberty Films di Frank Capra e l’insicurezza di James Stewart

La RKO cedette così i diritti alla neonata Liberty Films di Frank Capra – che peraltro chiuse i battenti nel 1951 dopo soltanto film prodotto: Lo stato dell’Unione (1948) con la coppia Hepburn-Tracy; Grant – nel frattempo – si unì al cast de La moglie del vescovo (1947), in coppia con David Niven. Il progetto prese finalmente il via tra effetti speciali pionieristici per gli anni quaranta; ondate di caldo fuori stagione e un un set di 75 edifici costruito quasi da zero per la fittizia Bedford Falls; ritenuto, per l’epoca, un capolavoro ingegneristico.

James Stewart in una scena de La vita è meravigliosa

La vita è meravigliosa apre così i battenti nel segno di James Stewart, fin dall’inizio ritenuto il più adatto per il complesso ruolo di Bailey. il cineasta italoamericano infatti, vedeva in lui il perfetto candidato per far trasparire al meglio il lato oscuro e i turbamenti del protagonista. Nonostante tutto però, Stewart era insicuro sulla buona riuscita della performance, tanto da chiedere di saltare la scena del celebre bacio; l’opera del ’46 di Capra rappresentò infatti – come per lo stesso cineasta del resto – il primo lavoro di ritorno dal fronte bellico. Larga parte del successo del film è attribuibile, in realtà, all’ottimo lavoro di Donna Reed come Mary; scelta come rimpiazzo di Jean Arthur – impegnata su un set teatrale – per divenire lungo la lavorazione la marcia in più del racconto filmico.

La vita è meravigliosa: la sinossi del film di Frank Capra

Vigilia di Natale 1945. George Bailey (James Stewart) è sul punto di suicidarsi. La sua piccola società è infatti sull’orlo del fallimento e pensa di compiere il tragico gesto per mettere fine alla sua vita. L’intera città prega per lui, e le preghiere giungono fino a Dio che decide di inviare l’angelo Clarence Oddbody (Henry Travers) in suo aiuto. Prima di farlo però, Dio racconta a Clarence la vita da uomo empio e generoso di George; facendogli comprendere così l’unicità del suo terrestre.

George infatti ha perso l’udito, da ragazzo, per salvare suo fratello da morte certa; ha rinunciato ai suoi sogni per portare avanti l’attività di famiglia dopo la morte del padre; e per un mero errore di sbadataggine rischia, adesso, il fallimento. Clarence interviene ma potrebbe essere vano; riuscirà a salvare l’anima e quindi la vita di George a poche ore dal Natale?

James Stewart e Donna Reed in una scena de La vita è meravigliosa

La quintessenza dell’eroe capriano: George Bailey

Bedford Falls innevata, e preghiere che chiedono la protezione del Signore per George Bailey. Nel buio dello spazio profondo, Dio e Giuseppe discutono tra loro sulla possibilità d’inviare un angelo in sua protezione; determinando, al contempo, la causale dell’intervento divino. Nel raccomandare infatti l’angelo Clarence di Travers della sua missione terrena, Capra disegna i contorni caratteriali del Bailey di Stewart; aprendo così il racconto fiabesco de La vita è meravigliosa in una digressione temporale che è background caratteriale e narrativo.

Espediente essenziale per il cineasta de L’eterna illusione (1937), con cui far emergere l’insita bontà del suo agente scenico principe; criticità caratteriale volto a renderlo il simulacro degli intenti benevoli del cinema capriano. Figlio onesto; lavoratore generoso; sognatore; buon padre di famiglia; elementi cuciti addosso al Bailey di Stewart che viene così caricato di una forte componente valoriale nel dispiego del suo arco di trasformazione – grazie anche alla chiara connotazione da “fiaba natalizia” dell’opera capriana.

James Stewart

In tal senso infatti, lo sviluppo del racconto si permea di un andamento spedito, netto, lineare, che Capra condisce di piccole “ingenuità” narrative gioiose; di balli con cui finire in acqua; amori sinceri sin da bambini; ed altri provocatori in mezzo alla strada. Tutte tipicità del cinema di Capra, di un cinema fatto di comunità intese come microcosmo della società americana avvolto però in un linguaggio filmico immediato fatto di sentimenti benevoli e drammaticità liriche.

Il cinema capriano gioca infatti di estremismi. Gli eroi sono buoni, idealisti e sognatori. I cattivi lo sono in modo marcato e netto, quasi super-villaneschi; le narrazioni limpidamente sincere. Nel caso de La vita è meravigliosa però, il tutto viene propagato da quella piccola ma rilevante sequenza d’apertura divina che conferisce al racconto del ’46, un’aura da fiaba natalizia con cui arricchire di senso – oltre che i sopracitati agenti scenici – di riflesso la narrazione stessa e il divario della sua classicissima dicotomia bene/male.

La vita è meravigliosa: la costruzione di una climax dickensiana

La sfida tra Bailey e il famigerato Potter del colossale Barrymore infatti, è come Davide contro Golia; la piccola attività che cerca di sopravvivere contro il miliardario malvagio “novello” Scrooge. Solo che, se pensate che La vita è meravigliosa sia una tipica fiaba da “C’era una volta, tanto tempo fa”, vi sbagliate di grosso.

Nel dispiego dell’intreccio infatti, Capra avvolge sogni e progetti di Bailey contro il destino amaro: privandolo della figura paterna; impedendogli di viaggiare intorno al mondo per portare avanti l’attività; rendendolo incapace di servire il suo paese in guerra finendo con il vivere la vita sognata con gli occhi del cugino Harry di Karns. In quella che è la disgregazione del Sogno Americano, Capra gioca di una crescita esponenziale delle difficoltà del suo agente scenico procedendo così, proporzionalmente, con la progressiva disillusione nel suo animo.

James Stewart e Donna Reed

Il cineasta premio Oscar de Accadde una notte (1934) costruisce così una climax scolastica e suggestiva. Terreno fertile per l’ingresso scenico da deus ex machina dell’angelo Clarence con cui arricchire la narrazione di una trovata dickensiana che prende a prestito le estetiche del cinema noir, certificandone, al contempo, gli intenti da Canto di Natale moderno.

Nel codificare un rewind con cui rileggere l’esistenza di Bailey e il suo stesso arco di trasformazione infatti, Capra dispiega tutta la forza del suo innovativo linguaggio filmico; valorizzando così il ruolo del suo brillante protagonista lungo tutte le dinamiche narrative. Intenti che, nel pieno della magia del Natale, il cineasta de È arrivata la felicità (1936) imbriglia in una corsa di pura gioia lungo Bedford Falls, che diventa redenzione dell’anima; ricostruzione dei valori del Sogno Americano; vittoria dei buoni sentimenti.

Il classico di Natale per eccellenza

Il semi-flop al botteghino; il dickensiano malvagio Harry Potter di Lionel Barrymore (dichiarata ispirazione di J.K. Rowling); le 5 nomination agli Oscar 1947 tra cui Miglior film, Miglior regia e Miglior attore protagonista; le 1500 lettere d’elogio mandate dai detenuti del carcere di San Quintino a Capra; nonché l’ordine di un giudice della Florida – nel 1987 – di vedere il film come parte della condanna di un imputato per aver ucciso la moglie e aver tentato il suicidio, così che potesse comprendere il valore della vita. I meriti “oltre lo schermo” de La vita è meravigliosa sono degni della sua forza narrativa.

Nonostante, infatti, nel 1947, l’FBI ritenesse La vita è meravigliosa un film sovversivo, accusando Capra di discreditare i valori del capitalismo e dell’essere americani, il gioiello filmico del ’46 agisce esattamente in direzione opposta. Nasce infatti come spinta propulsiva del Secondo Dopoguerra. Un’opera taumaturgica e catartica per cineasta e interprete de Mr Smith va a Washington (1939); un provare ad infondere fiducia nelle buone intenzioni degli uomini e della società, avvolto in una fiaba natalizia sul destino amaro e la caducità della vita. Un capolavoro magico e inarrivabile.