Penny Dreadful: City of Angels, il nuovo capitolo della saga di Sam Mendes e John Logan, con Natalie Dormer, Lorenza Izzo e Nathan Lane

Nel folklore britannico, il termine Penny dreadful potrebbe essere tradotto come “spaventi da un penny“; indicava infatti, la rilettura di dime novel statunitensi, racconti economici realizzati con l’obiettivo di rendere il romanzo gotico in forma popolare. Oggi la mente vola subito all’omonima serie fantasy-horror ideata da John Logan e prodotta da Sam Mendes con protagonisti Eva Green, Josh Hartnett, Timothy Dalton e Billie Piper.

Tre stagioni; ventisette episodi; un concept che trae ispirazione da La Lega degli Straordinari Gentlemen (1999) di Alan Moore. Tra Dorian Gray, Dottor Jekyll, Sir Malcolm Murray e Victor Frankenstein infatti, Penny Dreadful (2014-2016) cancella dalla memoria collettiva il “cugino artistico” La leggenda degli uomini straordinari (2003) – flop per antonomasia degli anni Duemila hollywoodiani che pose fine alla carriera artistica di Sean Connery; spiccando così il volo per consegnarsi alla storia della serialità televisiva.

Nathan Lane e Daniel Zovatto in una scena de Penny Dreadful: City of Angels

Per certi versi quindi, quando SHOWTIME annunciò due anni fa la realizzazione di un sequel/spin-off dal titolo Penny Dreadful: City of Angels (2020), ci si aspettava tantissimo. Specie considerando il ritorno di John Logan come showrunner; Sam Mendes come produttore esecutivo; e una porta girevole di non poco conto nel ruolo di protagonista principale tra Eva Green e Natalie Dormer.

Purtroppo però, il drastico cambio di pelle della creatura narrativa di Logan ha sortito un non indifferente contraccolpo in termini di ascolti. Un cambio di registro radicale che ha finito con il far cambiare piani a SHOWTIME riguardo a City of Angels, che ne ha decretato la cancellazione nell’Agosto 2020; passando così da “nuova” opera seriale, a “semplice” miniserie.

Nel cast della (mini)serie in onda su Sky Atlantic dal 5 dicembre 2020 figurano Natalie Dormer, Lorenza Izzo, Kerry Bishé, Daniel Zovatto, Nathan Lane, Rory Kinnear, Adriana Barraza, Johnathan Nieves e Michael Gladis; Dominic Sherwood, Thomas Kretschmann, Piper Perabo, Brent Spiner, Brian Dennehy e Richard Kind.

Penny Dreadful: City of Angels: la sinossi della serie di John Logan

Los Angeles, 1938. Tensioni sociali, politiche e religiose fanno da sfondo a un brutale e surreale omicidio. Il LAPD affida il caso alla coppia di detective Tiago Vega (Daniel Zovatto) – primo detective latino-americano dell’intera forza di polizia losangelina – e al veterano Lewis Michener (Nathan Lane). Si troveranno così coinvolti in una fitta rete di eventi che avvolge la città di Los Angeles: dalle tensioni legate alla costruzione delle prime superstrade della città; alle pericolose azioni di spionaggio del Terzo Reich; fino all’ascesa della propaganda evangelica radiofonica di Sister Molly (Kerry Bishé).

C’è molto di più, tuttavia, dietro all’escalation di violenza che spezza in due la città californiana. Una profezia e un evento delittuoso segnano la vita del Detective Vega; effetto collaterale di conflitto ancestrale demonico tra le entità Magda (Natalie Dormer) e Santa Muerte (Lorenza Izzo). È l’inizio della fine per la città di Los Angeles.

Natalie Dormer e Lorenza Izzo in una scena de Penny Dreadful: City of Angels

Body-horror, neo-noir e crime corposo, ma manca qualcosa

Come dicevamo in apertura, il cambio di pelle è repentino, e drastico. Lo spin-off dell’opera seriale di Mendes e Logan passa infatti da una caccia sovrannaturale postmoderna e meta-letteraria, a un racconto radicalmente diverso. Penny Dreadful: City of Angels è infatti è un neo-noir sporco e intenso, ma anche un horror sovrannaturale; oltre che un racconto di evidente stampo sociale tra denuncia razziale e forze trasformatrici.

Tante forze narrative tra neo-nazisti; corruzione nelle Forze dell’Ordine; e violento razzismo, accavallate da Logan in un intreccio solido si, ma dallo sviluppo disarmonico. Figlio infatti delle impennate “da turning point della Magda di una Dormer autentica mattatrice multiforma, ma dalla caratterizzazione sterile e dal conflitto con la Santa Muerte della Izzo reso in forma superficiale per quanto colorito.

Lorenza Izzo in una scena de Penny Dreadful: City of Angels

Natalie Dormer in una scena de Penny Dreadful: City of Angels

Ed è un peccato, perché Penny Dreadful: City of Angels è (o sarebbe meglio dire “era”) un cocktail narrativo potenzialmente esplosivo di punti di vista innovativi e “opposti” e tradizione esoterica messicana. Un’audacissima rilettura di topos di più generi cinematografici che passa dalle corpose atmosfere noir del cinema di Hawks e Tourneur; al body-horror di Cronenberg e infine alla dinamica relazionale Michener-Vega da crime compassato in un dislivello anagrafico “giovane/vecchio” poliziotto, che fa il verso a opere come Seven (1995) di David Fincher, invertendone però la polarità relazionale.

Elementi che denotano l’enorme dimestichezza “del mestiere” del veterano Logan. L’autore di opere come Ogni maledetta domenica (1999); Il gladiatore (2001); Hugo Cabret (2011) si muove infatti con serenità nei meandri della sua creatura giocando così con i generi e le sfumature per cucirli addosso a una struttura tipicamente classica. Di riflesso però, Penny Dreadful: City of Angels subisce il fascino della sua bellezza teorica; rimanendo così impigliato in una narrazione sterile negli effetti, che finisce con l’essere puro divertissement ben lontano dalla freschezza del suo predecessore.

Il Gatto di Schrodinger applicato a Penny Dreadful

Il vero problema sta nel titolo, in quel Penny Dreadful: City of Angels che scatena le fantasie dei fan più accaniti. Nei “figli di Vanessa Ives“, rapiti dallo charme ed estasiati dal talento della Green, che dinanzi allo spin-off vedono le proprie aspettative cedere pezzo dopo pezzo; episodio dopo episodio. City of Angels di sicuro non è la serie dell’anno, risultando – invero – lacunosa e fragile.

Ma nella cancellazione annunciata da SHOWTIME la scorsa estate, c’è il fallimento del suo autore e del pubblico. L’incapacità d’accettare, da parte dei fan, che Penny Dreadful potesse presentarsi sotto una veste nuova e rivoluzionaria; e in John Logan, che nonostante abbia confezionato un nuovo abito potenzialmente straordinario per la sua creatura, non sia riuscito a prendervi le adeguate misure, risultando, a conti fatti, goffo e sgraziato. Resta quindi il rimpianto di un’opera a cui, nell’ambito di una lettura critica, si potrebbe applicarvi il Paradosso del gatto di Schrodinger. Proprio come il celebre gatto all’interno della scatola – al contempo vivo e morto – infatti, City of Angels è e non è Penny Dreadful allo stesso tempo; nascendo così come ambizioso spin-off multi-stagione per perire, dopo sole dieci puntate, come sterile miniserie del tutto stand alone.