1917

“If you fail, it will be a massacre.”
Il generale britannico Erinmore (Colin Firth) non usa giri di parole e non minimizza affatto l’importanza della missione affidata ai caporali Schofield (George MacKay) e Blake (Dean-Charles Chapman). I due, in una corsa contro il tempo nella fase più estenuante della Prima Guerra Mondiale, quella della cosiddetta guerra di posizione o di trincea, devono consegnare al colonnello Mackenzie (Benedict Cumberbatch) un messaggio dal quale dipendono centinaia di vite nel nord della Francia.
Fresco trionfatore ai Golden Globe, dove è stato premiato sia come miglior film drammatico sia per la miglior regia, 1917 di Sam Mendes arriva in Italia non senza aspettative e grande curiosità, anche in ottica del ruolo da protagonista che potrebbe ricoprire nella prossima cerimonia degli Oscar (in programma il 9 febbraio).
1917 è senza dubbio il progetto tecnico più ambizioso e complesso della stagione cinematografica, e forse dell’intera carriera di Mendes. Il regista inglese gira interamente come se si trattasse di un unico shot (cosa che, a scanso di dubbi, evidentemente non è) con il chiaro intento di avvicinare il più possibile lo spettatore alla vicenda dei due protagonisti, affiancandoli in ogni corsa, combattimento o momento di riposo. Il dispiego di mezzi e maestranze è notevole: girato con una ALEXA Mini LF, ultimo grido in fatto di formati large immersivi, e le attrezzature più disparate (DragonFly, Wirecam, Steadicam e così via), il film è un sublime equilibrio tra la complessità delle riprese, spesso a 360 gradi, e la fluidità nei passaggi da una sequenza all’altra. Mendes viene affiancato inoltre da alcuni tra i più grandi artisti del cinema mainstream contemporaneo, da Roger Deakins per la fotografia, Dennis Gassner per la scenografia e Thomas Newman come compositore della colonna sonora. Il risultato è, per quanto concerne l’aspetto tecnico, una serie di momenti di altissimo cinema (la sequenza nella cittadina di Écoust è memorabile) e di ottimo intrattenimento.

È altresì inevitabile che un progetto del genere comporti qualche piccola perplessità. La scelta di coinvolgere lo spettatore in maniera così totalizzante all’interno di un war movie (il genere è un aspetto da non sottovalutare) e l’artificiosità quasi matematica della resa visiva generale, oltre a palesare un autocompiacimento che non si riesce a giustificare fino in fondo, restituiscono la sensazione di essere catapultati all’interno di un enorme videogioco in cui chi osserva non ha il controllo del joystick. A causa della narrazione altalenante, che intervalla a ritmo regolare i momenti di foga a quelli di tregua, a tratti sembra di trovarsi nelle introduzioni didascaliche dei videogame di guerra prima dell’inizio di una missione. Lo spettatore è seduto su un vagone delle montagne russe per un’esperienza intensa, anche se più di una volta viene la tentazione di scendere.
Probabilmente 1917 non è il capolavoro che tanti speravano fosse, ma, in attesa di vedere se Mendes replicherà agli Oscar la doppietta film-regia esattamente vent’anni dopo American Beauty, sarebbe davvero un peccato perdersi uno dei film di guerra più innovativi e imponenti degli ultimi anni.