The Undoing – Le verità non dette, il family drama a tinte thriller ideato da David E.Kelley, con Nicole Kidman e Hugh Grant 

Al binomio HBO-David E.Kelley (Ally McBeal, Boston Legal, The Practice – Professione avvocati, Mr.Mercedes) la mente vola subito a Big Little Lies (2017-2019). Piccolo gioiello (mini)seriale divenuto poi seriale che sullo sfondo di un cast sublime di attori del calibro di Reese Whiterspoon, Nicole Kidman, Shailene Woodley, Zoe Kravitz, Laura Dern, Adam Scott, Alexander Skarsgard, Meryl Streep, ha raccontato della upper-middle class statunitense e della sua crisi di valori attraverso una narrazione ora macabra ora intima e familiare. Per certi versi, complice anche il volto della Kidman, con The Undoing – Le verità non dette (2020) si parte proprio da qui.

Hugh Grant

Una chiave di volta per la lettura critica di The Undoing, ci viene data dall’adattamento italiano del titolo dell’opera originaria. La miniserie ideata da Kelley e diretta da Susanne Bier (In un mondo migliore, Una folle passione), è tratta infatti dal romanzo You Should Have Known (2014) di Jean Hanff Korelitz; adattato in italiano come Una famiglia felice, edito da PIEMME. Quella raccontataci da Kelley e Bier è in effetti una famiglia felice, il più tipizzato nucleo familiare borghese americano. Toccherà poi alla narrazione e il suo mutevole incedere disgregarne l’unità e i valori di cui si fa portatore.

Nel cast della miniserie in sei puntate, in onda su Sky Atlantic a partire dal 8 gennaio 2021 figurano Hugh Grant, Nicole Kidman, Donald Sutherland; e ancora Edgar Ramirez, Matilda De Angelis, Jenna Moloney, Lily Rabe, Rosemary Harris e Noah Jupe.

The Undoing: la sinossi della miniserie di Susanne Bier

Grace Fraser (Nicole Kidman) conduce una vita praticamente perfetta a Manhattan. Psicoterapeuta affermata, abita in una bella casa e ha una splendida famiglia composta dal marito Jonathan (Hugh Grant), acclamato e stimato oncologo pediatrico, e Henry (Noah Jupe), il figlio dodicenne che frequenta una scuola privata d’élite nell’Upper East Side. Ma all’improvviso un abisso si apre nella vita della donna: una morte violenta; un marito che scompare nel nulla.

Messa di fronte a una catena di terribili rivelazioni, Grace capisce che potrebbe non conoscere affatto il marito. Ora deve smantellare una vita e crearne un’altra per se stessa e suo figlio.

Donald Sutherland, Nicole Kidman

Kidman, Grant, De Angelis: personaggi tangibili e funzionali

A fronte di una narrazione che pone al centro del conflitto la crisi di valori dell’upper-middle class americana, The Undoing è un’opera che è al contempo drama familiare e thriller psicologico teso con risvolti horror. Qualcosa che più che una miniserie è un film multi-tonale in 6 ore. Un racconto solido cucito addosso alla figura elegante e magnetica di una Kidman misurata e in sottrazione, in totale stato di grazia; e di un Grant esplosivo che dopo una carriera intera passata ad interpretare personaggi ambigui, Kelley gliene cuce addosso uno che ne rappresenta forse la quintessenza.

La forza in più del comparto attoriale sta tuttavia nella De Angelis. A differenza del Salvatore Esposito di Fargo 4 (2020), al limite del macchiettistico, l’interprete de Youtopia (2018), al battesimo di fuoco con le produzioni che contano – e nonostante l’esiguo minutaggio – dà anima e corpo alla sua enigmatica e seducente Elena; aleggiando con la sua presenza ectoplasmatica lungo tutte le sei parti della narrazione episodica.

Matilda De Angelis

Certo parliamo di un’opera in pieno stile HBO. Curata nei dettagli, nello sviluppo, perfino nelle caratterizzazioni che sono in tal senso nette, compiute e compenetranti. La base narrativa del racconto, ad esempio, gioca sul contrasto intimo tra l’analiticità dell’agente scenico della Kidman, e l’incapacità di saper leggere gli eventi intorno a lei; o nell’altro virulento contrasto cucito addosso all’agente scenico di Grant: “medico dei bambini”, incapace però d’empatia sino a rasentare la sociopatia. L’agente scenico della De Angelis infine, ricalca nella caratterizzazione il personaggio della Woodley in Big Little Lies; simulacro di sentimenti e valori antitetici alla comunità di riferimento e per questo elemento di rottura dei delicati equilibri.

Tra Eyes Wide Shut e Misery: la formidabile carica derivativa

Eppure, non è nessuno dei tre l’insita particolarità alla base di The Undoing. Di per sé il racconto diretto dalla Bier è tutt’altro che originale. Un’unità familiare dissolta a seguito di un evento traumatico; una donna “sola” che affronta le conseguenze in cerca di redenzione e giustizia; un racconto di stampo drammatico che vive però di momenti trial-legal dal respiro corto, realistico e crudo.

L’innovazione offerta da The Undoing sta proprio nella non-originalità del suo racconto; declinata, in tal senso, di una spiccata derivazione che trasuda cinema in ogni suo elemento. Nelle svolte narrative, nello sviluppo, la narrazione di The Undoing è dotata di una formidabile carica derivativa che vive di omaggi intenzionali e d’inerzia. A partire dall’apertura di racconto, in una regia veloce e costruzione d’immagine che rievoca l’incipit de Eyes Wide Shut (1999), e nella climax che, cucita addosso a una fuga disperata in autostrada, ha un ché claustrofobico alla Misery non deve morire (1990).

Nicole Kidman in una scena de The Undoing

Nel mezzo c’è l’incredibile capacità di cambiare il focus del racconto. The Undoing parte infatti come perfetto quadro dell’unità familiare da upper-middle class, disgregandone poi i valori con l’ingresso scenico della Elena della De Angelis. Avvolto in un bacio saffico, la narrazione della Bier prende così vita in uno sviluppo che rievoca, e non poco per dinamiche, tono e “respiro” il delicato Carol (2015).

Intenti che vengono però repentinamente disgregati, attraverso un evento traumatico che dà il via alla connotazione trial legal: il cuore narrativo de The Undoing. Ecco, è in questo switch che si gioca la partita. Il racconto cambia così sapore, umore, si veste di un nuovo vestito. Avvolgendosi attorno all’agente scenico della Kidman che vede così arrestato il potenziale ingresso nel mondo straordinario della “scoperta di sé” verso un nuovo viaggio fatto di paura e incertezza. Qualcosa che nel suo gioco d’intenzioni, ricorda un po’ gli intenti di Sir Alfred Hitchcock e del suo Psyco (1960). Narrazione formidabile che partì come intelligente e atipico heist thriller per poi evolvere, con una coltellata sotto la doccia, in horror psicologico di stampo edipico.

The Undoing: l’ennesimo successo di HBO

Tanta derivazione ma sfruttata in modo intelligente e narrativamente funzionale; un racconto dal respiro teso e denso che vede però smorzare la tensione proprio in una climax “telefonata” ma efficace; la sempreverde Kidman che rilegge la kubrickiana Alice Harford in chiave contemporanea; Grant, forse, nel ruolo che aspettava da una vita; e una De Angelis che forse farebbe bene ad affittare un appartamento in quel di Los Angeles perché qui siamo dalle parti del “trampolino di lancio”. C’è tanto cinema in The Undoing, al punto che il piccolo schermo sta stretto a un racconto che seppur convenzionale nella sua forma, non lo è nello sviluppo, risultando invece intelligentemente ispirato.

Non ce n’è bisogno, perché in fondo parliamo della casa di produzione di opere seriali come I Soprano (1999-2007), Six Feet Under (2001-2005) The Wire (2002-2009), Il trono di spade (2011-2018), Westworld (2014- in onda) e Succession (2018- in onda) ma ad ogni opera realizzata, HBO conferma la sua intrinseca valenza nel panorama seriale – di cui è l’assoluta regina – rispondendo sempre alle esigenze del pubblico con il dogma “grandi storie, grandi interpreti” e in questo la creatura miniseriale di Kelley non fa eccezione.