Barry, la dark comedy HBO sulla solitudine del killer di Alec Berg, con Bill Hader, Henry Winkler, Stephen Root, Sarah Goldberg

Immaginate Travis Bickle di Taxi Driver (1976) o Will Munny de Gli spietati (1992) che incontrano i personaggi di Sognando Broadway (1996). Fu questa, in soldoni, la frase d’apertura usata da Bill Hader nel presentare le atmosfere scenico-narrative di Barry (2018 – in onda) ad HBO nel lontano 2016. All’indomani de Uniti per sempre (2014) gli executives rimasero piacevolmente colpiti dalle sfumature comico-drammatiche della performance di Hader dandogli il development-deal dopo il convincente e avveniristico pitch.

Ideata da Hader e da Alec Berg (Seinfeld, Curb Your Enthusiasm, Silicon Valley); vincitrice di 3 Emmy Awards e nominata a 6 Golden Globes tra il 2018 e il 2019; quella di Barry è un’autentica sfida artistica, ora in termini narrativi ora recitativi. Nulla, tuttavia, che un talento istrionico come quello di Hader non possa affrontare a viso aperto. Dopo i primi passi mossi come assistente di produzione sui set di Danni collaterali e Spider-Man (2002), si impone come doppiatore e imitatore al Saturday Night Live.

Bill Hader ed Henry Winkler in una scena di Barry

La mimica mutevole e la sua abilità vocale da trasformista infatti lo fanno emergere come uno dei talenti comici più interessanti della sua decade. Per intenderci, le sue imitazioni al SNL sono entrate così tanto nell’immaginario collettivo da esser state campionate come base di dati del software Deepfake. Inoltre, accanto a una carriera di tutto rispetto come interprete comico e drammatico (tra cui spicca il Richie Tozier adulto di IT: Capitolo 2) Hader ha saputo esaltarsi anche come eccellente sceneggiatore entrando a far parte del progetto creativo di South Park (1997 – in onda) e firmando soggetto e sceneggiatura proprio di Barry.

Nel cast della serie in onda su Sky Atlantic dal 12 aprile 2021 figurano Bill Hader, Henry Winkler, Stephen Root, Sarah Goldberg, Glenn Fleshler, Anthony Carrigan, D’Arcy Carden; Darrell Britt-Gibson, Andy Carey, Kirby Howell-Baptiste, John Pirruccello e Paula Newsome.

Barry: la sinossi della serie ideata da Bill Hader e Alec Berg

Barry (Bill Hader), un ex marine che vive nel Midwest e lavora come sicario a basso costo per Fuches (Stephen Root). Solitario, depresso e insoddisfatto della sua vita, si reca con riluttanza a Los Angeles per uccidere un aspirante attore diventato amante della moglie del mafioso ceceno Goran Pazar (Glenn Fleshler); quest’ultimo sempre accompagnato dal suo sgherro: l’insolitamente ambiguo Noho Hank (Anthony Carrigan).

Nel seguire il suo obiettivo, Barry finisce nel corso di recitazione di Gene Cousineau (Henry Winkler) e con l’essere accolto nella comunità di un gruppo di entusiasti e speranzosi attori all’interno della scena teatrale di Los Angeles. Tra questi ci sono Sasha (Kirby Howell-Baptiste); Natalie (D’Arcy Carden); ma soprattutto Sally (Sarah Goldberg) che guiderà Barry nella sua nuova vita come attore. Con il desiderio di rompere con un passato criminale impossibile da scollarsi di dosso, Barry deve fare i conti con le conseguenze delle sue azioni; nello specifico i Detective Loach e Moss (John Pirruccello e Paula Newsome) messisi sulle sue tracce. Spinto sull’orlo del precipizio, per Barry diventerà vitale trovare una soluzione che mantenga inalterato l’equilibrio, a ogni costo.

Bill Hader in una scena di Barry

La consacrazione di Bill Hader: una dark comedy così non l’avete mai vista

Per un brillante comico che ha esordito al cinema con una particina in Tu, io e Dupree (2006) per poi spiccare in pellicole come Strafumati (2008); Un disastro di ragazza (2015); nonché Noelle (2019), e la cui carriera da doppiatore vede partecipazioni eccellenti tra Lei (2013); Inside Out (2015); Il GGG – Il grande gigante gentile (2016); Toy Story 4 (2019), Barry ha rappresentato un considerevole innalzamento della posta in gioco della propria carriera. Un turning point palpitante e decisivo volto a lanciarlo definitivamente nel firmamento dei grandi. Lo stesso Hader d’altronde, pur conscio del suo talento, era ben consapevole dell’atipica criticità della sua creatura narrativa e della sfida prepostagli.

A prescindere dai temi trattati, in una dark comedy è facile che l’umorismo prenda il sopravvento. Che la violenza, come nel caso del cinema di Guy Ritchie, venga attenuata, glorificata, romanticizzata così da renderla più conforme al genere e accessibile, di riflesso, allo spettatore. Ecco, Barry prende parte a questo processo invertendone l’inerzia. Laddove uno Snatch (2000) avrebbe alleggerito il tono del racconto buttandola sulla slapstick, la creatura narrativa di Hader e Berg – al contrario – ne rimarca il peso dell’azione spingendo al massimo l’acceleratore in un tripudio di sangue e violenza realistica e lampante.

Bill Hader in una scena di Barry

L’elemento comico però, di alleggerimento, sta negli elementi di contorno e raccordo. Nelle esilaranti caratterizzazioni compiute dei personaggi tra killer depressi ma talentuosi, altri tirchi ma audaci e boss mafiosi paranoici e impacciati; nonché negli scambi dialogici netti e incisivi, limpidi. Ma soprattutto nelle svolte narrative che danno forma e sostanza all’intreccio dispiegatosi. Elementi di cui Barry si serve sagacemente appropriandosi del tono e sapore delle commedie brillanti e del nonsense più estremo, per poi adagiarle sullo sfondo di un racconto che di comico, in realtà, ha ben poco.

Barry: un’innovazione eccezionale non solo in termini strutturali

Gli intenti post-post-moderni di rilettura del genere di cui Hader e Berg si fanno portatori non sono soltanto strutturali. La declinazione di quest’insolita (ed eccezionale) amalgama narrativa tra dark comedy e crime trova un (super-)arricchimento di senso nel comparto tematico-narrativo che dà vita alla narrazione. Barry, forte dell’atipicità del suo concept che come un pendolo oscilla tra l’umano e il disumano, riesce a trattare dell’inflazionata solitudine esistenziale del killer e del peso della responsabilità delle sue azioni unendola a doppio filo con il potere taumaturgico dell’arte.

Un’unione d’intenti artistici di difficile calibratura che trova, infine, nello scenico Macbeth shakespeariano, la più pura espressione – ed esplicitazione – della catarsi. Un cauterizzare il dolore di ferite inferte da una vita che si cerca di rifuggire in tutti i modi attraverso le parole (e le azioni) del Bardo. Complice il suo background artistico Hader era relativamente scettico sul suo Barry. Non tanto sulla bontà del concept e sulla lunga gittata del progetto, quanto sulla ricezione. Avrebbe il pubblico accettato un attore dichiaratamente comico in un dark comedy violenta, cupa e sanguinolenta?

Bill Hader

Una domanda che tutti i più grandi comici che hanno tentato il salto del genere si sono posti. Jerry Lewis, ad esempio, con The Day the Clown Cried (1972) lo fallì miseramente. Jim Carrey tra The Truman Show (1998) e Man on The Moon (1999) lo rese immortale pur correndo un (doppio) rischio incredibile. Steve Carell lo seppe dosare tra Foxcatcher – Una storia americana (2014), La grande scommessa (2015) e Last Flag Flying (2017).

A giudicare dal successo ottenuto e dalle due stagioni in crescendo (e dalle due attualmente in lavorazione), la risposta è soltanto una: assolutamente si. Dopo tanta gavetta mutevole e istrionica, Hader ha visto premiati i suoi sforzi artistici attraverso un Barry tanto incredibilmente atipico quanto delicato nella sua suggestiva criticità. Un piccolo gioiello instant-cult destinato ad entrare nell’immaginario collettivo per restarci tra violenza, sangue e citazioni variegate di cultura popolare.