Il ritorno di Robert Langdon, Dan Brown – Il simbolo perduto, di Jay Beattie e Dan Dworkin, con Ashley Zukerman ed Eddie Izzard

Dalla carta allo schermo. Un viaggio che le opere di Dan Brown hanno percorso spesso. Dopo i successi sul grande schermo de Il Codice da Vinci (2006), Angeli e Demoni (2009), ed Inferno (2016), è ora il turno della serie CBS, Dan Brown – Il simbolo perduto (2021). In onda dall’8 novembre su Sky Serie (e in streaming su NOWTv), il protagonista è sempre lui: Robert Langdon.

L’iconico professore di simbologia religiosa dell’Università di Harvard già portato in scena da Tom Hanks negli adattamenti cinematografici precedenti a firma Ron Howard (che de Il simbolo perduto è produttore esecutivo), qui alle prese con la prima agghiacciante avventura della sua promettente carriera. Servirà tutto il suo talento e il suo sangue freddo nella ricerca dello sfuggente Simbolo Perduto.

La locandina de Dan Brown - Il simbolo perduto

Composta da dieci episodi, in Dan Brown – Il simbolo perduto sarà Ashley Zukerman (Succession, A Teacher, Fear Street) a prestare volto e presenza scenica a Langdon. Il professore si troverà improvvisamente a dover affrontare enigmi mortali che solo lui può risolvere per salvare Peter Solomon (Eddie Izzard); il suo mentore misteriosamente scomparso. La CIA, infatti, è sicura che questo rapimento nasconda una cospirazione molto più grande. Aiutato da Katherine Solomon (Valorie Curry) – la figlia del suo mentore – toccherà a Langdon ricomporre i pezzi di un puzzle complesso e pericoloso composto da fatti e enigmi irrisolvibili senza la sua conoscenza della Storia, dei simboli, e delle lingue morte.

Completano il cast Sumalee Montano, Rick Gonzalez e Beau Knapp.

Robert Langdon tra grande e piccolo schermo: fenomenologia di una saga in declino

Certo, senz’altro florido il percorso cinematografico degli adattamenti di Dan Brown. D’altra parte gli ingredienti per il successo c’erano tutti: un regista rodato come Ron Howard; uno che non sbaglia mai nella scelta delle storie da raccontare; un interprete campione di incassi come Tom Hanks; nonché un intreccio solidissimo e stratificato sullo sfondo. Non è un caso però se con Dan Brown – Il simbolo perduto si sia passati dal grande al piccolo schermo. E no, non è questo il caso di Cinema prestato alla Televisione.

Più semplicemente l’appeal del Robert Langdon di Hanks è andato a calare lungo lo sviluppo decennale della trilogia. Cifre alla mano, infatti, è di una flessione che stiamo parlando: Il codice da Vinci incassò 750 milioni di dollari al box-office globale; Angeli e demoni poco più della metà del capitolo iniziale, 485; Inferno, in conclusione, molto meno della metà, 220.

Tom Hanks

Da qui la scelta di cambiare medium di riferimento, ma sempre nel solco della tradizione. C’è infatti un elemento in comune tra gli adattamenti tra grande e piccolo schermo: l’infedeltà al testo originale. Angeli e demoni, ad esempio, fu rielaborato come sequel-cinematografico de Il codice da Vinci quando nella timeline letteraria di Brown l’inerzia è opposta.

Non deve stupire più di tanto quindi se con Dan Brown – Il simbolo perduto i conti non tornino. Tratto dall’omonimo romanzo concepito nel 2009 da Brown come sequel letterario de Il codice da Vinci, nel 2012 si pensò a una trasposizione come sequel seriale dell’Angeli e demoni cinematografico. Il progetto, nonostante il poco entusiasmo intorno, avrebbe visto ancora Hanks come interprete che dal canto suo si mostrò disponibile e pronto alla sfida sul piccolo schermo.

Il simbolo perduto: un prequel, un sequel, o forse soltanto un reboot (non necessario)

L’uscita di Inferno – che de Il simbolo perduto è invece il dichiarato sequel letterario – ha mandato all’aria i timidi progetti seriali per tornare sui propri passi e riportare la saga nel medium audiovisivo di riferimento: il cinema. Il tiepido successo del terzo capitolo però ha rimescolato ancora una volta le carte in tavola riprendendo in esame le idee seriali precedentemente scartate. 

Dan Brown – Il simbolo perduto ottiene così il foglio di via da parte di CBS come prequel televisivo de Il codice da Vinci. Forse produttivamente la soluzione più logica ed economicamente meno rischiosa. Sul piano narrativo però è il caos. Se rapportato alla continuity letteraria e cinematografica infatti Dan Brown – Il simbolo perduto è un indecifrabile ibrido sequel/prequel vestito da (soft) reboot aggravato da una strutturale indecisione di fondo.

Ashley Zukerman in una scena de Dan Brown - Il simbolo perduto

Presentatoci come origin story di un giovane Langdon portato in scena da un efficace Zukerman che conferma quanto di buono fatto vedere in Succession (2018 – in onda), Dan Brown – Il simbolo perduto tiene botta ai capitoli precedenti tra ritmo netto nel proseguo dell’indagine e intreccio scenico – come sempre con Brown – solidissimo e accattivante. Solo che, proprio per la sua indecifrabile natura narrativa ibrida, è vittima di un cortocircuito tale per cui sceglie di raccontare della contemporaneità del nostro tempo (con tanto di critica sociale sull’epoca del clic facile), accantonando del tutto la sua ratio telefilmica di prequel/origin per abbracciare quella meno convincente di reboot.

Un particolare non di poco conto che finisce tuttavia con il dissipare la tensione drammaturgica sapientemente costruita azzerando del tutto la sospensione dell’incredulità nello spettatore. Per godere appieno de Dan Brown – Il simbolo perduto tocca semplicemente cancellare il passato. Escludere la trilogia firmata Howard/Hanks e lasciarsi guidare in un convincente ma fine a sé stesso viaggio seriale fatto di società segrete e simbolismo escatologico.