Abbiamo intervistato l’attore italiano Stefano Cassetti, grande protagonista in “Roberto Succo” di Cédric Kahn, e ora nel cast della nuovissima serie tv Netflix di genere sci-fi Into the Night. Ecco cosa ci ha raccontato!

Buongiorno Stefano! Come, quando e con quali film nasce la tua passione per la Settima Arte?
Nasce prima nella videoart di Bill Viola e StudioAzzurro, prosegue con THE BARBER, ma anche con i film di Kiarostami e Makhmalbaf. Anche il cinema scandinavo mi affascina.
Il tuo esordio nel cinema è clamoroso: sei il protagonista di “Roberto Succo” di Cédric Kahn, film che già da anni è diventato un cult. Interpreti in modo magistrale un serial killer veneto un po’ anomalo, diverso dal prototipo degli assassini seriali americani ben più noti. Che genere di esperienza è stata? Quanto è stato difficile per te interpretare un ruolo così ostico?
È stato come diventare astronauta da un giorno all’altro ed essere sparato in orbita senza nemmeno leggere una pagina del manuale delle istruzioni per l’uso. È stato unico, un vero privilegio di cui mi sono reso conto anni dopo. È comprensibile che sia una domanda che mi sento fare in quasi tutte le interviste da ormai quasi 20 anni. Ma noto con piacere che cambiano le mie risposte e questo è molto bello. “Roberto Succo” è un vero film francese che di nascosto, 2001, faceva l’occhiolino ai film americani. Anche lui è un killer ma non si rende conto davvero, lo fa nella incoscienza più totale, senza pianificare nulla, vive nell’improvvisazione del momento. Quindi se vogliamo, anche per me è stato molto difficile impersonarlo ma non me ne sono accorto. Unico neo il mio doppiaggio, che non è molto riuscito a mio avviso. Il responsabile? Sono io. Ho imparato subito che il doppiaggio è un altro mestiere ed è meglio farlo fare a chi sa farlo bene.
stefano cassetti
(Ph. by Mattia Stievano)
Due anni dopo sei nel cast di un altro lungometraggio francese di grande successo, “Adrenalina blu – La leggenda di Michelle Vaillant” di Louis-Pascal Couvelaire. Che ruolo avevi in quel film?
È stato un ruolo-spalla nel mio primo e vero film d’azione con grande budget girato all’americana da produzione e troupe francesi in territorio americano. Mi ha permesso di conoscere tra gli altri Diane Kruger e per la prima volta di lavorare in un contesto multilingua. Io venivo da un cinema d’essai, un cinema impegnato (francese o italiano che fosse). E invece lì, paesaggi mozzafiato, rally su laghi ghiacciati, scene alla 007: è stato il mio primo approccio ad un cinema “entertainment” che non avevo mai conosciuto, nemmeno dal divano di casa.
Altro importante “tassello cinematografico” è quello di “Nemmeno il destino” di Daniele Gaglianone…
Appunto, cinema impegnato italiano. È un film che mi è rimasto dentro forse perché Daniele è diventato anche un amico che stimo moltissimo per il suo modo di lavorare e per tutto il suo lavoro sulla Resistenza che pochi conoscono. Forse “Nemmeno il destino” è stato il primo film che mi è davvero piaciuto come spettatore del pubblico, forse perché iperrealista o forse perché avevo imparato a digerire la mia immagine sullo schermo. E comunque ci portammo a casa il Festival di Rotterdam nel 2004. Ennesimo film italiano che ha trovato un’accoglienza davvero calorosa, soprattutto all’estero.
Il tuo esordio nelle serie tv, correggimi se sbaglio, avviene con “La commune”, targata Francia, nella quale interpreti Milan Bajic…
Si, “La Commune” è la mia prima esperienza nel formato serie, un progetto ad alto budget e con grandi nomi nel cast, da cui tra l’altro é partita la rivelazione Tahar Rahim. In anticipo di anni sulla protesta delle banlieu parigine, cosa che poi è avvenuta realmente. Altro esempio di fiction che prevede e annuncia la realtà.
In “L’incredibile viaggio del fachiro” interpreti, se non sbaglio, un personaggio “positivo”. Nella tua carriera hai interpretato soprattutto personaggi “cattivi”, per così dire…
Si hai ragione, è forse l’unico personaggio, non direi positivo, ma ironico suo malgrado. È stata una bella liberazione per me, per la prima volta sul set con l’animo leggero e la voglia di fare ridere, cosa rivoluzionaria per i miei standard. E per di più girato tutto in Inglese con una produzione indiana di Bollywood: ci siamo divertiti molto. Altro personaggio davvero positivo è forse in “Un Poison Violent”. Interpretavo un buon prete di campagna con qualche dubbio di fede e qualche tentazione di troppo ma un personaggio sicuramente positivo. Ma molto serio.
Che personaggio interpreti in “Il caso Collini” di Marco Kreuzpaintner?
Sono molto affezionato a questo ruolo perché tutto quello che riguarda la seconda guerra mondiale mi ha sempre affascinato e commosso. Forse a causa di mio nonno Aristide. È raro trovare film tedeschi che parlino delle atrocità del Nazismo, questo è uno di questi. Sono 20 anni che tutti mi dicono che assomiglio tanto a Franco Nero: è stato un vero onore lavorare al fianco di una tale leggenda del cinema e impersonare suo padre in un flashback.
stefano cassetti
Stefano Cassetti in un’immagine della serie Into The Night
“Into the Night”: un’altra serie tv Netflix, che si sta rivelando una sorpresa positiva per gli appassionati della fantascienza mista al genere action. Il tuo ruolo è tra i principali: sei un soldato italiano in servizio alla Nato che influenzerà i destini di molti dei protagonisti della serie tv…
È un personaggio con tanti grigi. Innanzitutto non è l’eroe della serie ma neppure l’antieroe, è una via di mezzo: ha questa informazione vitale e se la tiene per sé, per salvare sé stesso egoisticamente. Nel salvare sé stesso accidentalmente salva anche altre vite umane quindi diventa anche un eroe a sua insaputa. Inoltre è un militare di grado ma si batte per scelte condivise dal gruppo anziché pretendere di comandare sui civili. Questi paradossi sono un vero tesoro per un attore che deve ricamare tra questi ossimori.
È un prodotto europeo a tutti gli effetti ma con un ritmo forsennato all’americana dove comunque la recitazione continua ad avere il sopravvento nonostante gli snodi narrativi siano estremamente ravvicinati e il montaggio non dia tregua. È stato concepito con la volontà di fare una chiara allusione tra la coabitazione forzata nell’aereo di vari passeggeri di nazionalità diverse e la coabitazione nella casa (comunità) europea di vari popoli così diversi. Non solo la lingua madre fa la differenza, ma anche i soliti pregiudizi. A questo si è sovrapposta la crisi pandemica che stiamo vivendo tutti, in tutto il mondo: viviamo un isolamento combattendo un nemico comune, invisibile e sconosciuto esattamente quello che mettono in scena passeggeri ed equipaggio  di questo aereo di sopravvissuti.
(Ph. by Tommaso Sartori)
Domanda un po’ banale: quali sono i tuoi film preferiti? In particolare, quali sono i tuoi horror preferiti?
“The Barber” credo che sia il film perfetto. Gli horror come avrai capito non li guardo. “Dark” mi piace e “Black Mirror” mi fa riflettere.
Come hai vissuto, sia a livello professionale che umano, questa pandemia mondiale legata al coronavirus?

Ho cercato di utilizzare al meglio questo tempo sospeso e mi sorprendo di quante cose avevo lasciato indietro che ora sto riscoprendo. Mi auguro che questo shock collettivo ci spinga ad accettare di buon grado i grandi cambiamenti che la natura ci dimostra essere indispensabili. “Le temps est venu” come dice il manifesto dell’ex ministro dell’ambiente francese Hulot.

Quali sono i tuoi futuri lavori cinematografici o televisivi in cantiere? Puoi accennarci qualcosa?
In programma ci sono due film francesi ma non posso dire di più, è ancora troppo presto.
Ti va di salutare i tuoi fan e i lettori di CineAvatar? Campo libero!
Li invidio tanto, vorrei anche io poter guardare un film horror fino alla fine.