Buongiorno Mario, come e quando nasce la tua passione per il cinema?

Ciao Massimo e ciao a tutte le lettrici e i lettori di Cineavatar. La mia passione per il cinema e la recinzione è iniziata per caso, io ne vengo dalla moda, sfilavo per Pignatelli e posavo per riviste, fin quando un mio amico attore non ha dovuto rifiutare un ruolo a ridosso delle riprese e, per non lasciare sguarnita la produzione mi ha chiesto di poterlo sostituire. Era un ruolo semplice, da coprotagonista ma con pochissime battute per un cortometraggio indipendente. Era il 1999 e da allora sono rimasto davanti ad una macchina da presa.

Prima di parlare di cinema, vorrei soffermarmi sul fatto che sei anche modello, che hai fatto spot, teatro, pubblicità, tv, videoclip…Sei un artista davvero eclettico, complimenti!

Ti ringrazio molto Massimo, spero di poter onorare tutti i complimenti che mi hai fatto, ma diciamo che posso vantare un numero parecchio sostenuto di produzioni. Amo molto il mio lavoro e non ho paura di “sporcarmi le mani”, come forse alcuni del mio settore sostengono, con prodotti commerciali o meno nobili del teatro, che mi appassiona ma purtroppo non riesco a far combaciare appieno con l’impostazione attuale della mia vita.

Nella tua carriera hai partecipato a tantissimi cortometraggi, spesso da protagonista o co-protagonista. A quali, se ti puoi sbilanciare, sei più affezionato?

Senza ombra di dubbio “Controluce”, il cortometraggio del quale ti ho scritto prima, rimarrà sempre una pietra miliare nel mio percorso artistico seppur la mia esperienza fosse agli albori. Poi posso menzionare “La Cura” con un emergente Andrea di Casa, un navigato Giacomo “Ciccio” Valenti e il mio mentore Alberto Bergamini. Poi molti altri che mi hanno dato la possibilità di duettare con attori del calibro di Antonio Zavatteri e Franco Leo. Per contro, purtroppo, di alcuni altri non ricordo neppure la trama…

Hai fatto anche tv, a livelli abbastanza importanti, con “Rosso San Valentino” e “Quelli che il calcio”. Che esperienze sono state per te?

Accidenti cosa sei andato a ripescare! Sono state entrambe esperienze molto stimolanti. In “Rosso san Valentino” interpretavo l’uomo di fiducia del protagonista, un giovanissimo Luca Bastianello, per la cura della sua barca. Mentre per “Quelli che il calcio” ho fatto una puntata, “La maledizione dei maya” se non ricordo male, nel format “Sensualità a corte” Con Marcello Cesena (Jean Claude) interpretando “Palmiro” un marinaio sui generis del quale Simona Garbarino (Madre) si innamora e con cui decide di salpare salvandosi lasciando Jean Claude al suo destino. Da qui ne è nata una piacevole amicizia basata anche sulla stima reciproca proprio con Simona e con Fabrizio Lo Presti (Daiana).

Che ruolo avevi invece in “Blackout the Series”?

Per “Black out the Series” ho partecipato solo alla puntata pilota. Il regista era David Valolao che credo si sia specializzato negli anni in documentari, interpretavo un prete.

Sei stato co-protagonista in “Danse macabre”, horror di qualche anno fa che ha vinto il Premio Miglior Film al “Terra di Siena International Film Festival”.
Come andò in quell’occasione?

Avevo già lavorato con Ildo Brizi in sui progetti minori quando mi propose il soggetto di “Danse macabre”. Premetto che non amo follemente gli horror ma il destino mi porta spesso a far parte del cast proprio di questo genere di film, complice forse il fatto che negli action mi trovo molto a mio agio, ma “Danse macabre” mi ha affascinato già alla prima lettura. Non si tratta di un horror come siamo abituati adesso a vedere e forse il film di Brizi potrebbe risultare addirittura anacronistico, ma è questo aspetto a renderlo una piccola perla in quanto è un tributo all’horror di genere dei grandi maestri italiani come Fulci, Bava o il primo Argento. Il suo ritmo lento, le scene dilatate, la trama con profondi risvolti psicologici e un’ottima interpretazione della protagonista Guia Zapponi hanno fatto si che “Danse macabre” vincesse, come hai menzionato tu, il premio di miglior film al TdS International Film festival. Inoltre è stato programmato su Sky per parecchio tempo.

Nel 2015 reciti in “One Way Ticket”, prodotto da Knc Media di Mumbai. Che ruolo hai avuto?

Sai che non ho mai visto il film finito? Quella fu una parte molto piccola ma ovviamente molto action, non potevo non farmi una sparatoria anche a Bollywood.
In un secondo tempo ho scoperto che l’attore con il quale ho
duettato è una star Indiana ma del quale ignoro miseramente il nome.

Come hai conosciuto la Cronenter Films di Alessio De Bernardi?

Fui contattato da Alessio per interpretare un agente, di non ricordo bene quale corpo armato, in un suo fan film dedicato a Flash Gordon, il famoso personaggio DC, che ad oggi ha superato i 3,6 milioni di visualizzazioni su you tube, il film si intitola “The Flash: Time line”. Da quella piccola parte è poi nato un sodalizio artistico tra me, Alessio e gli altri componenti della Cronenter Film Production tale da spingermi ad entrare a far parte della società.

Hai lavorato, spessissimo da protagonista, in tante produzioni Cronenter. A quale sei più affezionato, se non siamo indiscreti?

Dopo quello che ti ho detto poco fa non potrai che sorridere ma si tratta nuovamente di un horror: “Stuck – intrappolati nell’oscurità”. È la terza produzione importante di Cronenter alla quale ho preso parte con ruoli da protagonista o comprimario, la seconda è una miniserie thriller dal titolo “Reset”. Stuck mi ha dato la possibilità di muovermi nella costruzione di un personaggio che appare di seconda linea nelle prime parti del film ma che intorno al quale si svolge tutto il resto della storia. Qui siamo di fronte ad un horror più “moderno” rispetto a “Danse macabre” seppur, come nel secondo, tutti gli effetti siano di make up e costumi con un ricorso minimo se non nullo alla CGI, le ambientazioni sono claustrofobiche e la luce del sole si vede in minima parte in quanto è stato girato per la stragrande maggioranza del tempo sotto terra. Piccola news degli ultimi giorni, Stuck è disponibile su Amazon Prime.

Che esperienza è stata per te reinterpretare il personaggio mitologico di Jena nel fan-movie “Plissken” di Alessio De Bernardi?

Per quanto riguarda “Plissken” si potrebbe aprire una pagina di “Cineavatar” solo per lui. Gli aneddoti sono talmente tanti che non saprei da che parte cominciare. O meglio, non saprei fermarmi!. Proverò ad essere il più sintetico possibile.
L’idea di girare un prodotto video (non uso il termine film perché non era l’idea originaria) su “Jena (Snake nella versione originale USA) Plissken” è nata durante le riprese di Stuck. Come accennato in precedenza Stuck è un horror claustrofobico e mi vede protagonista di diverse colluttazioni con esseri mutanti. Al termine di una scena particolarmente impegnativa Alessio mi chiama da parte e, cito testualmente, mi dice: Mario, ma sai che mi ricordavi in maniera impressionante Kurt Russell in “1997 Escape from New York”?. Conoscevo già quella luce negli occhi di Alessio e spontaneamente mi sono messo a ridere tra l’incredulità e il timore di essere burlato. Parlava sul serio!
La mia leva è 1973, il capolavoro di Carpenter arrivò in Italia nel 1982. Ricordo che, da bambino, lo vidi (guardando attraverso le dita delle mani) e ne rimasi totalmente rapito sia per le forti emozioni che mi aveva trasmesso sia per il fascino incredibile, quasi palpabile scaturito da questo personaggio ambiguo interpretato da Russell che si meritò a pieno titolo l’appellativo di anti-eroe per eccellenza.
Negli anni purtroppo 1997 Escape from NY è stato un po’ sepolto dalla polvere rimanendo vivo solo nei ricordi di coloro i quali hanno vissuto gli anni del suo successo, sicuramente non gli ha giovato il sequel che 15 anni dopo Carpenter fece uscire, “Escape from Los Angeles” sostanzialmente una brutta copia del primo che purtroppo diede il colpo di grazia a “Plissken”. Quindi, tornando a noi, ero molto perplesso sul da farsi…Si parlava di fare un cortometraggio, magari in chiave ironica oppure serio ma che non superasse i 10 minuti… tanto sarebbe stato invendibile, e poi un sequel era già stato fatto in pompa magna da Carpenter e in rete se ne possono trovare a bizzeffe di fan movie ispirati a Plissken e a quello che avrebbe potuto accadere dopo le vicende del super carcere di Manhattan. Era un vero dilemma. Però il materiale scaturito dalla penna di Alessio era buono, troppo buono per relegarlo ad un corto o non prenderlo in considerazione, anche perché si trattava di un prequel. La frittata era fatta, si doveva girare e si doveva fare un lungo metraggio.
Alessio e la Cronenter hanno dato la loro personale risposta ad alcuni interrogativi che il Maestro Carpenter, forse volutamente, aveva lasciato aperti nei sui film, ad esempio come avesse perso l’occhio Snake, o perché tutti all’interno del carcere di Manhattan lo conoscessero e che lo credessero addirittura morto, o ancora chi o perché gli avesse stato affibbiato il soprannome “Snake” ed altro ancora.

La produzione del film inizia e promette bene, al punto che ci ha spinto alla ricerca dei detentori dei diritti del personaggio al fine di ottenere una proposta commerciale, siamo arrivati fino agli Stati Uniti, dagli agenti di Kurt Russell e di Carpenter, per terminare la nostra avventura in Francia presso Canal+. Qui purtroppo ci siamo dovuti fermare di fronte al passaggio dei diritti ad un colosso hollywoodiano (che per riservatezza non posso nominare) il quale dovrebbe mettere in cantiere un re-boot di 1997 Escape from NY. Nel frattempo la produzione proseguiva e il progetto andava portato a termine in egual maniera. Per questo film ho studiato molto, come si muove Kurt Russell, il suo mood sempre un po’ “scazzato”, quell’arroganza che lo contraddistingue e la voce. Russell interpreta Snake con una voce poco timbrata e molto cupa, così mi alleno a riprodurla al meglio quando, circa a metà delle riprese, Alessio mi chiama da parte (ormai tremo quando lo fa…) e mi informa che verrò doppiato e io do per scontato che intendesse in inglese, mentre lui si riferiva all’italiano. Potete immaginare la delusione che ho potuto provare, non c’è nulla di peggio per un attore che essere doppiato nella propria lingua, finché ad Alessio
compare un sorrisetto sornione e mi dice: “Si, ma sai da chi? Carlo Valli!”.
Carlo Valli, per chi non lo conoscesse è il doppiatore ufficiale, tra gli altri, di Robin William nonché la voce italiana di Snake in 1997. A tal proposito il film “Plissken” può vantare voci di spicco nel panorama del doppiaggio italiano come, una su tante, oltre al già citato Valli, quella di Loris Loddi (Dexter, Val Kilmer).
Ora, se potessi avere la macchina del tempo e riascoltare quel bambino che aveva guardato attraverso le dita, innamorandosene perdutamente, il personaggio interpretato da Russell cosa rispondeva quando gli si chiedesse cosa avesse voluto fare da grande oggi non riderei più alla sua risposta: “Jena Plissken!”

Hai avuto un ruolo secondario anche nell’attesissimo cortometraggio horror “Musa Comes Home” di Claudio Chiaverotti. Ce ne puoi parlare?

Ecco lì, nuovamente un horror. Hai visto? Questo progetto nasce da una delle penne horror più in vista nel panorama italiano, quella di Stefano Fantelli. Circa un paio di anni fa desideravamo che Stuck, oltre ad un prodotto video, potesse avere anche un’identità letteraria, ma un conto è scrive sceneggiature un altro è un romanzo, così abbiamo contattato Stefano che per casualità aveva di recente visto ed apprezzato il film. Da subito è nata una piacevole sintonia professionale trasformata poi in sincera amicizia. Concluso il progetto del libro nel frattempo Cronenter ha prodotto un cortometraggio thriller dal titolo “La vittima numero 4” con Antonio Zavatteri e adesso in giro per il mondo ai festival internazionali. Alla presentazione del corto Stefano ci sottopone la sceneggiatura di “Muse comes home”, sostanzialmente una storia d’amore in mezzo ad un’apocalisse virale. Il manoscritto ci ha da subito incuriosito molto ma Stefano si teneva nella manica l’asso da giocarsi a sorpresa, e la sorpresa fu enorme quando ci informò che la regia sarebbe stata curata niente meno che da Claudio Chiaverotti, storico sceneggiatore di Dylan Dog. La trama ruota intorno ai due protagonisti interpretati splendidamente da Roberta di Somma e Matteo Pasquini e vanta un cameo d’eccezione di Carlo Lucarelli. Il mio ruolo in questo corto avrebbe dovuto riguardare unicamente la produzione salvo che Claudio Chiaverotti, avendomi visto recitare in altri contesti, abbia voluto inserirmi nel cast con una parte… indovinate un po’? Action, ai confini dello stunt-man, avrà mica tentato di eliminarmi?

Hai vinto un premio come miglior attore per il corto “L’ora letale” al Film Festival di Rivoli, Torino. Grande soddisfazione, immagino!

“L’ora letale”, per la regia di Gino Versetti, fu davvero letale. Furono 4 nottate di riprese intensissime, si iniziava al calare del sole e si tirava fino all’alba. Quanto freddo preso e quanto sonno perso. Ma ne valse la pena. Fummo selezionati per la finale al RIFF di Torino e al momento delle premiazioni come miglior attore protagonista fu nominato il nostro corto, non il nome dell’attore ma il titolo del corto. Non avendo collegato immediatamente, anche perché il protagonista del corto che ha vinto era nientemeno che Fabrizio Bentivoglio, io mi voltai in sala per vedere chi si alzasse cercandolo con lo sguardo dando per scontato che fosse lui e dopo qualche secondo di attesa Martina Pascutti, la madrina del Festival, mi chiamò per nome dicendomi: “Dove guardi Mario? Sei tu!” mi sembrava la scena della notte degli Oscar quando Sofia Loren chiamò urlando: “Roberto!!!”… ma io ero a Torino e non sono Benigni.

Hai mai avuto la tentazione di passare, almeno una volta, dietro la macchina da presa, anziché davanti?

No, non ne sarei in grado, mi è capitato più volte, ovviamente con le dovute misure e nelle situazioni in cui potevo permettermelo, di risolvere alcune difficoltà impreviste dovendo modificare alcune scene, ma si tratta più che altro di problem solving, quindi no, preferisco stare davanti alla macchina da presa, potrò piacere o meno, quello non si discute ma almeno so quello che faccio.

Progetti cinematografici in cantiere?

É in produzione un altro film di Cronenter, del quale ancora non posso dire molto ma avrò una parte secondaria in quanto all’inizio delle riprese ero impegnato sul set di Blanca 2 per la RAI. In quest’occasione sono stato diretto dal Michele Soavi e questo è un grandissimo onore.

Hai voglia di salutare i tuoi fans e i lettori di CineAvatar?

Spero di non averli annoiati troppo, sono un po’ prolisso alle volte, ma quando è la passione a muovere le cose non riesco a contenermi. La mia più grande soddisfazione è quando questa passione, oltre che dalle parole, traspare da quello che metto in scena e quando riesco in questo intento capisco perché ho scelto questo meraviglioso mestiere. Abbraccio tutte e tutti virtualmente e vi ringrazio di aver dedicato qualche minuto del vostro tempo per conoscermi meglio.