Il Sorpasso, di Dino Risi, l’iconica opera ferragostana del cinema italiano, con Vittorio Gassman, Catherine Spaak e Jean-Louis Trintignant
L’iconico finale; la Lancia Aurelia B24 di Bruno; la foto di Brigitte Bardot; il broncio perenne di Roberto e il sottotesto esistenziale. A quasi sessant’anni dall’uscita in sala, il fascino e la forza narrativa de Il sorpasso (1962) di Dino Risi (Una vita difficile, I mostri), non hanno eguali. Quello de Il sorpasso infatti è un racconto decisamente atipico nella storia del cinema italiano, e in particolare della commedia. Caratterizzata principalmente da personaggi macchiettistici, l’opera scritta e sceneggiata da Risi, Scola e Maccari, ebbe il pregio di mostrarci – per la prima volta in una commedia – caratterizzazioni complete, organiche con sfumature e ombre.
E non solo questo, perché con Il sorpasso, Risi e Scola teorizzano e pongono le basi del linguaggio filmico del road-movie tanto da risultarne – ai punti – il capostipite del genere a tutti gli effetti. A detta di Dennis Hopper infatti, il capolavoro di Risi è stata una delle principali ispirazioni per la stesura dello script de Easy Rider (1969). Abbastanza per poterci rendere conto del peso specifico assunto da Il sorpasso e dal suo intimo conflitto scenico a 130 km/h, nella storia del cinema.
Nel cast del film di Dino Risi figurano Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Luciana Angiolillo e Claudio Gora.
Il sorpasso: la sinossi del film di Dino Risi
La mattina di Ferragosto del 1962, Roma è deserta. Bruno Cortona (Vittorio Gassman) – quarantenne amante della vita e delle belle donne – alla guida della sua Lancia Aurelia B24, vaga alla ricerca di un telefono pubblico. Si imbatte così in Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant) uno studentello di legge poco meno che trentenne che gli offre d’usare il suo telefono. Un semplice invito a salire diventa un viaggio per tutto il Lazio. Da via Aurelia a Castiglioncello, Cortona e Mariani si conosceranno, si studieranno, fino a scoprire tutto della vita dell’altro, in un continuo sorpasso alla vita e alla prossima vettura.
Il giretto e il finale deciso da una scommessa “climatica”
Inizialmente concepito come uno script per Alberto Sordi, dal titolo Il giretto, la produzione passò a Cecchi Gori che aveva sotto contratto Vittorio Gassman. Risi accettò, ma il produttore propose un’unica clausola: girare Il sorpasso in 60 giorni, per evitare la pro-rata del suo protagonista. Per il ruolo di Jean-Louis Trintignant invece, accadde qualcosa d’insolito. Si scelse qualcuno che somigliasse alla controfigura, tanto che, nei titoli di testa, compare subito dopo Catherine Spaak.
L’originale finale de Il sorpasso – su cui spingeva Cecchi Gori – era decisamente più positivo, e prevedeva i due protagonisti sfrecciare assieme all’avventura. Risi invece immaginava qualcosa di molto più tragico. Fecero quindi una scommessa, se il giorno seguente all’ultima ripresa ci fosse stato bel tempo, avrebbero girato il finale voluto da Risi, in caso contrario quello di Cecchi Gori. L’ultimo giorno di lavorazione il cielo era bellissimo, limpido e splendente. Vinse Risi la scommessa, e Il sorpasso si consegnò alla storia del cinema.
Il sorpasso: L’opposizione dicotomica dei personaggi in scena
Roma deserta e un uomo a bordo di una Lancia Aurelia B24. Serrande abbassate praticamente ovunque. Un divieto d’accesso. La disperata ricerca di un telefono e l’incontro per caso fortuito con un giovane studente di legge. Attraverso un linguaggio filmico naturale e immediato – in appena cinque minuti di racconto – Dino Risi ci introduce nella vita del Bruno Cortona di Gassman e in quella del Roberto Mariani di Trintignant.
L’immediatezza nel dispiego del conflitto scenico de Il sorpasso permette a Risi di giocare sulle evidenti differenze della caratterizzazione dei personaggi. In un Cortona invadente, ingenuo nei modi ma scaltro nelle intenzioni, che tra umorismo e fisicità non si pone problemi a giudicare “scherzosamente” la vita di Mariani; e dello stesso Mariani, tradito dalla sua voce-pensiero.
Il personaggio di Trintignant sbuffa interiormente, fa dietrologia, e si pente di ogni azione compiuta e parola detta. Mostrando esteriormente un sorriso di facciata con cui provare a relazionarsi con la velocità d’intenti – e di manovra – di quello di Gassman. In una netta ed evidente opposizione dicotomica tra i personaggi, dove uno è l’antagonista dell’altro. Un dislivello che cresce e vive nella relazione dialogica tra i protagonisti – e dunque – determinare l’evoluzione degli archi narrativi. Un’opposizione tuttavia, che Risi configura sin dal primo momento in cui la dimensione scenica del Cortona di Gassman incontra quella del Mariani di Trintignant.
Nel deserto bianco e limpido di una Roma assolata, e nel buio dell’interno dell’appartamento. Un espediente che in principio servì per ragioni di casting, ma che ben riesce a chiarire le anime dei protagonisti de Il sorpasso. Limpida quella di Gassman, tenebrosa quella di Trintignant.
Il sorpasso: l’arena scenica della strada
Ponendo al cuore del racconto l’oppositiva dinamica relazionale tra Cortona e Mariani, Risi sviluppa una struttura narrativa dall’andamento lineare e dal ritmo netto; lanciando il duo di protagonisti in un inedito viaggio on-the-road lungo tutto il Lazio. Nella strada come arena scenica, lo scandire delle destinazioni permette a Risi di alzare gradualmente la posta in gioco de Il sorpasso, permettendo così l’evoluzione dei personaggi in scena.
Lungo il viaggio, l’arrendevolezza di Trintignant si oppone sempre meno all’istrionismo di un Gassman in stato di grazia. In uno sviluppo delle dinamiche relazionali con cui Risi approfondisce il background dei suoi protagonisti – impedendo così la monodimensionalità – e allargando sempre più la forbice tra le caratterizzazioni. Tra un Cortona attento osservatore che sa cogliere l’attimo e un Mariani “passivo” incapace perfino di svelare i propri sentimenti alla vicina di casa, figuriamoci di cogliere gli inganni della sua famiglia.
Ma la dicotomia tra i protagonisti non si esaurisce unicamente alle differenti intenzioni e al linguaggio del corpo, coinvolgendo anche le sfumature del carattere e gli interessi. Espediente con cui dare colore alle caratterizzazioni. Attraverso il pretesto scenico del viaggio, Risi realizza un affresco storico-sociale dell’epoca fatto di zuppe di pesce e ristoranti all’aperto; di famiglie di cinque ammassati in un unico veicolo; balli lenti e di gruppo; di preti che parlano in latino; gente che si aggrega tra tavolate di fortuna; di turiste tedesche arrembanti e di elaborati panini sul retro del camion.
“Lo sai qual è l’età più bella?“
Con il dispiego dell’intreccio scenico, emergono le dimensioni individuali dei protagonisti di Risi. Al di là della polarità all’interno del racconto, i personaggi di Gassman e Trintignant hanno in comune l’essere entrambi lettura della crisi dell’individuo nella società moderna. In un inside joke con cui Gassman si prende gioco della tematica dell’alienazione de L’eclisse (1962) di Antonioni, Risi va a configurare la narrazione de Il sorpasso nello stesso terreno tematico della trilogia dell’incomunicabilità.
La leggerezza e spensieratezza del Cortona di Gassman, racchiude al suo interno una profonda incapacità di relazionarsi con il prossimo. Un lavoro che gli impedisce perfino di pagare gli alimenti, e di vivere di fortuna. Un matrimonio fallito con una donna in carriera, e un ruolo genitoriale da padre assente verso la figlia Lilly della Spaak. In opposto, la perenne passività del Mariani di Trintignant che si traduce nell’incapacità di prendere posizione, di costeggiare la vita; di esistere senza mai vivere.
Emerge così un profondo sottotesto esistenzialista, con cui il regista teorizza del “che te frega della tristezza?!?“. Buttandosi alle spalle la nostalgia, Risi intima agli spettatori di saper cogliere l’attimo e il meglio della vita giorno per giorno, perché in fondo l’età “più bella” è quella che uno nel presente. Risi lancia così un messaggio di spensieratezza e “saper vivere” alla sua generazione – e ai posteri – codificando nel “sorpasso” a tutta velocità di Cortona non soltanto una semplice manovra automobilistica, ma un autentico stile di vita.
L’italianità dell’epoca e l’amaro finale consacrano il talento di Risi
Tra zuppe di pesce, partite a ping-pong tra suocero-genero sulle note di Peppino Di Capri, riscoperte del proprio ruolo nella vita e teorizzazioni sulla musica di Domenico Modugno, Il sorpasso entra da subito nell’immaginario collettivo perché capace di raccontare – oltre che del tipico Ferragosto degli anni Sessanta – gli italiani e l’italianità dell’epoca in modo netto e immediato.
L’amarezza – e la casualità – del sopracitato finale, smontano (quasi) del tutto le riflessioni sullo stile di vita “da sorpasso”, ma ne lasciano l’essenza nel cuore degli spettatori; consacrando il racconto de Il sorpasso e la stella di Dino Risi in quello che rappresenta senz’ombra di dubbio il capolavoro che vale la carriera.