Il nostro resoconto del Trieste Science+Fiction Festival 2020
Tanti cortometraggi e lungometraggi hanno caratterizzato la 20esima edizione del Trieste Science+Fiction Festival. Abbiamo visto opere buone e meno buone, ma possiamo dire che, in media, la qualità della selezione di questa edizione virtuale è stata abbastanza elevata, soprattutto per quanto riguarda i film stranieri. Ecco veloci mini-recensioni dei prodotti visionati.
Le mini-recensioni dei film visti al Festival
“Skylines” di Liam O’Donnell (Francia, 2020)
Terzo capitolo action sci-fi della saga cominciata nel 2020 dai The Brothers Strause con “Skyline”. Filmetto mediocre, con effetti speciali altalenanti, un buon “makeup” alieno e una sceneggiatura traballante. Personaggi senza il minimo spessore. Alcune sequenze action non sono girate male, soprattutto nella seconda metà del film. Bellissima, ma non bravissima, la protagonista, Lindsay Morgan.
Voto: 5,5
“Inmortal” di Fernando Spiner (Argentina, 2020)
“Inmortal” parla delle ricerche di uno scienziato argentino che ha scoperto come creare una nuova dimensione e come sconfiggere di conseguenza la morte. La premessa iniziale è interessante, ma da metà in poi la pellicola di Spiner si perde un po’ per strada. Buoni gli effetti speciali, un po’ meno il cast, abbastanza legnoso.
Voto: 6-
“Boys From County Hell” di Chris Baugh (Irlanda/Uk, 2020)
Giovani contadini irlandesi vs. vampiro? Sulla carta sembra un progetto molto divertente, ma la commedia horror di Baugh quasi mai fa ridere o è graffiante. Lo splatter abbonda, ma la noia anche. Nel cast anche il mitico John Lynch. Splendide le location irlandesi.
Voto: 5
“Yummy” di Lars Damoiseaux (Belgio, 2020)
Il festival delle tette, del sangue, delle budella e dell’ironia di grana grossa. Prendere o lasciare. Film belga a volte troppo banale ed infantile, ma a tratti anche sanamente divertente. Finale cattivello, un vero massacro.
Voto: 6,5
“Mortal” di André Orvedal (Norvegia/Usa/Uk, 2020)
Braccato dalle autorità norvegesi e americane, Eric scopre di avere poteri simili a quelli delle divinità delle mitologie scandinave. Un supereroe “negativo” e dark per un riaggiornamento del mito di Thor, che funziona abbastanza bene, ma non entusiasma e non convince al 100%. Stucchevole la storia d’amore tra la psicologa e il novello Thor. Epica la sequenza dei fulmini sul ponte sospeso.
Voto: 6,5
“Alone” di Johnny Martin (Usa, 2020)
Pastiche post-apocalittico-pandemico-zombesco dai risvolti sanamente romantici, con un finale “come si deve” e con la presenza (solo negli ultimi minuti) di uno dei grandi volti che hanno fatto la storia del cinema, Donald Sutherland. La trama è la solita, trita e ritrita, ma il regista riesce a dire qualcosa di nuovo, o almeno lo dice in modo non banale.
Voto: 7,5
“Benny Loves You” di Karl Holt (Uk, 2020)
Film che narra le folli gesta di un gelosissimo pupazzo assassino, Benny. Il genere è quello della commedia splatter: ammirevole lo sforzo del regista inglese, con un budget quasi inesistente, di realizzare un’opera piena di effetti speciali. E a livello tecnico ci riesce, eccome. Peccato per gli ultimi 30 minuti, strabordanti di una demenzialità “basica” e ripetitiva, che finiscono per stancare lo spettatore.
Voto: 6,5
“Jumbo” di Zoé Wittock (Francia/Belgio/Lussemburgo, 2020)
Storia fantasy alquanto bizzarra: “Jumbo” è una ragazza che si innamora di una giostra del luna park dove lavora. E la giostra sembra ricambiare. La “chimica” tra la giostra e la giovane protagonista c’è: molto toccanti e ben girate le sequenze nelle quali stanno insieme, comunicano, si fanno le coccole e amoreggiano. La morale della favola è un po’ ambigua, perché sembra avallare certe psicopatologie in nome del motto “sii chi vuoi e fa ciò che vuoi”.
Voto: 6,5
“Relic” di Natalie Erika James (Usa, 2020)
Ottima pellicola (tra le poche sorprese positive di quest’anno nel genere) che parte da temi abusatissimi nel genere horror odierno e del passato, ma li rielabora in modo efficace, portando lo spettatore a riflettere in modo non superficiale sulla vecchiaia, sulla famiglia e la morte.
Voto: 7,5
“Come in cielo, così in terra” di Francesco Erba (Italia, 2020)
Trama elaborata, complicata, a volte confusa, ma grande creatività e ingegno del regista Erba, che ci regala un gioiellino, anomalo nel panorama indie italiano, inquietante e pieno di mistero. Una bella sorpresa.
Voto: 7
“Lapsis” di Noah Hutton (Usa, 2020)
In un presente parallelo, la lotta di classe ai tempi della big economy. Ray dovrà scegliere se aiutare i suoi colleghi o prendere i soldi e filarsela. Raro (e coraggiosissimo) sci-fi che affronta senza peli sulla lingua i temi dello sfruttamento nel mondo del lavoro. Nella seconda metà però il film perde un po’ del suo “mordente artistico”, perché assomiglia troppo ad un comizio sindacale. Un plauso al regista Hutton: non è da tutti fare un film su questo argomento, che è anti-cool per eccellenza.
Voto: 6,5
“Post Mortem” di Péter Bergendy (Ungheria, 2020)
Fantasy-horror che tratta il curioso tema delle fotografie post mortem. Il film ha delle belle scenografie, locations e un buon cast, ma non basta. I problemi stanno a monte, nella mediocre sceneggiatura. E spesso si scivola, in molte sequenze action, nel trash involontario.
Voto: 5
“Dune Drifter” di Marc Price (Uk, 2020)
Sci-fi super adrenalinico ed ultra indipendente di un certo Marc Price, che ha ricostruito parte del set addirittura nel soggiorno di casa sua. Zero budget o quasi, zero idee originali, ma la tensione, il pathos e l’azione non mancano di certo. Film pieno di difetti, ma anche di “cuore”, e mille volte più coinvolgente di tanti sci-fi blasonati e ad alto budget.
Voto: 7
“Come True” di Anthony Scott Burns (Canada, 2020)
Sara, perseguitata da sogni oscuri, si offre volontaria per partecipare ad esperimenti sul sonno. I problemi cominceranno a moltiplicarsi. Discreto horror con una parte centrale troppo soporifera, ma si riscatta nel finale con un doppio twist notevole.
Voto: 6,5
“The Blackout” di Egor Baranov e Nathalia Hencker (Russia, 2019)
Tamarrissimo sci-fi action russo ad altissimo budget, pieno di effetti speciali (a volte riusciti, a volte meno), di frasi ad effetto e di situazioni kitsch e trash. Divertente, ma solo se si sta al gioco.
Voto: 6-
“Meander” di Mathieu Turi (Francia, 2020)
Una giovane madre viene rapita per strada e scaraventata in una specie di complesso labirinto di lamiera e metallo, pieno di pericoli e trappole. Riuscirà a salvarsi? Molto bello fino a 20 minuti dalla fine, poi il film si perde in un finale confuso, ridondante e non all’altezza di quanto di buono mostrato in precedenza. Che peccato.
Voto: 6,5
“Peninsula” di Sang-ho Yeon (Corea del Sud, 2020)
Gran delusione l’attesissimo seguito di “Train to Busan”. Le sequenze action, quelle più attese, non deludono, anche se a volte la CGI si rivela davvero mediocre. Per il resto sembra di stare in una telenovela, con un finale tronfio ed inefficace.
Voto: 5
Le mini-recensioni dei corti visti al Trieste Science+Fiction Festival 2020
“Crawler” di Ivan Radovic (Svezia, 2020)
Compitino in classe svolto correttamente da questo corto svedese di 7 minuti, ma senza pathos, tensione e un minimo di discostamento dai soliti clichè del cinema horror.
Voto 6-
“Verdict 30001: The Cookies” di Samuel Hakkinen (Finlandia, 2020)
Cosa frulla nella mente di un fricchettone al supermercato? Originalissimo e bizzarro corto finlandese, geniale in ogni fotogramma. Un piccolo capolavoro.
Voto: 8
“The Memory Shop” di Christiaan Neu (Belgio, 2019)
Nel futuro ci saranno negozi in cui si potranno vedere i ricordi perduti. Questo il nocciolo del buon corto di Neu, ben fotografato e ottimamente recitato. Malinconico all’ennesima potenza.
Voto: 7
“Imago” di Remy Blaser (Svizzera, 2019)
Trama un tantino criptica, ma il talento visionario di Blaser non si discute. Notevolissime le scenografie e ottimi gli effetti splatter.
Voto: 7
“Survivers” di Carlos Gòmez-Trigo (Spagna, 2020)
Veloce e simpatico corto spagnolo, una commedia sci-fi dal finale amaro. Girato tutto in un’unica location.
Voto: 6,5
“Witch Trilogy 13+” di Ceylan Ozgun Ozcelik (Turchia, 2019)
Una strana ragazzina comunica con i ragni. Un unico inquietante, misterico e sontuoso piano-sequenza, che gira in tondo, in una stanza, intorno al letto della protagonista. Nel locale, semi-buio e con i muri sporchi e scrostati, ci sono 4 uomini ed un dottore, che osservano morbosamente la giovane ragazza. Un vero gioiellino macabro.
Voto: 7,5
“Hospital Dumpster Divers” di Anders Elsrud Hultgreen (Norvegia, 2020)
Spassoso e splatterissimo omaggio ai film sui mostriciattoli tipici degli anni 80/90. Cinema di genere senza pretese, ma fatto bene, e con effetti “old style” che non deluderanno gli appassionati. La creatura mutante è orrenda e rivoltante al punto giusto.
Voto: 7
“The Lonely Orbit” di Frederic Siegel e Benjamin Morard (Svizzera, 2019)
Corto svizzero d’animazione efficace e diretto nel rappresentare la solitudine e la morte, ma anche venato di una certa poesia.
Voto: 6,5
“The Recycling Man” di Carlo Ballauri (Italia, 2020)
Bellissimo corto dell’italiano Carlo Ballauri, che descrive uno scenario futuro distopico e dittatoriale, un mondo dove l’umanità e la pietà vengono calpestate ogni giorno dalle persone e dalle istituzioni. Splendida la fotografia di Alejandro Chavez.
Voto: 7,5
“Néo Kosmo – Nuovo mondo” di Adelmo Togliani (Italia, 2020)
Il corto di Togliani, ineccepibile dal punto di vista tecnico, analizza la dipendenza e i pericoli dell’essere umano nel rapportarsi con le tecnologie e le realtà virtuali. Un po’ troppo soporifero in alcuni passaggi, il corto ha come punto di forza un’atmosfera algida e rarefatta che colpisce e raggela il cuore. Brava la protagonista, Giorgia Surina, ex VJ di MTV.
Voto: 7
“Routine: The Prohibition” di Sam Orti (Spagna, 2020)
Opera di animazione di produzione spagnola. La storia è un po’ abusata: la solita dittatura feroce che sottomette e uccide il popolo. Ciò che più colpisce è la splendida mise en scène di Orti, di una creatività e fantasia rare da riscontrare in un’opera tutto sommato a basso budget. Gli spagnoli sempre “avanti”, anche nella galassia dei corti fantasy.
Voto: 7
“Krim” di Manuel Huttner (Austria, 2019)
Un agente segreto del futuro viene compromesso durante una pericolosa missione. Il corto di Huttner è, come si dice, senza infamia e senza lode, e non attira l’interesse dello spettatore per nessun aspetto. Nonostante la breve durata, lo sbadiglio è sempre dietro l’angolo. Di buono ci sono le musiche, che ricordano (forse fin troppo) la serie tv “Stranger Things”.
Voto: 5,5
“Frank & Mary” di Paul Williams (Uk, 2019)
Il mito di Frankenstein nell’era del “fai da te”. Gustosa commedia horror dal sapore agrodolce piena di inventiva ed ironia.
Voto: 7
“Gabriel” di Pierfrancesco Artini (Spagna, 2020)
Intenso corto spagnolo, pieno di sarcasmo e ironia, che ci dice cose non banali sui rapporti di coppia, sulla vecchiaia e sull’amore. Immensa Isabel Ordaz.
Voto: 7
“Cycle 2217” di Evgeny Kalachikhin e Ruben Dauenhauer (Germania, 2019)
Ecco il solito futuro apocalittico dove il potere controlla e sfrutta fino al midollo i poveri cittadini. Notevoli le location e le scenografie, ma tutto il resto è noia e sa pesantemente di già visto.
Voto: 5
“Human Trash” di Aitor Almuedo Esteban (Spagna, 2020)
Adrenalinico giallo fanta-horror ambientato in un mega-bidone della spazzatura. Notevoli sia i due attori che la location. Il finale beffardo non deluderà.
Voto: 7
“Cargo” di Abilash Chandra (Malesia, 2019)
Discreto corto malesiano fanta-horror che ripropone la solita figura dell’alieno cattivo. Buone le ambientazioni, sia la sterminata piantagione dove inizia la storia, sia l’autostrada di notte dove tutto finisce.
Voto: 6,5
“Consume” di Bruno Gradaschi (Argentina, 2020)
Lavorare e consumare: per 079 l’unico modo per passare al livello successivo è rubare i punti che gli mancano al suo vicino di casa. Nonostante le belle scenografie retro-vintage e la simpatica verve del protagonista, il corto di Gradaschi non decolla mai e si conclude in modo un po’ banale.
Voto: 5
“The Purple Iris” di Arif Khan (Usa, 2020)
“La libertà in cambio del tuo raro occhio viola”. È la sintesi estrema di questo corto statunitense senza nerbo e appeal, che si dimentica facilmente.
Voto: 5
“Apollo 18” di Marco Renda (Italia, 2020)
“Houston, abbiamo un problema” riadattato ai giorni nostri, problematiche sociali incluse. L’idea di partenza è buona, lo svolgimento non è esaltante, ma tutto sommato è vedibile. Voto: 6
“Tooth Fairy” di Alice Bérard (Canada, 2020)
Spettacolare ed inquietante rivisitazione del mito della fatina dei denti di solo 1 minuto e 50 secondi. In pochi attimi la bravissima regista canadese riesce a donare al suo pubblico la tensione, l’inquietudine e la paura.
Voto: 7,5
“The 21th Sense” di Christian Battiferro (Italia, 2020)
In un futuro non troppo lontano un giovane scienziato studia in laboratorio la possibilità di comunicare con le piante. Scialbo e anonimo sci-fi thriller, servito da un cast non troppo in forma, che bazzica in modo poco incisivo situazioni e clichè stravisti sul grande schermo, finale compreso.
Voto: 5
“Le abiuratrici” di Antonio De Palo (Italia, 2020)
Nel 2087 la selezione genetica sarà un dogma. Soporifero e presuntuoso.
Voto: 5-
“Anemone” di Alessandro Marcon (Italia, 2020)
Opera girata in suggestive location montane, ma nel complesso poco interessante e caratterizzata da un romanticismo un po’ a buon mercato. Audio pessimo.
Voto: 5
“Cosmic Girl” di Lorenzo Corvino (Italia, 2020)
Noioso comizio ambientalista inframezzato da sequenze action anche ben girate. L’opera di Corvino però è abbastanza scialba, e non lascia il segno. Brava la giovane protagonista, la “Cosmic Girl” del titolo.
Voto: 5,5
“Cracolice” di Fabio Serpa (Italia, 2020)
Discreto corto girato in stile mockumentary. Serpa, usando spesso immagini di repertorio, è molto abile nel creare curiosità e tensione intorno alla storia del paese calabrese di Cracolice, oggetto di un gravissimo caso di inquinamento radioattivo (la storia nella realtà non è mai avvenuta). Peccato per il finale malinconico-esistenzialista, che “disinnesca” quanto di positivo era stato fatto nei primi minuti.
Voto: 6,5
“L’elemosina” di Gianni De Blasi (Italia, 2020)
“L’elemosina” è il nuovo format che vede tre mendicanti contendersi la compassione dei telespettatori, raccogliendo donazioni in diretta. Corto d’impegno sociale ma che diventa, per fortuna, involontariamente, una gran trashata. Sarà per la recitazione “un po’ così” di Iaia Forte, sarà per i fondali posticci, sarà per il finale, ma lo sghignazzo ci scappa più di una volta durante la visione.
Voto: 6- (politico)
“Horizon” di Daniele De Muro (Italia, 2020)
Solita solfa post-apocalittica, insipida e a tratti soporifera (nonostante le tante sequenze action). Il cast non è male.
Voto: 5-