5 motivi per rivedere al cinema Akira (1988), il capolavoro distopico di Katsuhiro Ōtomo.
Akira è tornato in sala come evento speciale, il 14 e 15 Marzo. In occasione dei 35 anni dall’uscita, Nexo Digital e Dynit lo hanno riproposto in una nuova versione restaurata in 4K, disponibile sia in lingua originale con i sottotitoli italiani, sia con il nuovo doppiaggio e adattamento dei dialoghi più fedele.
Ecco i 5 motivi per rivivere sul grande schermo Akira, cult e classico dell’animazione giapponese.
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L’impatto culturale di Akira.
Lungi dall’essere un’opera perfetta, le contraddizioni e i punti interrogativi insoluti non minano il valore effettivo di questo caposaldo. L’impatto culturale di Akira è significativo e importante. Il film ha aperto le porte all’Occidente all’animazione giapponese, in una modalità sconosciuta e inedita, influenzando l’immaginario poetico ed estetico di molti autori di ogni parte del mondo.
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Vecchio doppiaggio vs nuovo doppiaggio.
Un motivo di interesse per rivedere in sala il film è la riedizione italiana, voluta e curata da Dynit nel 2018. Questa nuova versione presenterà un adattamento più fedele a quello originale giapponese, in modo da sciogliere alcuni nodi oscuri di un’opera tutt’altro che semplice. Nel 1992, infatti, il lungometraggio è uscito con un eccellente doppiaggio. Professionisti quali Angelo Maggi, Alessandro Quarta, Fabio Boccanera, Monica Ward e tanti altri hanno prestato la voce ai celebri personaggi. Tuttavia, a questo grande pregio si è accompagnato un difetto di adattamento dei dialoghi che, seppur libero e artistico, ha inficiato la comprensione del testo di partenza del film.
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La straordinaria ricchezza visiva.
Ciò che colpirà lo spettatore è la modernità di un film che a distanza di 35 anni continua ad essere faro per il futuro. Akira è ancora un immancabile punto di riferimento per tutto il cinema, non solo quello di animazione. Non si può non rimanere estasiati di fronte alla cura e alla maestria con cui ogni scena è stata realizzata. La strabiliante qualità tecnica è dovuta al numero di disegni e di animatori coinvolti: numerose sono le scene diventate iconiche, omaggiate negli anni a venire (basti pensare a Ready Player One di Spielberg).
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Un nuovo mondo da scoprire: la fantascienza d’animazione giapponese.
Così come i precursori 2001: Odissea nello spazio e Blade Runner, anche Akira attinge alla ricchezza del genere della fantascienza, rivisitando molti dei suoi luoghi comuni. Le condizioni sociali e culturali del tempo hanno offerto a Ōtomo la materia necessaria; tuttavia, ciò che ha contribuito più di tutti è l’estetica cyberpunk, figlia del contesto temporale. Akira è un’opera densa e stratificata, ma anche attenta a mescolare riferimenti culturali e filosofici cari alla cultura giapponese (e al suo autore). Lo fa unendo, come di consueto, tradizione e prospettiva futurista, esorcizzando le paure e le ansie mai sparite della società nipponica, attraverso lo scenario di una Tokyo post-atomica.
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Colonna sonora.
Il comparto sonoro ben si sposa con l’alone di mistero che si dipana lungo la storia. Il risultato è una musica reboante, carica di pathos e insieme psichedelica, che non dimentica però di avvolgersi in note più delicate e soavi, simbolo di una speranza che non va mai perduta. Questa simbiosi sonora accompagna lo spettatore in un viaggio immersivo alla scoperta dell’eterna dicotomia che dilania e abbraccia il mondo: la follia e l’umanità dell’essere.
Akira segna un punto di non ritorno nel cinema fantascientifico, una cruda denuncia sociale del suo tempo in grado di essere potente ancora oggi.