Doctor Strange nel Multiverso della Follia ci mostra tutto il meglio di Sam Raimi e i (primi) limiti del MCU

L’Universo Cinematografico Marvel è cresciuto notevolmente in questa ultima decade e con l’introduzione di Doctor Strange (Benedict Cumberbatch) nel 2016, è diventato chiaro che Marvel stava già pianificando l’introduzione del Multiverso nel suo Universo cinematografico. Fino ad ora, però, ha usato questa idea con parsimonia, divertendosi con le infinite possibilità di What If…? e fondendo gli universi dei vari Spider-Man in No Way HomeOra, con così tante opzioni disponibili, lo stesso MCU si presta a diventare esso stesso un multiverso di follia. 

Il cinecomic offre un assaggio di tutte le infinite possibilità che apre il Multiverso, ma sceglie di concentrarsi su un numero limitato di universi a noi più congeniali. Marvel si è completamente aggrappata a questa idea in Doctor Strange nel Multiverso della follia e, così facendo, ha lasciato intendere che “quando tutto è possibile, niente conta“.

Doctor Strange nel Multiverso della Follia spot

Fanservice? Sì, grazie!

Se vi state chiedendo se finalmente avremo le chiavi di lettura della questione Multiverso, già affrontata in Spider-Man No Way Home e nelle serie di Loki e What If…?, la sola risposta che otterrete è che i sogni sono una finestra sulle infinite possibilità delle nostre altre vite.

Doctor Strange dà ai fan quello che vogliono, un fanservice fatto di apparizioni e cammei che strappano qualche applauso facendo però scricchiolare la narrativa a favore di quello che rimane un semplice, e comunque prezioso, momento di puro fangirling. Marvel non è nuova a questo tipo di operazione, una pratica di realizzazione dei sogni più proibiti dei suoi fan. L’ha sempre fatto con uno scopo narrativo, mentre qui rimane una sola e unica follia per creare hype e poco più. 

Il film non è esente da difetti, ma trova la sua dimensione quando lascia libero sfogo alla capacità registica di Raimi vacillando nel momento in cui cerca di migliorare ciò che è successo prima.

Doctor Strange nel Multiverso della Follia recensione

Drag Me to MCU

Doctor Strange nel Multiverso della Follia dà il meglio di sé quando lo stile di Sam Raimi è al centro. Nella prima parte è chiara e lampante la sua ispirazione alla trilogia originale di Spider-Man soprattutto nel modo di costruire il personaggio. Vediamo uno Steven Strange molto malinconico, solitario e in qualche modo ingabbiato dai timori della sua vita. 

Nella seconda parte il film abbraccia le radici horror di Raimi, consentendogli di realizzare un prodotto che non si è mai visto nel MCU. Raimi confeziona un film molto in linea con il suo cinema, da L’armata delle tenebre a Drag Me to Hell, rispetto ai cinecomic. Doctor Strange è oscuro e violento e a Raimi è concessa la piena libertà di creare una storia dell’orrore con un antagonista brutale e vendicativo.

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Il rosso segno della follia

Il Multiverso di Doctor Strange è anarchico e folle al punto giusto, anche se, da spettatore, ci si interroga sulle possibilità di cos’altro sarebbe potuto essere. Ci sono scene (che non possiamo raccontare) davvero ispirate e visionarie, di una bellezza incredibile, che valgono il prezzo del biglietto. È un film pieno di dolore, sofferenza e di traumi passati e presenti che sembrano pesare come macigni sugli interpreti principali, soprattutto su Wanda (Elizabeth Olsen) e America (Xochitl Gomez). È un film dove la chiave dominante è il rosso: il rosso del sangue, del Mantello della Levitazione di Strange, della stregoneria di Scarlet Witch, della follia. 

In definitiva Doctor Strange e il Multiverso della Follia è un film sorprendente e coraggioso che beneficia del talento di Raimi e delle sue capacità, ma che forse perde il suo potere evocativo all’interno del MCU mostrando le crepe di una costruzione gigantesca di infiniti mondi e personaggi che sta tentando di mettere insieme.

VALUTAZIONE CINEAVATAR

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