I dieci migliori film del 2016 secondo Gabriele Lingiardi

Non è mai semplice stilare la classifica dei migliori film visti durante l’anno: i criteri con cui scegliere i 10 lungometraggi sono molteplici e diversi. Ci si può basare sul valore artistico dell’opera, fare elenchi più personali con le pellicole che hanno avuto un significato maggiore nell’anno di chi scrive, ed esprimere le preferenze secondo il proprio gusto.
La classifica che state leggendo prende in considerazione i film usciti nelle sale italiane nel 2016, escludendo però alcuni titoli presentati nei vari Festival e non ancora distribuiti nel nostro Paese (ci sarà però spazio per recuperarli in fondo). La lista iniziale era composta da 25 opere ed è poi stata ridotta a 10: è inevitabile, quindi, che vengano esclusi alcuni titoli di assoluto valore. Il criterio di selezione è definito seguendo l’esperienza emozionale che la visione ha scaturito al cinema, la loro durata nel tempo e il loro valore artistico.

10) REMEMBER, di Atom Egoyan
Il film di Atom Egoyan, visto nel 2015 al Festival di Venezia e approdato in sala quest’anno, è un’emozionate riflessione sul valore della memoria storica. Attraverso l’odissea di un uomo in cerca di vendetta, Remember si rivela uno specchio sensibile che mostra le colpe dei padri e l’importanza del passato nel definire il futuro. L’interpretazione straordinaria di Christopher Plummer rende l’opera meritevole di un posto in classifica.

9) ESCOBAR, di Andrea Di Stefano
Snobbato dai più, Escobar è un film poliedrico: inizialmente il racconto sembra concentrarsi sull’incontro tra due culture, quella americana e quella colombiana, come metafora dei movimenti geopolitici dell’epoca. Nella seconda parte il protagonista diventa il Pablo Escobar di Benicio Del Toro, mentre nell’ultimo atto la pellicola diventa durissima e potente. Non un’opera perfetta ma che, con pochi tratti, riesce a rendere tridimensionali i propri personaggi. Forse il progetto più intenso dell’anno, peccato per un finale non all’altezza.
8) AVE, CESARE!, dei Fratelli Coen & THE NICE GUYS, di Shane Black
Ex Aequo per due commedie frizzanti, apparentemente molto diverse tra di loro, ma con uno spirito affine. Dall’epoca della grande Hollywood agli anni ’70, i due film prendono i generi più classici e li adattano al cinema contemporaneo. Brillantemente recitati, con ritmi energici e montaggi sorprendenti che ne esaltano le rispettive fotografie (splendide!), queste due pellicole non possono che rientrare a pari merito tra le opere imperdibili del 2016.

7) THE NEON DEMON, di Nicolas Winding Refn
L’ultima fatica di Nicolas Winding Refn è destinata a dividere. Le modelle cannibali del regista danese accompagnano lo spettatore in un viaggio estetico e sensoriale all’interno delle contraddizioni della società dei consumi, in cui l’arte e gli artisti vengono consumati dalla fame di bellezza. The Neon Demon crea, attraverso suggestive metafore, un mondo filmico inquietante ma piacevolissimo. Un opera d’autore magnetica e perforante con fonda le sue radici sul cinema di genere italiano, omaggiando quello di Dario Argento.

6) 10 CLOVERFIELD LANE, di Dan Trachtenberg
Un lungometraggio di genere che, a sorpresa, è arrivato sugli schermi. Nessuno si attendeva il “fratello di sangue” del Cloverfield del 2008. Eppure, soprattutto grazie alla sua derivativa ispirazione alle atmosfere di serie come “ai confini della realtà“, basate su concetti narrativi forti e su un’esecuzione pulita, 10 Cloverfield Lane sorprende e affascina. Una rivelazione solida e interessantissima, ottimamente diretta e recitata. Contiene l’omicidio più shockante dell’anno.

5) IT FOLLOWS, di David Robert Mitchell
Ho dovuto scegliere tra It Follows e The Witch, dal momento che non è buona cosa abusare di “Ex Aequo“, ma quest’anno abbiamo assistito al ritorno dell’horror di qualità (se mai se ne era andato…). It Follows colpisce soprattutto grazie alle sue atmosfere cupe e suggestive e all’originalità dei meccanismi con cui spaventa. Non è una metafora dell’AIDS, ma è un racconto sui meccanismi della paura, intesa come un brivido che, da lontano, si avvicina.

4) OCEANIA, di Ron Clements e John Musker
Il 2016 è stato un grande anno per l’animazione. Tra Zootropolis e Kubo e la Spada Magica spicca Oceania, non tanto perché la sua qualità sia superiore a quella dei due titoli sopra citati, ma per la forza con cui emoziona, la potenza dell’animazione (il mare è incredibile) e la scrittura della protagonista “non-principessa”. La struttura narrativa è classicissima, è vero, ma chi ha detto che deve essere un male? Oceania è un film al 100% che parla attraverso immagini ed impressiona attraverso la musica. La sequenza iniziale con Vaiana da piccola e il mare che prende forma vale da sola il prezzo del biglietto.

3) TUTTI VOGLIONO QUALCOSA, di Richard Linklater
Linklater è uno dei registi più interessanti e profondi che si siano espressi con un film quest’anno. Tutti vogliono qualcosa, seguito spirituale del bellissimo La vita è un sogno, vince sulla concorrenza grazie al suo raccontare dei personaggi, più che una storia. È immersivo nella narrazione, pur senza utilizzare il 3D, un viaggio alla scoperta di un gruppo di amici che cattura e appassiona fino ai titoli di coda. La sensazione, uscendo dal cinema, di avere salutato degli amici sullo schermo è fortissima. Destinato a diventare un cult.

2) BROOKLYN, di John Crowley
Come Oceania, un film canonico, senza alcuna originalità ma, semplicemente, perfetto. I dialoghi tra i personaggi appaiono caldi e profumano di vero, di vivo. Le vicende di Eilis sono quanto mai attuali in un mondo in cui sempre più giovani devono lasciare la propria patria in cerca di fortuna. Gli attori sono in stato di grazia, la fotografia dal filtro pastello gioca con i colori per disegnare i sentimenti, gli abiti raccontano e parlano dei protagonisti e, pur senza cercarle con insistenza, il finale raggiunge le lacrime, ma quelle di gioia, quelle che arrivano al termine dei film più belli.

1) ONE MORE TIME WITH FEELING, di Andrew Dominik
Non è stata una scelta facile quella di assegnare il primo posto ad un film non narrativo. Ma, ad uno degli album più incredibili ed emozionanti dell’anno, non poteva che corrispondere un documentario intimo, sentito, e toccante. Andrew Dominik racconta un viaggio visivo all’interno del dolore di Nick Cave per la perdita del figlio. La musica esprime il sentimento, le immagini si occupano delle sensazioni. Ed è così che la tristezza di un canto di morte riesce ad oltrepassare ogni muro, evade dallo stato fisico per toccare una trascendenza molto umana. Gli ultimi fotogrammi, alla fine di quest’opera sofferta, fanno percepire concretamente il senso di perdita e la conseguente presenza nell’assenza, la vita del figlio all’interno della memoria imperitura. Una situazione, estremamente difficile da ricreare, esito finale di un documentario che ti si attacca addosso e non ti lascia per giorni. Presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia 2016.
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