Venezia 73: ONE MORE TIME WITH FEELING [3D] di Andrew Dominik, la recensione

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migliori film del 2016 One More Time with Feeling - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
One More Time with Feeling - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
One More time with Feeling - Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
One More Time with Feeling – Photo: courtesy of La Biennale di Venezia
Un trionfo di struggenti emozioni invade la 73. Mostra di Venezia con il toccante One More Time With Feeling.
L’ultima fatica di Andrew Dominik, già regista di Cogan e L’Assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, è stata presentata al Lido di Venezia in versione 3D. Diciamolo subito: la tridimensionalità delle immagini è usata con sapienza per creare effetti sicuramente spettacolari ed enfatici. Il problema principale della stereoscopia consiste, inspiegabilmente, nei molti disguidi tecnici avuti dalla videocamera durante le riprese. Per ricreare la tridimensionalità si usano macchine da presa a due lenti, poste una accanto all’altra. La cinepresa di Dominik sembra però dotata di due obiettivi autonomi, tanto che, come ammesso durante una scena dal filmmaker, ogni tanto una lente va fuori fuoco mentre l’altra resta centrata. Inoltre, succede che in una videocamera penetri un raggio di luce che non filtra nell’obiettivo parallelo. La conseguenza? Un occhio riceve un’informazione che entra in conflitto con quella dell’altro occhio. L’effetto? Una terribile emicrania.
È un peccato però che la fruizione del documentario venga inficiata da una questione tecnica perché One More Time With Feeling, al netto dei mal di testa, è un grande, grandissimo, film. Nick Cave, già compositore di alcune colonne sonore per il cineasta, racconta il suo nuovo album e apre il proprio cuore allo spettatore, mettendo a nudo il dolore terribile e devastante per la perdita del figlio. Ogni canzone viene raccontata secondo una prospettiva intima, accompagnata da immagini cariche di significato che riempiono di valore ciò che si sta ascoltando. Se nella prima metà si resta affascinati dal modo in cui il musicista produce i suoi album, in studio, osservando i rapporti con i colleghi e vivendo le sue debolezze, la seconda metà del documentario è un’intenso viaggio nella sofferenza della famiglia Cave per la tragedia subita. La pellicola diventa una confessione, una seduta psichiatrica, una chiacchierata tra amici, valorizzata da scelte visive che modificano il materiale e creano, tramite il montaggio, un ulteriore significato. I brani acquisiscono valore e profondità una volta che vengono spiegata nelle intenzioni e legati al vissuto del cantante.
One More Time With Feeling riesce a commuovere e ad irradiare di umanità la figura, spesso distaccata, cinica e fredda, di Nick Cave. Musica e immagini danzano assieme in questo meraviglioso esempio di come il cinema possa raccontare l’uomo nelle sue infinite fragilità.
Gabriele Lingiardi

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