Di cosa parla Killers of the Flower Moon?

1918. Mollie Kyle (Lily Gladstone), indiana Osage, vede decimare le donne della sua famiglia – tutte legate a uomini bianchi – a causa di inspiegabili deperimenti. Un destino che suo malgrado, a breve, toccherà anche a lei, non appena farà la conoscenza del giovane Ernest Burkhart (Leonardo Di Caprio), cuoco dell’esercito americano, appena rientrato dalla guerra.
Nipote del famoso proprietario terriero William King Hale (Robert De Niro), Ernest si troverà coinvolto, complice dello zio, nel tacito accordo che porterà a compimento il genocidio degli Osage. Un popolo che, all’inizio del secolo, fu cacciato dai pionieri dalla propria riserva indiana per essere relegato in un angolo improduttivo dell’Oklahoma.

Nella cattiva sorte, gli Osage abbracciarono comunque la fortuna scoprendo che quelle terre desolate, in realtà, custodivano il più grande giacimento petrolifero degli Stati Uniti. Improvvisamente divennero nababbi attirando le attenzioni e la fame d’oro nero dell’Uomo bianco.

Robert De Niro e Leonardo DiCaprio in Killers of the Flower Moon
Robert De Niro e Leonardo DiCaprio in Killers of the Flower Moon – Foto: Apple TV+

Un western noir

3 ore e 26 minuti. Tanto occorre a Martin Scorsese per trasporre questa pagina dimenticata della storia d’America, al tempo indagata dall’inchiesta del giornalista David Grann. Gli assassini della Luna dei fiori si presenta come un drama che agisce lentamente come il veleno che annebbia corpo e mente; poi sorprende e, a poco a poco, si svela per quello che è in realtà: un raffinato western noir sulle barbarie umane mosse dal Dio denaro.

Come in Gangs of New York e in The Irishman, Scorsese si ispira a fatti realmente accaduti e riporta all’attenzione contesti storico-sociali che hanno fatto la Storia d’America. A complemento dello spietato Far West che i “visi pallidi” creano, generando morte e incredulità tra gli Osage, il regista newyorkese offre due elementi chiave. Il primo è la parabola contenuta nel titolo del film, la “luna pallida” (i Bianchi) che rappresenta l’assassina dei fiori viola (gli Osage), soppiantando una razza a favore di un’altra; il secondo è la scelta, interessante, di non tradurre né sottotitolare i dialoghi indiani. Sta allo spettatore attribuire il significato di quanto espresso grazie all’enfasi e la mimica degli attori.

Lily Gladstone in Killers of the Flower Moon
Lily Gladstone in Killers of the Flower Moon – Foto: Apple TV+

C’è una scena cult?

La raffigurazione del Trapasso è quanto di più iconico possa contenere questo film. La Morte viene riprodotta attraverso allucinazioni, reali agli occhi di chi le vive. Il gufo che va a far visita a Mollie e sua madre è il presagio – in stile hitchcockiano – della fine, sia essa fisica o spirituale. La civetta rifugge la luce a favore delle tenebre, così come i corvi ne Gli Uccelli di Hitchcock sono predizione di morte. Spetta sempre al corvo, in sembianza di visione, far visita a Monica (Alba Rohrwacher) in Tre Piani di Nanni Moretti, a un passo dalla follia e dal desiderio di morte.

Perché vedere Killers of the Flower Moon?

Leonardo Di Caprio e Robert De Niro sono una conferma, ma la vera sorpresa è Lily Gladstone. Con un’interpretazione disarmante, composta e austera, l’attrice americana riesce a rendere credibile e calzante la figura solenne della donna nella cultura Osage.

Rassegnata e piegata – inizialmente – al volere del suo aguzzino, Mollie trova comunque la forza di ribellarsi alla macchina criminale che complotta contro il suo popolo. La spietata legge del branco, guidato da De Niro a caccia di Osage e dei loro tesori, mette ancor più in luce l’immagine simbolica di Mollie, martire salvifica del suo popolo.