Di Nanni Moretti e con Nanni Moretti, Tre Piani è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Eshkol Nevo.

Di cosa parla Tre Piani?

In una palazzina di tre piani nella zona residenziale di Roma vivono quattro famiglie.
Al primo piano vivono Sara (Elena Lietti) col marito Lucio (Riccardo Scamarcio) e la figlioletta Francesca (Chiara Abalsamo/Gea Dall’Orto); difronte a loro abitano gli anziani coniugi Giovanna (Anna Bonaiuto) e Renato (Paolo Graziosi).
Ai piani superiori vivono la visionaria Monica (Alba Rohrwacher) con la piccola neonata e una coppia di avvocati, Dora (Margherita Buy) e Vittorio (Nanni Moretti) insieme al ribelle figlio Andrea (Alessandro Sperduti). Sarà proprio quest’ultimo a cambiare i destini di tutti.

tre piani recensione
Frames from “Tre Piani” . Director Nanni Moretti DOP Michele D’Attanasio
Una sofferenza compassata

Di Nanni Moretti e con Nanni Moretti, il film è un adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Eshkol Nevo.

Tre Piani porta a casa, oltre al grande entusiasmo del pubblico, diversi premi tra cui: Premio miglior attrice/attore, Palma d’oro, Gran premio speciale alla regia, Prix du scenario, David di Donatello miglior sceneggiatura.

Sviluppata nell’arco temporale di dieci anni, la vicenda assume i contorni di un’opera corale, pur mostrando in modo tangibile le sofferenze e le reazioni – a volte avverse – di ciascuno. La donna che oggi è Charlotte non sarebbe tale senza la controversa esperienza con Lucio; non ci sarebbe la dimessa Dora senza Vittorio e nemmeno Andrea, senza il suo dramma e gli inflessibili genitori. Ognuno ha il proprio personalissimo vissuto: i singoli drammi prendono vita attraverso un tormento compassato, ma dignitoso, fatto di silenzi, cose non dette e parole taciute. Come se esternare i propri sentimenti fosse segno di debolezza e vergogna. L’unico ad andare fuori dagli schemi è Andrea. Del resto è lecito: soffocare in modo reiterato le proprie pulsioni porta all’implosione dell’anima.

Tre Piani di Nanni Moretti Sacher Film – Fandango
Le nere piume del corvo

Il corvo nero alla Hitchcock che Moretti delinea ricorda per certi versi le torve creature del film Gli Uccelli. La mente visionaria di Monica ne definisce i contorni: il corvo immaginario le appare più volte come presagio di sventure, simbolo di paura e solitudine. La medesima solitudine vissuta sulla pelle da Andrea, Lucio e Dora, irretiti dalle proprie angosce verso destini impensabili. Tutto ciò si rifletterà, per ironia della sorte, sul destino di uno di loro.

Perché vederlo?

Le conversazioni finali di Dora con il defunto Vittorio, attraverso le registrazioni in segreteria telefonica, regalano una tenerezza e dolcezza infinite.
Quei brevi istanti per ascoltare, ancora una volta, la voce del marito e il ricordo dolce-amaro dei tempi andati, senza filtri, in modo diretto. Una manciata di minuti per dar voce alle confessioni di Dora: il nastro, ahimè, ha una breve durata e l’interruzione forzata porterà a inevitabili sospesi.