Enlightened – La nuova me di Laura Dern e Mike White, nuovi inizi e rinascite, con Luke Wilson, Diane Ladd, Sarah Burns e Michaela Watkins

Vi ricordate Laura Dern in Jurassic Park? Era nel suo periodo d’oro dopo il dittico lynchiano Velluto Blu/Cuore selvaggio. Opere in cui si mise in mostra passando da doppelganger al femminile di McLachlan a sensuale e selvaggia femme fatale in fuga con Nick Cage. Spielberg la prese in considerazione come volto scenico della Dr. Ellie Sattler dopo il secco rifiuto della prima scelta Juliette Binoche prenotandosi un posto per l’immortalità cinematografica.
Oggi sulla cresta dell’onda, (non più) fresca vincitrice dell’Oscar alla Miglior attrice non protagonista 2020 per Storia di un matrimonio (2019), ma la consacrazione della Dern parte da molto lontano; da Enlightened – La nuova me (2011-2013) per la precisione.

Laura Dern

Co-ideata assieme a quel Mike White con cui la Dern è tornata a collaborare a quattro anni di distanza da Year of the Dog (2007) e che ne ha sceneggiato tutti e 22 gli episodi. Per certi versi quella di Enlightened – con la sua narrazione in bilico tra fiction e vita reale – rappresenta quasi una rifioritura. E non soltanto per la performance che le è valsa il Golden Globe 2012 per la Miglior attrice protagonista in una commedia.

Una rinascita artistica oltre che umana per una Dern che tra il paternalistico on-the-road Un mondo perfetto (1993) al fianco di Clint Eastwood e The Master (2012) di Paul Thomas Anderson, ha saputo mettersi in gioco lungo diciannove anni di carriera tra coming-of-age come Cielo d’ottobre (1999); Altman-minori come Il Dottor T e le donne (2000); sperimentazioni narrative estreme come Inland Empire – L’impero della mente (2006). Performance, quest’ultima, che David Lynch propose – For Your Consideration – agli Oscar 2007, ma alla sua maniera: seduto su di una sedia, sul marciapiede di Sunset Boulevard, in mezzo a una mucca e a un poster promozionale.

Nel cast della serie prodotta da HBO e in onda su Sky Atlantic dal 12 maggio 2021 figurano Laura Dern, Mike White, Diane Ladd, Luke Wilson, Robin Wright, Sarah Burns, Michaela Watkins; Timm Sharp, Jason Mantzoukas, Bayne Gibby, Dermot Mulroney, Riki Landhome, Amy Hill e Charles Esten.

Enlighterned: la sinossi della serie TV di Laura Dern e Mike White

Una mattina ad Amy Jellicoe (Laura Dern), dirigente della Abaddon, crolla il mondo: viene degradata. Il motivo non dichiarato? Una relazione extra-coniugale con il suo capo Damon (Charles Esten). Questo le causa un crollo psichico che, complice una mai diagnosticata depressione, spingono Amy verso un centro di riabilitazione. Circa due mesi dopo, perso l’appartamento in affitto e piena di debiti, Amy torna a Riverside, da sua madre Helen (Diane Ladd).

Non è più, tuttavia, la stessa Amy di prima sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Il suo è un approccio nuovo, positivo e benevolo. Nonostante questo però, ben presto le sue aspettative andranno dolorosamente a scontrarsi con la realtà. La sua precedente posizione è adesso ricoperta dall’ex-assistente Krista (Sarah Burns); Damon è rimasto al timone di comanda; così come colleghe un tempo amichevoli come Janice (Michaela Watkins) la trattano con scherno e (nemmeno troppa) velata indifferenza. Amy si troverà tristemente confinata al reparto archivio dati nel sottoscala della Abaddon.

Laura Dern e Luke Wilson in una scena di Enlightened - La nuova me

Qui scoprirà una comunità di lavorativa di altri ex-dipendenti reietti come la buffa Connie (Bayne Gibby); il vulcanico capo-reparto Dougie (Timm Sharp); l’eccentrico Omar (Jason Mantzoukas) ma soprattutto il pacato Tyler (Mike White). Riappacificatasi con l’ex marito Levi (Luke Wilson), quello che per Amy poteva sembrare, su due piedi, la pietra tombale della sua vita emotiva e lavorativa si rivelerà invece un formidabile e sorprendente nuovo inizio.

Una straordinaria parabola di rinascita e una Laura Dern da sogno, eppure…

Ad una round-table organizzata dal The Hollywood Reporter Laura Dern ebbe da ridire sulle domande postele dai giornalisti a proposito di Enlightened. Sosteneva infatti che enfatizzassero le imperfezioni caratteriali della sua Amy. Le stesse che magari, a personaggi come il Tony Soprano della quasi omonima serie o il Larry David alter-ego di sé stesso in Curb Your Enthusiasm (2000) sarebbero state invece elogiate come marcia in più della caratterizzazione psicologico-relazionale.

A detta della Dern il pubblico sarebbe stato interessato a vedere un personaggio femminile la cui forza e comicità derivassero dal suo comportamento estremo. Ed è in effetti audace il quadro caratteriale abilmente costruito che deriva dalla visione di Enlightened. Forte di un tragico background relazionale ed emotivo di dolore ed autodistruzione appena accennato la Dern le dà vita tra sorridi di circostanza e un ottimismo apparentemente inguaribile. Elementi in cui si celano, ad ogni espressione mutevole di una mimica attoriale irripetibile e dai tratti spigolosi, un intero mondo di manipolazioni e passivo-aggressività; nonché lo spettro di un potenziale tracollo violento ma al contempo anche di speranza per una vita migliore.

Laura DernQualcosa che lo spettatore di Enlightened, complice come una certa fissità strutturale, può godere nel lento incedere episodico del suo sviluppo narrativo. Ne emerge infatti un quadro approfondito su di una storia come tante – niente affatto banale – di rigenerazione e rinascita dell’individuo in un mondo marcio di capitalismo rampante, di ricatti e giochetti; punizioni e vessazioni. Una società dove l’unica regola per sopravvivere è: o mangi (e ti adegui) o finisci con l’essere mangiato.

Paradossalmente però, è proprio in questo che Enlightened sembra soffrire. Un’opera pungente nella sua dinamica (e didascalica) critica sociale sulla condizione della donna nel mondo del lavoro. Incapace però di leggere il suo tempo di riferimento dal paradigma culturale in continuo mutamento.

Perché se è pur vero che il link empatico con la squinternata Amy e le criticità di una vita a pezzi da ricomporre episodio dopo episodio scatta quasi immediatamente è il resto che, per lo spettatore del duemilaventuno, può suonare perfino anacronistico. Negli anni duemiladieci si. Probabilmente una donna poteva anche essere degradata, licenziata e perfino sminuita per i motivi alla base dell’intreccio di Enlightened. Oggi, con la consapevolezza frutto delle battaglie socio-culturali dell’ultimo decennio, Amy sarebbe eletta paladina dei diritti delle donne e messa a capo dell’azienda. È una testimonianza storico-drammaturgica preziosamente fuori tempo Enlightned. Di ciò da cui s’è partiti e che si spera non debba più essere affrontato (per buona pace di tutti i Damien del mondo).