Woody Allen sorprende Venezia 80 con Coup de Chance, un film bellissimo (fuori concorso) che ricorda il suo cinema del passato.
Di cosa parla Coup de Chance?
Fanny (Lou de Laâge) e Jean (Melvil Poupaud) rappresentano la coppia di sposi ideale: sono entrambi realizzati professionalmente, vivono in un meraviglioso appartamento nel quartiere più esclusivo di Parigi e sembrano innamorati come la prima volta. Ma quando Fanny s’imbatte accidentalmente in Alain (Niels Schneider), un ex compagno di liceo, perde la testa e i due diventano sempre più intimi.
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Questione di fortuna
Woody Allen presenta fuori concorso a Venezia il suo cinquantesimo film che, per l’occasione, sceglie di realizzare in lingua francese nella sua città feticcio, Parigi.
Coup de Chance parla dell’importante ruolo che il caso e fortuna giocano nella vita. Perché certe situazioni improvvise hanno il potere di cambiarne il corso degli eventi. La tematica è chiaramente prelevata da Match Point ma qui viene sviluppata sotto una luce nuova, con una sensibilità e atmosfere diverse.
Le due storie si somigliano, non solo in termini di scrittura, bensì per la poetica legata all’imprevedibilità della vita e al destino che traccia parabole sorprendenti e impensabili.
Tutto chiede leggerezza
Coup de Chance è una commedia brillante, volutamente grottesca e dai toni leggeri. Una farsa vivace che, nonostante affronti il tradimento e la morte, non cade mai nell’abisso del dramma.
Il film è una bella sorpresa, capace di far divertire con arguzia ed vivacità. Si torna, finalmente, a un’idea di un cinema lieve, che si distacca dall’esasperazione della paranoia e da quella nevrosi perenne che cominciava ad appesantire i lungometraggi del regista newyorkese. Con Coup de Chance Allen si libera dell’immobilità dei suoi ultimi lavori puntando su una sceneggiatura coinvolgente e restituendo al pubblico, con maestria e semplicità, una storia tanto sofisticata quanto complessa.
La delizia del caso
In Coup de Chance c’è il caso, l’imprevedibilità, il capriccio e quello che viene suggerito nella vicenda è la distrazione. Allen ricama, ancora una volta, i fili di una trama a lui congeniale: lo stretto rapporto tra amore e morte, tra desiderio e possessione, l’equilibrio tra il controllo e il caos, che a volte, si rivela la soluzione.
Woody Allen riesce a confezionare un vero gioiellino di 90 minuti. Un prodotto fresco, elegante e arguto, senza troppe elucubrazioni mentali, eccitante e divertente; e probabilmente la sua opera cinematografica più riuscita da dieci anni a questa parte. Chapeau.