CAFÉ SOCIETY, la recensione della commedia di Woody Allen

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Café Society - Photo: courtesy of Warner Bros.
Café Society - Photo: courtesy of Warner Bros.
Il poster italiano del film Café Society di Woody Allen
Il poster italiano del film Café Society di Woody Allen
Puntuale come ogni anno, l’inesauribile Woody Allen torna al cinema con Café Society, una commedia ironica e inebriante che non manca di sottolineare i paradossi della vita e il suo essere imprevedibile.
Bobby (Jesse Eisenberg) è giovane di famiglia ebraica che si trasferisce a Hollywood con la speranza di lavorare nell’industria del cinema grazie alle conoscenze dello zio Phil (Steve Carrel), agente cinematografico. In questo mondo sfavillante Bobby troverà presto l’amore in Vonnie (Kristen Stewart), ma la relazione con la ragazza acqua e sapone sarà presto ostacolata da una serie di situazioni che mineranno la loro stabilità emotiva.
Il protagonista incarna gran parte degli archetipi dei personaggi maschili di Woody Allen: le ossessioni, i disagi del sentirsi inadeguato ma, al contempo, quella convinzione di apparire migliori degli altri.
“La vita è una commedia scritta da un sadico commediografo”: è in questa frase, enunciata in un particolare momento nel film, che si manifesta il pensiero caustico e sarcastico di autore il cui cinema, anche nelle sfaccettature più scintillanti, nasconde quel presagio di fallimento dato da un destino beffardo.
Café Society - Photo: courtesy of Warner Bros.
Café Society – Photo: courtesy of Warner Bros.
Presentata in apertura del Festival di Cannes 2016, Cafè society è una pellicola brillante e malinconicamente dolce, satura di colori vivaci e di tonalità quasi artificiali resi da una fotografia, quella di Vittorio Storaro, che incornicia i volti dei personaggi nei primi piani in maniera sublime (quasi esasperata), resi ancor più accesi da una luce soffusa e morbida che funge da sottofondo alla nostalgia amorosa e ai sogni infranti.
Un’interpretazione davvero sorprendente quella di Jesse Eisenberg, che incarna pienamente il personaggio pensato da Allen, in perfetto equilibrio con una soave ed eterea Kristen Stewart, che quasi risplende negli ambienti afosi della California di inizio ‘900.
L’ultima fatica dell’imprevedibile Maestro americano racconta il rischio di abbandonarsi all’amore per non vivere il rimpianto di non averci provato e, come succedeva nel recente Magic in the Moonlight, la visione tragicamente romantica di Allen che lascia che sia il fato stesso a delineare i destini dei due protagonisti, molto più che le loro scelte individuali.
Cafè Society scorre lungo i binari della sofisticazione più fine ed elegante, inserendosi nel perimetro di una pellicola brillante che accompagna gli spettatori in una narrazione mirata e precisa, ricca di un immancabile fiume di parole, di scenari e atmosfere degli anni ’30, e dell’umorismo tragico che porta ad un finale aperto con una morale semplice e lineare: il cammino esistenziale di ognuno procede inevitabilmente nonostante le delusioni e l’unica cosa che l’essere umano può fare è accettare questa sua condizione, magari rimpiangendo i giorni felici e guardando solitario verso il futuro durante la notte di Capodanno.

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