La nostra recensione di A passo d’uomo, il nuovo film di Denis Imbert con Jean Dujardin

Di cosa parla A passo d’uomo?

Pierre (Jean Dujardin), affermato scrittore, ha la fortuna di guadagnarsi da vivere facendo ciò che più gli piace: le arrampicate e le escursioni sono la fonte d’ispirazione dei suoi romanzi. Fino a quando un giorno si ritrova gravemente ferito e immobilizzato in un letto d’ospedale. Proprio lui che ha sempre fatto del camminare il centro del suo mondo rischia ora di non poterlo più fare. Lo schianto a terra, da otto metri d’altezza, potrebbe compromettere per sempre la sua indipendenza.

Sordo da un orecchio e con l’equilibrio irrimediabilmente compromesso, dopo mesi di fatiche, frustrazioni e terapie, decide di fare un patto con se stesso: se mai fosse tornato a camminare avrebbe percorso la Francia a piedi, mettendo nero su bianco la sua ultima disavventura. Un percorso di redenzione e rinascita alla riscoperta della propria interiorità, attraverso le cime, i boschi, il mondo dei lupi, del vento, delle stelle e incontri non casuali. Angeli custodi conosciuti e sconosciuti sapranno prendersi cura di lui.

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A passo d’uomo – Photo: Thomas Goisque ©2021 Radar Films-La Production Dujardin – Ufficio stampa
A Wild Walking Movie

Denis Imbert si ispira al racconto di Sylvan Tesson per confezionare un’opera perfetta sotto tutti i punti di vista. Un’opera nella quale la suggestione di paesaggi e fotografia e la lirica dei dialoghi (introspettivi e condivisi) sono uno a sostegno dell’altra, inequivocabilmente complementari. Non una sbavatura, non una virgola, né una parola fuori posto: una recitazione finemente ricercata, parole come testi poetici. Insieme al protagonista ci si ritrova a percorrere 1.300 chilometri, step by step, dai Sentieri Neri verso la Loira alla Manica fino ad arrivare all’oceano. 94 minuti di marcia in cui Pierre, ferito nel corpo e nell’anima, ritrova se stesso accettando i suoi nuovi limiti e giungendo nel luogo presso cui tutto convoglia per poi prendere il largo: il mare.

Attraverso la storia, citando Napoleone e il progresso (o forse meglio dire il regresso?) l’opera pone anche l’attenzione sul difetto dell’evoluzione allogando l’interrogativo: “E se il progresso non fosse altro che il perpetrare di un errore?”.

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A passo d’uomo – Photo: Thomas Goisque ©2021 Radar Films-La Production Dujardin – Ufficio stampa
C’è una scena cult?

C’è tanto di tutto in questa opera corale di Imbert, sarebbe riduttivo limitarsi a una sola scena cult. C’è lo stesso incanto dei paesaggi di Le otto montagne, capace di trasmettere pace e ascensione; c’è la stessa allegoria della corsa/camminata di Forrest Gump dove Forrest (Tom Hanks), così come Pierre, è alla ricerca di sé, entrambi in solitaria con i propri ritmi. A passo d’uomo eredita da Into the Wild (regia di Sean Penn) il respiro della natura: nel film di Imbert la natura è metafora di ritrovamento, di Bentrovato, in quello di Sean Penn è metafora di congedo e addio.

Non è eccessivo affermare che la perfetta simbiosi tra Uomo e Natura trascende se stessa mostrando due universi paralleli che a volte si sfiorano e a volte si fondono senza confini. La Natura sembra una dimensione parallela, un surreale multiverso, un sotto/sopra al pari di Divergent.

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A passo d’uomo – Photo: Thomas Goisque ©2021 Radar Films-La Production DujardinRadar-Films-La-Production -Dujardin – Ufficio stampa
Perché vederlo?

Per farsi rapire dal miracolo del creato. Insieme al protagonista ci si ritrova a vagare per boschi, avvolti dall’incanto pulsante della natura. Sembra di viverlo, di percepire sotto pelle il vento che scuote le fronde: cartoline d’inestimabile bellezza riempiono il cuore e appagano l’anima; l’occhio vaga tra i riflessi oltre l’orizzonte alla ricerca della pace che solo gli sconfinati paesaggi oltre le cime sono in grado di offrire. Un viaggio itinerante e metafisico, fuori e dentro le dimensioni conosciute, alla ricerca di stessi. L’unica medicina possibile. Perché “la guarigione è un processo simile a quello delle piante, la salute si distribuisce nel corpo come linfa”. Cadere è lecito, dunque, ma è il modo di rialzarsi a fare la differenza.