
Sembra proprio che anche in Zero Zero Zero (come del resto in tutte le altre produzioni Cattleya dirette da Stefano Sollima) il filo conduttore del racconto sia l’inevitabile scontro generazionale tra vecchi e nuovi sistemi criminali, un complesso conflitto per la detenzione del potere e dell’affermazione individuale che, nel corso di questa serie, andrà a toccare diversi aspetti del traffico di cocaina internazionale, mostrandoci una delle realtà più temibili e tristemente efficienti, i cui ingranaggi sono mossi da meccanismi a noi del tutto sconosciuti.
Ancora una volta, lo spunto deriva dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano ma ora siamo ben distanti dai quartieri spagnoli di Napoli e di fronte a una narrazione dal più ampio respiro visivo e interpretativo, dal momento che seguiremo le vicende legate a questi traffici illeciti in tre diversi paesi del mondo e in altrettanti contesti criminali.
Nel primo episodio di ZeroZeroZero, ci vengono presentate queste tre realtà molto diverse tra loro, con i relativi personaggi al centro del conflitto: un vecchio boss della ‘ndrangheta calabrese nascosto in un bunker, mentre il nipote cerca a tutti i costi di prendere il suo posto, un gruppo di paramilitari messicani che danno la caccia ad alcuni narcos per fermare un carico di droga e, infine, una facoltosa famiglia americana con un business legato al trasporto via nave delle merci illegali destinate al mercato internazionale.
Un notevole quantitativo di storie che purtroppo vengono raccontate in maniera confusionaria e poco intuitiva, cercando di passare continuamente da l’una all’altra, come a rimarcare il collegamento tra di esse ma, di fatto, evidenziando solamente la loro poca incisività.
In questo caso, Sollima manca di quella pulizia e chiarezza narrativa a cui ci aveva abituato in passato, complice anche una scrittura non proprio brillante dei personaggi messi in scena.
