Spider-Man: Far From Home, crescere è un lavoro da supereroi – Recensione

0
1031
spider-man far from home
Spider-Man: Far From Home (2019)
C’è un piccolo elemento cinematografico che nessuna trasposizione cinematografica è riuscita a ricreare dopo il capolavoro di Sam Raimi Spider-Man 2: lo swing, l’oscillazione tra i palazzi con la ragnatela. Nemmeno lo stesso Raimi era riuscito a riproporlo nel terzo capitolo, troppo immerso nella tentazione digitale. La videocamera, sospesa in aria tra gli edifici di New York (in un’inquadratura ribattezzata spider cam) imprimeva su pellicola la concretezza del volo, la plausibilità e restituiva la scarica di adrenalina allo spettatore portandolo ad altezza “supereroe”. 
Sono passati anni, altri tre registi hanno imposto la loro visione “sull’amichevole Uomo Ragno di quartiere” (contando anche Spider-Man: un nuovo universo), ma la gioia del vento che buca il tessuto del costume, il rischio del salto da un palazzo, nessuno è più riuscito a ricrearla. 
Spider-Man Far From Home, secondo capitolo della versione “in casa” Marvel diretto da Jon Watts, a cui è delegato il difficile compito di chiudere la Fase 3 del progetto di Kevin Feige e soci, gioca in un altro campionato. Non racconta, come i suoi predecessori, la difficoltà e la gioia di essere un supereroe. Far From Home è un film sulla difficoltà e la gioia di essere Peter Parker. Ed è questa l’idea che rende unico il progetto dei Marvel Studios (rumor dicono che siano previsti 9 film su Spidey che seguano la crescita dell’eroe; e da quello che vediamo la possibilità sembra molto concreta).

Il primo film dell’Uomo Ragno lontano da New York affronta però tematiche strettamente statunitensi. Possiamo credere a quello che vediamo e a quello che ci raccontano i media? Mysterio, interpretato da uno straordinario Jake Gyllenhaal (super in parte) regala alcune sequenze dal sapore deliziosamente fumettistico. Un personaggio secondario facile da amare ma che, a ben guardare, è qualcosa di più. Sembra che Feige & Co. riflettano su se stessi attraverso Quentin Beck (alter ego di Mysterio), sul lavoro di cantastorie e cineasti. L’MCU è ormai una macchina oliatissima, che riesce anche questa volta a connettere i puntini sparsi nei più di 20 film in maniera eccellente. Ma qual è l’impatto di queste storie sul mondo? Come stanno cambiando la nostra società (per quanto siano cambiamenti microscopici) e i continui prodotti di finzione che ci propongono un modello etico come quello del supereroe? Far From Home non può che solleticare il pubblico più adulto con queste domande, che lo rendono una piccola perla (d’autore, sì) all’interno di un’estate cinematografica spenta.

Per i più giovani quello che resta è invece una giostra emotiva non indifferente. Si ride, e tanto, anzi tantissimo, grazie alla virata decisa sulla commedia. Spesso le risate sono usate per mascherare alcune debolezze di ritmo o di sceneggiatura, ma la scarica di adrenalina che lasciano permetterà senza difficoltà, a chi si approccia con cuore leggero, di riassaporare il gusto dell’adolescenza.
Spider-Man: Far From Home è imprevedibile, anche per i fan del fumetto che conoscono a memoria ogni storia e ogni piega della psicologia dei personaggi. Il film ha in nuce uno dei più grandi colpi di scena mai visti in questo universo (alla pari forse del finale di AvengersInfinity War) che farà la gioia di chi ama lasciarsi sorprendere. Spider-Man è una corsa piena di avventure e di incognite, come l’adolescenza stessa. Ed è forse questa l’idea più forte dei primi due capitoli di Spidey legati ai Marvel Studios (ricordiamo anche Spider-Man: Homecoming): raccontare un “Peter Parker/Spider-Man” come un ragazzo alla scoperta del mondo e di sé. Crescere, appare sempre più simile ad essere dei supereroi: fa paura, ma una volta accettata la propria responsabilità è la vita stessa che si spalanca di fronte. L’Arrampicamuri di quartiere è sempre stato il supereroe in cui tutti si sono immedesimati. E se, forse, nessuno è mai più riuscito a farci sentire il brivido di oscillare tra i palazzi appesi a un’esile ragnatela, possiamo dire che la Marvel sia riuscita, ancora una volta, a farci sentire ragazzi talentuosi in un mondo di adulti pericolosi.