Onward – Oltre la magia, il nuovo film Disney•Pixar a tema fantasy diretto da Dan Scanlon, è una vera lettera d’amore ai genitori di tutto il mondo
Da un po’ di tempo i film Pixar sono come il gioco enigmistico che ci fa unire i puntini fino a disegnare una figura: spesso riusciamo a scorgere sin da subito il disegno che ne uscirà, senza neanche il bisogno di prendere in mano la matita, ma ci godiamo comunque il divertimento di tracciare linee tra punti sparsi su un foglio bianco. La “magia” si realizza proprio tirando le righe e seguendo il percorso tracciato dai numeri.
Onward prende le mosse in un ambiente fantasy (il primo o l’ennesimo per la Pixar, dipende dai punti di vista), dove la magia è stata sostituita dalla più comoda e pratica tecnologia. Elfi, troll, minotauri e unicorni convivono (più o meno) pacificamente in una società che tanto ricorda la nostra. Siamo fortunatamente lontani dal kitsch di Bright, il film di David Ayer, nonostante il mondo costruito sia sostanzialmente identico.
Protagonisti sono due fratelli elfi, Ian e Barley. Il primo ha paura di tutto, il secondo non ha paura di niente. Al compimento del sedicesimo compleanno di Ian, la mamma gli consegna in dono un antico cimelio del padre scomparso: un raro scettro magico. I due riusciranno per incanto a riattivare la magia e riportare in vita il padre ma solo per 24 ore e soltanto… le sue gambe! Inizia quindi una forsennata quest alla ricerca di una seconda gemma che permetterà ai ragazzi di rincontrare il loro padre ricreando anche la parte superiore del suo corpo.
Onward: un gioco all’avventura
Unire i puntini, dicevamo. Non ci resta altro. Perché alla Pixar hanno oliato talmente tanto i meccanismi di sceneggiatura, da renderli lucidi, splendenti e… fin troppo lampanti. Basta essere poco più di un bambino per prevedere cosa succederà in ogni singola scena di Onward. Se la regola aurea di “una lacrima per ogni risata” è ancora estremamente valida, è anche vero che il film procede attraverso la meccanica di desiderio e frustrazione del desiderio dei protagonisti che, soprattutto nella prima parte, rende veramente difficile sorprendersi e immergersi nello scorrere degli eventi. È dal secondo atto in poi, quando la regia di Dan Scanlon si dimentica di sottolineare ed evidenziare con toni fluorescenti i messaggi che vuole mandare, che il film decolla. Tutto diventa più leggero, affascinante e cinematografico.
L’avventura è puro piacere della scoperta che potrebbe andare avanti ore. E se sappiamo che, in presenza di una trappola, i protagonisti inevitabilmente ci cadranno, l’effetto è più vicino a un Indiana Jones che allo sfortunato e autolesionista Paperoga. Ovvero: è bello scoprire in cosa consiste la trappola e vedere come ne usciranno, sapendo che ne usciranno.
Oltre la magia.. ci sono i personaggi!
Il personaggio di Barley, ragazzone nerd mai cresciuto, energumeno dal cuore d’oro, è sulla carta il più banale, stereotipo abusato dal cinema degli anni ’80, ma viene esaltato nella sua umanità dal procedere dell’azione. Eccezionale come riusciamo a conoscerlo attraverso ciò che fa e non ciò che dice. Onward ritrova l’incanto… quando i personaggi ritrovano la magia.
È nella complessità umana, di sentimenti e relazioni problematiche, che il film riesce a trovare la sua ragion d’essere. Certo, il mondo magico in cui si muovono i protagonisti è accuratissimo e meriterebbe di essere approfondito in un sequel. Si tratta, senza esagerare, di uno dei migliori universi fittizi costruiti al Cinema nell’ultimo decennio. Ma al di là delle creature, degli “animali fantastici” che non sanno più di esserlo, ciò che resterà di questo film sarà la dinamica famigliare, fatta di sguardi, incomprensioni e disistime reciproche.
Il film presenta il primo (?) personaggio apertamente omosessuale (portando con sé l’inevitabile stuolo di polemiche). Sebbene l’introduzione sia goffa per quanto sottolineata e ammiccante, è perfetta nel senso complessivo del film. Un atto di amore nei confronto della famiglia, di ogni famiglia, ma soprattutto dei genitori di tutto il mondo. Che forse tradizionali non sono. Che forse superano i propri confini, i ruoli imposti loro dalla società. Che si mischiano diventando figli, fratelli, compagni di giochi o amici responsabili, ma che hanno in comune una cosa: la magia dell’amore.