Venezia 74: LES BIENHEUREUX di Sofia Djama vince il Premio Lina Mangiacapre – Recensione

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LES BIENHEUREUX di Sofia Djama vince il Premio Lina Mangiacapre a Venezia 74
Si è aggiudicato il premio collaterale Lina Mangiacapre (ex Premio Elvira Notari) il lungometraggio d’esordio della algerina Sofia Djama. La giuria della XV edizione, composta da Valerio Caprara, Titta Fiore, Simone Manceau e Franco Mariotti, ha assegnato il riconoscimento con la seguente motivazione:
“Per aver mostrato con coraggio e sincerità la lacerante condizione della società algerina oggi dove le restrizioni alla libertà individuale rendono infelice e precario il Presente e ancor più il Futuro in una negazione totale di un Passato di vane speranze e infrante illusioni. Su tutto emerge la giovane Feriel, unica a non avere paura di guardare in faccia la realtà. Non accetta compromessi e false soluzioni come droga, alcol, fanatismi… ma si muove con coscienza e dignità in una società ipocrita e schizofrenica”.
Les Bienheureux di Sofia Djama è un intenso film geopolitico sull’Algeria post guerra civile del 1991-2002.
Basato sulla sua giovinezza dell’autrice, il lungometraggio narra la storia di due generazioni che si scontrano e confrontano. Una coppia moderna festeggia 20 anni di matrimonio: lui è un ginecologo che pratica aborti clandestini e desidera ardentemente rimanere nella sua terra, auspicando in un futuro migliore; lei è una madre che auspica per il figlio una vita fuori dal suo Paese, come lei stessa non ebbe il coraggio di fare anni prima. Il figlio 18enne non ha interessi se non fumare hashish e adorare il Corano, tanto da farsi tatuare un verso sulla schiena. Assieme al suo amico e a una ragazza sopravvissuta a uno sgozzamento (impegnata in una relazione con un poliziotto che ha perso la famiglia nella guerra civile) girano nella notte di Algeri incuranti dei problemi.
La giovanissima protagonista Feriel (interpretata dalla giovanissima e talentuosa Lyna Khoudri) è una vera forza della Natura. È spigliata e graffiante tanto da rubare sempre la scena ai presenti. Un foulard che porta sul collo nasconde il tremendo passato della sua martoriata terra. Come i suoi amici è figlia della nuova Algeria ma con il suo calvario ha sviluppato un occhio critico e razionale molto incisivo.
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Les Bienheureux

Come gli dice il figlio durante un litigio “voi avete creato tutto questo“.

E cosa hanno creato?

Nulla, è proprio questo il punto. Avrebbero voluto essere i creatori di un cambiamento radicale e invece la paura li ha resi passivi. Adesso si ritrovano nei salotti a decantare vecchi inni popolari e a parlare di politica, senza aver mai partecipato alla lotta.
Questi temi non sono nuovi nel cinema ma ogni volta ci rapiscono. Osserviamo realtà distanti di cui a malapena conosciamo il nome. Ci soffermiamo sulle piccole differenze come il diverso modo di cucinare, la presa elettrica stantia di un vecchio PC portatile oppure le automobili piene di bozze, sporche dalla polvere delle macerie.
I nostri pensieri sono andati a Persepolis, ad A Syrian Love Story e ai romanzi di David Grossman. Cambiano i luoghi e le culture ma i resti della guerra non hanno bandiere.
Da vedere a occhi aperti e mente lucida.