Le strade del male sono asfaltate di ossessioni che si materializzano sotto forma di sangue. A ogni chilometro vi è un sacrificio, un amore o legame famigliare da immolare sull’altare di una fede che diventa una mania, possessione alienante, luce che accieca, raggio di sole che consuma la razionalità.

Tutto ha inizio nel 1957 quando Willard Russell (Bill Skarsgard) giovane reduce di guerra, si ferma solo casualmente in Ohio, lungo la strada che lo ricondurrà finalmente a casa, in Virginia. Ma quella ragazza dagli occhi dolci che gli porge un caffè, non sarà una semplice cameriera all’interno di una caffetteria: è la donna che gli ruberà istantaneamente il cuore. Mentre Willard incontra Charlotte (un’ottima Haley Benett), nello stesso bar altri cuori batteranno all’unisono: sono quelli di Sandy (sorella dello Sceriffo Lee Bodecker, interpretato da Sebastian Stan) e Carl Anderson (Riley Keough e Jason Clarke) due giovani sposi destinati a intraprendere una lunga carriera come serial killer.

Tutto sembra riportare, sia visivamente che narrativamente, all’universo creato dai fratelli Coen, ma qui non c’è spazio per caustico umorismo, o momenti esilaranti. C’è solo morte e violenza di cui si farà principale portavoce l’adolescente Arvin Russell (Tom Holland), figlio orfano, fratello di una giovane violata (una strepitosa Eliza Scanlen) portatore dei fardelli della propria famiglia e vendicatore dei mali a loro afflitti e subiti.

Nel film targato Netflix, il centro degli Stati Uniti diventa un inferno intrecciato da strade (del male) battute da demoni ingabbiati in corpi di esseri umani. Una rete di esistenze intrecciate tra di loro e riunite sotto il commento in voice-over di Donald Ray Pollock, creatore primario di questo universo luciferino grazie all’omonimo romanzo da cui il film di Antonio Campos prende le mosse. Eppure, man mano che l’intreccio si svela, qualcosa intralcia il cammino della condanna: sono chiodi che bucano ruote di macchine che corrono sotto forma di parole impresse su script incapaci di armonizzare famiglie disfunzionali, esistenze maledette, vite spezzate.

In un braccio di ferro tra morte e fedi profonde, smussate e alienate da un credo religioso che prende le redini di queste esistenze, sopraffandole con timore e ignoranza, Campos riesce comunque a tratteggiare personaggi compiuti, psicologicamente caratterizzati, ma posti all’interno di contesti non altrettanto ben sviluppati. La sceneggiatura a cura dello stesso regista insieme al fratello Paulo, non riesce a stare al passo con la diabolica animalità che scaturisce da questi animi (dis)umani; non riesce, cioè, a dare forma a queste azioni attraverso dialoghi coinvolgenti, e comportamenti da esorcizzare. La parola si rivela debole; incapace di riprodurre la stimmung del perturbante, essa annulla il tentativo di trasferire gli effetti di forze demoniache nella sfera del visibile. Assistiamo alla caduta di questi anti-eroi dell’America rurale anni Cinquanta e Sessanta, mentalmente arcaica e facilmente manipolabile dalle fila del male, e lo facciamo privi di pietas. Guardiamo le loro vite screpolarsi come terreni in secca, ma senza uscirne distrutti; scossi, toccati, certo, ma non disperati. Guardiamo scorrere questo fiume di cattiveria gratuita, che trova la propria via di fuga passando dalla canna di una pistola, ma bagnandoci sempre i piedi e senza lasciarci travolgere dalle sue acque in tempesta annegando nella loro disperazione.

Le strade del male è dunque la perfetta dimostrazione di quanto un cast impeccabile, sorretto da un Tom Holland capace di esprimere le urla che lo lacerano dentro giocando con la potenza di silenzi espressivi, nulla può se alle loro spalle non vige una sceneggiatura forte e d’impatto. I loro personaggi sono tanti filamenti cerebrali difettosi di una mente altrettanto inceppata. Sono aneurismi, bolle scoppiate, esistenze collimate e portate sullo schermo da attori che si prestano a contenitori di incubi e sogni infranti. Eppure occhi profondi e infuocati di bruciante vendetta, gesti carichi di emozioni difficili da comunicare a voce, non riescono a sopperire a una regia anonima, che nulla offre di più rispetto a quanto detto e dato sullo schermo in precedenza.

La voglia di caricare lo schermo di timore, paura, orribili presagi, porta inoltre spesso alcuni interpreti a cadere nel baratro dell’over-acting. Così è per Robert Pattinson (visto recentemente in Tenet) attore sempre molto bravo a dosare la propria carica espressiva e mimica facciale, ma che qui osa troppo esagerando nella propria performance del reverendo Preston Teagardin. Ci sono predicatori che hanno lasciato la propria impronta nella memoria collettiva, come il Paul Sundy di Paul Dano ne Il Petroliere di Paul Thomas Anderson, ma quello di Pattinson è solo un piccolo segno di gesso sulla lavagna pronto a essere cancellato a fine giornata.

È un film che invece si lascia abbagliare dalla luce di giovani talenti, Le strade del male. La coppia Eliza Scanlen-Tom Holland è un testa a testa di puro talento interpretativo, mentre a lasciare un segno profondo nell’animo dello spettatore sono gli occhi vacui, pieni di tormento e fanatica ossessione di Harry Melling (il cugino Dudley della saga di Harry Potter) e Bill Skarsgard.

“Certe persone nascono solo per essere sepolte” e quello di Campos è un terreno di azione dove troppe vite verranno calpestate, tolte, vendicate da uomini e donne pronte a mostrarsi come spietati angeli della morte, colti nell’eterna attesa del momento giusto durante il quale colpire i “tanti figli di pu**ana buoni a nulla, lì fuori“.