Rebecca Zlotowski racconta la maternità nel suo I figli degli altri (Les Enfants des autres), in concorso a Venezia 79

Rachel è una donna di quarant’anni, senza figli. Ama la sua vita: gli studenti del liceo in cui insegna, gli amici e le lezioni di chitarra. Quando si innamora di Ali, stringe un legame profondo anche con Leila, la figlia di quattro anni dell’uomo.

Pur toccando un tema delicato come quello della maternità, il film di Rebecca Zlotowski non commette l’errore di esprimere giudizi su chi non può fare o non vuole avere figli, ma diventa un manifesto dedicato per tutte le donne che, come la protagonista, vivono la propria condizione in maniera diversa. Un messaggio per ricordare che anche senza figli la propria vita ha valore.

i figli degli altri recensione

I figli degli altri

Un film sulla maternità, sulla scelta, difficile, di essere madre dei figli di altri e sul sacrificio che questo comporta. Le donne vengono giudicate nella scelta di non avere figli (o non poterne avere ahimè), ma nessuno si concentra sulla difficoltà di accogliere e crescere un figlio non proprio.

Qui la regista non si ferma alla superficie della questione, ma indaga ancora più a fondo la responsabilità e il rischio di chi, oltra ad avere una relazione amorosa, deve costruire un rapporto di fiducia con i figli della persona amata. Il film mette in risalto il lato bello ma rischioso di voler bene e affezionarsi ai figli di qualcun altro che, per varie ragioni, possono essere portati via dalla propria vita da un momento all’altro.

La Rachel di Virginie Efira (di una bravura straordinaria) sottolinea che non crede di valere meno delle altre donne, ma si sente esclusa da quella che è la gravidanza come esperienza collettiva. Il lato emotivo del discorso mette in luce un momento di vulnerabilità e insicurezza in cui tante donne possono ritrovarsi.

C’è tanta emozione e una forte empatia nei confronti della protagonista e il tema della maternità viene ulteriormente arricchito da un tassello importante: quello dell’impatto sulle vite degli altri.

Madri e figli

I figli degli altri (Les Enfants Des Autres) ricorda alle donne che possono comunque lasciare un segno nella vita di altri esseri umani anche se non li hanno generati. Ogni vita che si incontra lungo il proprio cammino, ogni anima che si influenza in maniera positiva e si riesce a ispirare, può ripagare dal rimpianto di aver avuto percorsi diversi dalle altre donne.

Il film si delinea così come una sorta di cura per tutte quelle donne che attraversano una delle fasi più delicate della propria vita, sotto la pressione, costante, della società.

La vicenda messa in scena da Rebecca Zlotowski riesce a farsi, anche, universale mettendo sotto i riflettori tutte le questioni femminili che sono ancora tabù: il rapporto con la maternità, il corpo della donna che cambia e quel pensiero sociale del fare figli che pesa come un macigno nell’arco della crescita.

Il mondo è fatto di madri e figli e chi non ne ha è automaticamente esclusa, vista come difettosa, così come la protagonista vive sulla sua pelle tutti i pregiudizi che l’accompagnano in ogni sua azione con quella che è la figlia del compagno.

Si apre però un altro tema che riguarda le famiglie allargate, nuove strutture sociali che portano le relazioni a un livello ulteriore di complessità includendo sempre di più la partecipazione dei figli e generando nuovi modi di concepire la famiglia.

Il finale è rassicurante e speranzoso: è vero che il tempo scorre veloce, che l’ansia e il panico esistono, ma la vita è lunga e si può essere sempre la versione migliore di sé, con o senza figli.

Presentato in concorso a Venezia 79.

VALUTAZIONE CINEAVATAR