L’artista concettuale e attivista cinese Ai Weiwei approda alla 74. Mostra del Cinema di Venezia con il suo imponente documentario sulle grandi migrazioni in atto nella terra.
Human Flow impressiona infatti per la quantità di materiale ottenuto da una presenza in loco. Wewei segue da vicino i suoi protagonisti, i migranti, e li riprende con grande dispendio di tempo.
La lunga durata del documentario (2 ore) permette all’artista di soffermarsi sulle interazioni con gli intervistati quell’attimo in più rispetto a quello che è il canone dei documentari di informazione. Una volta raccolta una testimonianza, la videocamera continua a riprendere e coglie, negli istanti di spontaneità, un’umanità spiazzante.
Human Flow non offre nessuna informazione aggiuntiva a quelle che si potrebbero ottenere leggendo un buon servizio giornalistico. Eppure Weiwei si mette a servizio dell’immagine e la modella per raggiungere il suo scopo. Il regista fa di tutto per mostrare l’umanità schiacciata dei migranti. Sebbene non manchi l’intento di scioccare (vengono mostrati cadaveri, non vengono risparmiate le immagini di attacchi), il regista non ha paura di perorare la propria causa attraverso i momenti felici.
Stiamo parlando di un documentario dal chiaro intento politico, schierato su posizioni salde e non in ricerca di cause o risposte. Come esperienza visiva Human Flow eccelle. Attraverso riprese ad occhio di Dio, dall’alto verso il basso con un drone, si rende l’idea della vastità del fenomeno migratorio. Con le immagini a terra si rende conto del dramma umano.
L’opera è maestosa nella misura in cui il valore del lavoro di Weiwei è concreto. Per anni l’artista ha seguito i flussi e le persone. Egli è stato a contatto con loro durante gli isolamenti, ha partecipato alle proteste e alle richieste di apertura delle frontiere. Tutto è stato ripreso con una sensibilità fotografica invidiante, riuscendo così, a differenza di un normale servizio televisivo, a fare emergere la bellezza dalla miseria.
Human Flow è un documentario inutile per coloro che già hanno conosciuto da vicino il dramma dell’abbandono della patria. Allo stesso tempo il film è un’opera essenziale, viva e dal grande cuore, indispensabile per chi non ha avuto modo di scontrarsi con il flusso umano. Ai Weiwei ha riportato al centro le persone, distruggendo ogni stereotipo e rinnovando l’idea di fratellanza degli abitanti della terra. In un mondo come quello in cui viviamo, dove solo le emozioni positive vengono accettate, mentre le negative vengono respinte in un mare di indifferenza, un film come questo è più che mai necessario.