Recensione del corto Giovanni di Marco Di Gerlando e Ludovica Gibelli

Esterno giorno, un pomeriggio assolato, un parco cittadino: una mamma e suo figlio piccolo camminano spensierati per le vie del parco. Il bimbo, che non ha più di 8 anni, spinge un passeggino sul quale è appoggiato un bambolotto. La mamma è impegnata in una telefonata, così indica al figlio una panchina dove sedersi ad attenderla. In questa panchina c’è anche un signore sui 60 anni che sta leggendo un giornale. Il signore è stupito nel vedere il bimbo che accudisce un bambolotto (una “cosa da femmine”, pensa), e comincia a parlare con lui…

Marco Di Gerlando e Ludovica Gibelli girano a quattro mani un breve cortometraggio (solo 5 minuti la durata) che colpisce nel segno. Il “tocco” dei due registi è una delle cose più riuscite del progetto: affrontano un tema importante con la giusta “leggerezza” (nell’accezione più nobile del termine), con stile e classe, senza urlare o fare “comizi cinematografici”. Nella battuta finale pronunciata dal bimbo c’è tutta la magica delicatezza (ma anche la genialità di scrittura) nello sciogliere un antico nodo di pregiudizio: il bimbo, innocente, che insegna all’anziano, presuntuoso ed ottuso, quanto sia sbagliato e controproducente ragionare per cliché, per frasi fatte, secondo modelli castranti e fuorvianti.

giovanni

Il tutto si svolge in pochi secondi, ma con la giusta “lentezza di sguardi, di parole e di gesti”, su una panchina, nel luogo d’incontro per eccellenza in una città: il parco. Un dialogo breve e fulminante tra i due protagonisti, ben scritto ma anche ben girato e montato, senza sbavature. La buona riuscita del cortometraggio di Gibelli e Di Gerlando verte anche sull’ottima prestazione degli attori, in particolare maiuscola l’interpretazione del grande Mauro Pirovano nei panni dell’anziano. Anche le musiche sono azzeccate in questo “Giovanni“, perché sottolineano in modo mirabile il lato ironico della situazione. Un ottimo cortometraggio.