Dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti realizza un film coraggioso e audace sulle diversità. Il risultato si chiama Freaks Out.

In una piccola piazzetta della periferia di Roma riecheggia un profondo rullo di tamburi ad accompagnare una voce: “Benvenuti Signore e Signori. Ecco a voi il Circo Mezza Piotta, dove niente è come sembra”. Ed ecco che all’improvviso l’aria inizia a riempirsi di quell’odore di zucchero filato e popcorn per il quale impazziscono i bambini.

Freaks Out è iniziato da pochi minuti già il pubblico viene catapultato proprio lì, sotto a quel buio tendone da circo, un circo fatto non tanto di numeri con tigri ed elefanti, ma di magia, suspense, luci, ombre e balli. Qui, quattro artisti circensi si alternano in spettacolari numeri: c’è Fulvio, l’uomo-lupo, peloso e forzutissimo; c’è Cencio, un ragazzo albino in grado di controllare qualunque tipo di insetto; Mario, un piccolo clown capace di attirare a sé ogni oggetto di ferro come fosse un magnete; e, ultima ma non meno importante, Matilde, una giovane ballerina in grado di condurre elettricità persino alle lampadine.
Ma il momento dell’innocenza e dello stupore, così come la tenda del circo con la sua luce
calda, come fosse casa, vengono d’un tratto spezzate dalle bombe che cadono su Roma: sono le bombe della seconda guerra mondiale. I quattro amici circensi saranno perciò costretti a fuggire verso un mondo che possa riaccoglierli e accettarli nella loro diversità.

freaks outVoglia di futuro con uno sguardo sempre vigile verso il passato

Gabriele Mainetti torna alla carica dopo lo strepitoso successo de Lo chiamavano Jeeg
Robot (QUI la nostra recensione), e qui decide di osare ancora di più. Osa per quanto riguarda la storia, i personaggi, gli effetti speciali, la regia ed il montaggio. Osa persino per quanto riguarda il budget utilizzato ed il tempo di ripresa sul set: 13 milioni di euro per girare in 130 giorni di riprese.

Freaks out è un film che profuma di internazionale, è una sfida, è la voglia di portare nelle sale qualcosa di nostro, di Italiano, ma che abbia un respiro fresco, un respiro mai visto prima. La trama incarna però allo stesso tempo un sentimento nostalgico di quella New Hollywood anni ’70, perfettamente miscelata alla splendida terra di Oz e ai suoi canti “oltre l’arcobaleno”.

freaks out recensione

La bellezza delle deformità

Mainetti utilizza delle inquadrature studiate con precisione maniacale con le quali ci mostra
da vicino i volti, le deformità e le imperfezioni dei personaggi. Personaggi come quello di Israel (Giorgio Tirabassi), il tenero uomo ebreo che decide di adottare i quattro scanzonati
fenomeni da baracconi per farne un qualcosa di eccezionale. O come quello di Franz,
l’alter ego tedesco dei nostri quattro eroi, un pianista anch’esso deforme, nato con 12 dita
e in grado di leggere il futuro. L’interpretazione dell’attore tedesco Franz Rogowsi qui è semplicemente perfetta, ricca di un ritmo espressivo che, nonostante la malvagità del personaggio, trascina lo spettatore verso un sentimento empatico e compassionevole, da renderlo quasi come fosse una creatura da proteggere. Siamo lui, quando con l’utilizzo della percezione di personaggio, ne vediamo la vista totalmente offuscata dall’utilizzo di droghe e dalla disperazione, ed è lì che vorremmo aiutarlo, concedergli la possibilità di redimersi.

Deformità che ritornano anche nella fisicità e nei caratteri dei “Diavoli storpi” il gruppo di
partigiani che aiuterà Matilde nel suo peregrinare. Uomini distrutti dalla guerra, senza
occhi, senza braccia, dita, o gambe, ma con una voglia di combattere all’opposto integra e
più salda che mai. Uomini tutti d’un pezzo, uomini corposi, così come corposa ed
indimenticabile rimarrà la straziante “Bella Ciao” cantata proprio da uno di loro, Max il
Goppo.

Musiche da “Fiabe Sonore”

La voglia di Mainetti di concentrarsi su un qualcosa di totalmente rivoluzionario per il
nostro cinema lo si vede anche nella colonna sonora: «Il montaggio del suono è stato
infinito; ci abbiamo messo, credo, quattro mesi. Più di chiunque altro in Italia: più di
Giuseppe Tornatore con “Baarìa”. Solo per la scena della guerra è servito un mese e
mezzo». E questo lunghissimo lavoro lo si percepisce in ogni canzone che accompagna le
trasformazioni dei personaggi, dalle ballate, al suono truce degli spari e delle mitragliatrici,
ai clarinetti, ai tamburi, alle trombe, fino ai flebili movimenti d’ali delle lucciole. Suoni forti e musiche decise, musiche che ti invadono e che ti rapiscono come a tornare bambini. Forti come il parallelismo tra i rumori inquietanti della guerra ed il contemporaneo suono di Franz e del suo pianoforte, tanto dolce e così distante da ciò che lo caratterizza.

Freaks Out recensioneCara Roma…

Non solo poteri e magia. In Freaks Out si scorge, inoltre, uno splendido omaggio a Roma e al dialetto romano. Non è consentito nessun esercizio di dizione per gli attori, soprattutto per il personaggio interpretato da Pietro Castellitto, Cencio, che con le sue battute smorza i momenti di alta tensione, dando al film tanti piccoli respiri che ne arricchiscono il lavoro di sceneggiatura.

Vediamo Roma in tutta la sua bellezza e decadenza, distrutta dalle bombe e dal dolore
della guerra. Roma che con la sua luna illumina di un bianco candito le notti peregrine dei
protagonisti, e che con il suo sole riscalda ancor di più le secche strade in cui rimangono
soltanto i solchi di carrarmati tedeschi.

Freaks Out

Speciali effetti

Il coraggio di lottare contro il nemico a colpi di dolcezza e semplicità dei protagonisti, è poi
lo stesso coraggio che Mainetti ha messo nell’utilizzo degli effetti speciali. Dalla lunga
scena della battaglia degna dei kolossal del cinema americano, al movimento degli insetti,
delle lucciole, fino al petto elettrico di Matilde, alla luce che pian piano la pervade, ne
attraversa i visceri, ne mostra le vene, fino a scoppiare in un fascio di fuoco che le
permetterà di rinascere, di crescere e di diventare una donna.

È l’ora del cambiamento

Freaks out è un film così diverso da quello che vediamo nel panorama attuale del nostro
cinema da sembrare forse troppo ambizioso e quasi rischioso, per un pubblico abituato a
tutt’altro tipo di storie. Ma Mainetti fa bene ad osare, a condurci fuori dalla nostra comfort
zone, a iniziare ad intraprendere un viaggio che possa permettere al nostro cinema di
competere nel mondo.

È un film che nasce per la sala e che ha permesso perciò a tanti di tornare ad acquistare
un biglietto, a comprare quei tanto amati popcorn di cui si sente il profumo già dalle prime
immagini del film, a sedere su quelle poltrone così familiari e che per troppo tempo
abbiamo visto in fotografie piene di polvere.

Ed ecco di nuovo la magia del cinema e la magia di un film che non ha la presunzione di raccontarci la storia con la “S” maiuscola, ma una storia che parla di diversità, di emarginazione, del sapersi accettare con i propri difetti, si raccogliere creature speciali che senza la magia del circo apparirebbero semplicemente come mostri. Freaks Out è un film che sorprende ad ogni scena, nel quale ci si immerge, così come ci si immerge nella sensazione di frustrazione provata da Matilde e dalla sua impossibilità di abbracciare gli altri, altrimenti fulminati dalla sua scossa elettrica. Questa è stata la nostra stessa impossibilità di abbracciare gli altri durante l’anno e mezzo di pandemia appena trascorso, un tempo nel quale anche noi ci siamo sentiti diversi, esclusi, e lontani gli uni dagli altri. Ma come per lei, è il momento di rinascere, e di lasciarci trascinare da un nuovo stile di cinema che chissà in futuro dove ci porterà.

ALT! NON USCITE AI TITOLI DI CODA.

Vietato scappare, perché al termine di Freaks Out, come accompagnamento ai nomi delle grandi maestranze vengono mostrati dei trasognanti disegni abbozzati dei più importanti
avvenimenti che sarebbero successi dal secondo conflitto mondiale in poi, le visioni di
Franz o ciò che ne rimane.

Recensione a cura di Marta Pelo