A Ghost Story non è (solo) un film: è un lungo viaggio interpersonale fra i ricordi del passato, del presente e del futuro. 

Rooney Mara e Casey Affleck (premio Oscar per Manchester by the sea) sono i due protagonisti di questa pellicola unica nel suo genere ed estremamente toccante. Il loro amore viene mostrato nei primi dieci minuti iniziali attraverso scene di pura quotidianità, intrise di una tenerezza così calda da restare sottopelle per tutta la durata del film. 

Ma questa è solo la quiete prima della tempesta. La giovane coppia verrà presto spezzata dalla morte improvvisa di lui a causa di un incidente davanti al viale di casa. A partire da questa perdita prende vita la storia di un fantasma che vaga inerme tra le crepe del tempo e dello spazio, incapace di lasciare quel luogo così importante per lui, quella casa che racchiude la loro storia e il loro amore. 

A ghost story

Il pubblico si immedesima nello sguardo passivo di C., un protagonista fermo ed invisibile, che assiste impotente al dolore che la sua morte ha provocato nella vita dell’amata. Risulta affascinante la scelta del giovane regista David Lowery di rappresentare il suo fantasma così come lo disegnerebbe un bambino, con un sinuoso telo bianco e due grandi buchi neri al posto degli occhi. Eppure, sostenuto da un armonioso gioco di luci ed ombre, si riesce a scorgere la sagoma di C da sotto il lenzuolo, intento ad aggirarsi silenziosamente tra quelle mura, facendo da sfondo al triste vuoto che M. sta vivendo. 

Nessun nome a caratterizzare e identificare i due personaggi. In A ghost story Lowery riduce i suoi due protagonisti a delle semplici iniziali, probabilmente per evidenziare una loro temporaneità, sottolineata da un monologo intriso di toni drammaticamente filosofici che afferma quanto tutto ciò che siamo e che abbiamo fatto, prima o poi svanirà. 

Eppure, la memoria assume un ruolo chiave all’interno del film perché tutti noi “facciamo il possibile per vivere nei ricordi”, per lasciare un’eredità che venga ricordata e tramandata. La casa, in questo caso, è lo scrigno dei momenti passati, di un legame che ormai non vive più nel presente ma che è ancorato nella mente di chi l’ha vissuto. E se le persone diventano fantasmi, i luoghi invece sopravvivono all’avanzare impercettibile del tempo, veicolando emozioni e sentimenti indissolubili. 

A ghost story

Lo spettatore durante la visione del film è avvolto da un forte senso di oppressione, dovuto sicuramente alle inquadrature fortemente statiche, incorniciate da bordi arrotondati, e un uso del grandangolo pronto a conferire una forte originalità al film stesso. La scelta peculiare del regista di girare il film a 33 fotogrammi permette allo spettatore di vivere la pellicola come se stesse sfogliando un album di vecchie fotografie, dando adito di soffermarsi pazientemente su tutti i dettagli che gli vengono mostrati, dalle vaste distese dei campi illuminati dai colori del sole, agli accurati primi piani dei personaggi che si susseguono. 

Menzione d’onore va a Rooney Mara, profonda e introspettiva in un piano sequenza che metterà a dura prova la sensibilità dello spettatore. I colori cupi e bui alimentano la tensione scena dopo scena, tanto che anche il telo di C. – inizialmente di un color bianco candido – finisce per macchiarsi di un grigio scuro, come se venisse appesantito dall’angoscia e dal lento scorrere del tempo. 

Cè un silenzio pesante, ferito, che avvolge tra le sue braccia l’intera pellicola: pochi i dialoghi che accompagnano il suo sviluppo, lasciando spesso spazio a una colonna sonora essenziale che conferisce un forte brivido alla storia. 

Did you sleep too much? All the awful dreams, felt real enough recita un pezzo della canzone “I Get Overwhelmed” che M. ascolta stesa sul pavimento commuovendosi teneramente mentre ripensa al suo compagno, come se fosse un brutto sogno dal quale non riesce a svegliarsi. La musica è ciò che le permette di ricordare, è ciò che la fa sentire ancora legata a lui e grazie ad uso impeccabile dei flashback, lo spettatore vive insieme a lei momenti persi, non più tangibili, per quanto vicini essi siano. 

A Ghost Story non è una storia d’amore ma una storia sull’amore, sul destino, sulla perdita, sull’attesa e sui fantasmi che un’assenza può causare. 

Recensione a cura di Sara Colucci