Ancora auguri per la tua morte, la recensione del sequel con Jessica Rothe

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Ancora auguri per la tua morte
Jessica Rothe in Ancora auguri per la tua morte
Ancora auguri per la tua morte
Ancora auguri per la tua morte – Happy Death Day 2U
Vi siete mai chiesti come mai la struttura narrativa di “Ricomincio da capo” piaccia così tanto al cinema? Un personaggio si sveglia, vive la giornata fino a un momento di scissione forte che lo riporta… all’inizio.
Ci sono due ipotesi. La prima è che questa struttura circolare richiama da vicino il lavoro sul set: un attore recita la propria battuta. Stop, taglio, si ricomincia. Motore, azione e si riparte, pronuncia la stessa battuta, questa volta con una consapevolezza diversa. Al terzo tentativo magari si tenta una diversa posizione di macchina, al quarto si prova a uscire dagli schemi della sceneggiatura. È inevitabile, quindi, per chi passa molte ore a girare un film, cadere nella tentazione di questo dispositivo narrativo. 
La seconda ipotesi è che l’eterno ritorno dell’evento piace al cinema perché permette di abbattere molti costi e creare una storia semplice, comprensibile da tutti, che diventa immediatamente familiare. Ricreare uno stesso momento per più volte, con piccole mutazioni, è sicuramente meno costoso che cambiare comparse, tempo e luogo. Un flashback costa molto di più rispetto a una scena fatta due volte. È forse per almeno uno di questi due motivi che, in pochi mesi abbiamo visto prodotti come Prima di Domani o la serie Russian Doll.
Ancora auguri per la tua morte è il seguito del fortunato Auguri per la tua morte, film che riusciva a offrire 90 minuti di leggero intrattenimento con qualche brivido horror. Tree Gelbman (Jessica Rothe) è un’adolescente insoddisfatta della propria vita. Quello che deve affrontare sembra l’ennesimo, banale compleanno, ad eccezione del fatto che, quando improvvisamente viene uccisa da un assassino con la maschera da bambino, si risveglia nel suo letto e deve ricominciare la giornata da capo. 
Ancora auguri per la tua morte
Jessica Rothe in Ancora auguri per la tua morte
Va detta una cosa: Ancora auguri per la tua morte è più godibile se visto back to back con il primo film, considerando che la trama è praticamente identica (Tree crede di essere uscita dal loop ma non lo è) con qualche piccola alterazione. Il cuore dell’operazione sta nel cambio di prospettiva rispetto agli eventi noti. Il regista e sceneggiatore Christopher Landon non butta via ciò che era stato guadagnato con il primo film ma lo amplia, aumentando la dose di commedia e il gusto del paradosso. La struttura circolare, che, talvolta, permette a molti sceneggiatori di “vincere facile” in funzione della sua semplicità, si ribalta e diventa, in questo caso, il peggiore difetto del film. Per giustificare l’esistenza di questo seguito Landon ingarbuglia la trama all’inverosimile, somma situazioni totalmente differenti, non solo come tono, ma anche come personaggi coinvolti, luoghi e vicende, senza trovare mai la compattezza che il genere offre. Auguri per la tua morte oltrepassa le soglie del citazionismo e mantiene intatta la confezione. L’impaginazione è classica, tradizionale per il cinema commerciale, e sfrutta diversi registri per creare una commistione vivace e ritmata, adatta alle esigenze e al target del pubblico. Se lo spunto narrativo su cui si reggeva il film del 2017 era il Ricomincio da Capo di Harold Ramis, nel sequel il regista alza l’asticella con l’inserimento di nuove soluzioni, nuove variazioni sul tema dei viaggi nel tempo: è Ritorno al futuro (come suggerisce il poster appeso in camera) il punto di partenza da cui poi si materializzano omaggi a Clerks 2 di Kevin Smith (con una battuta ripresa parola per parola) e a Scream di Wes Craven (sebbene in salsa totalmente innocua).
Ancora auguri per la tua morte è quindi un film che tradisce sé stesso, che pensa in grande in un genere nato per pensare in piccolo, che vuole strafare espandendo una storia che già dava l’impressione di avere tirato troppo la corda. Un merito indiscutibile? Non avere mai promesso nulla di ciò che è. Difficile che il pubblico rimanga deluso. Ma forse è meglio non cadere ancora nella tentazione del loop.
Attenzione: rimanete in sala fino ai titoli di coda. Una scena post-credit vi attende.
G. Lingiardi-A. Rurali