Captain America: Civil War e la metafora di Sentry

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The Sentry sulla cover della serie a fumetti New Avengers #24- Art by Adi Granov
The Sentry sulla cover della serie a fumetti New Avengers #24- Art by Adi Granov
Parlare di Captain America: Civil War evitando spoiler è più semplice del previsto, basta usare una metafora. Nell’universo a fumetti Marvel esiste un personaggio poco conosciuto ma di grande interesse narrativo: Sentry. L’alter ego di Robert “Bob” Reynolds ha il potere di “un milione di soli che esplodono”, è quasi un Dio, ma è destinato a combattere in eterno la sua nemesi, Void, da lui stesso creata come sorta di compensazione del suo infinito potere. Per ogni individuo salvato Void ne uccide un’altro. Per ogni buona azione di Sentry, il suo lato oscuro crea un problema.
Captain America: Civil War è come Sentry, un film che si articola dividendo tutto in due parti opposte e complementari, sia a livello di struttura narrativa (è diviso in due parti molto differenti), che di fazioni dei supereroi (Cap e Iron Man), sia a livello di ambizioni (intrattenere ma fare lavorare il cervello) che di atmosfere (la pazza gioia Marvel incontra il litigio) e riesce a trovare la pace dei sensi solo alla fine della corsa.
Il cinecomic è un prodotto insolito per i Marvel Studios, non certamente oscuro ma sicuramente più maturo e ambizioso. I fratelli Russo, tra i registi Marvel che meglio riescono a interpretare le scene d’azione, strutturano il film secondo due nuclei ‘sintattici’ che sembrano appartenere a due generi diversi. La prima parte si avvicina ad un thriller politico, delinea i motivi del conflitto prendendosi tutto il tempo (forse troppo) per risultare credibile, e conduce lo spettatore verso il climax della seconda parte. Il finale occupa quasi l’ultima ora della pellicola e sfoga le sensazioni, i ragionamenti accumulati fino ad ora, in modo adeguato alle aspettative. L’azione è brutale – attenzione, non impressionante ma decisamente sentita- come raramente si era visto in una produzione Marvel al cinema. La rabbia dei protagonisti è infatti autentica e comprensibile.
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Lo scudo di Captain America e la maschera di Iron Man
Questo grande lavoro fatto in sceneggiatura sulla costruzione drammatica penalizza però quello che è il “Void” del film, il suo punto debole, ovvero il ritmo. Ad una prima visione Civil War costringe lo spettatore ad attendere la scena successiva, a proiettarsi costantemente con l’immaginazione verso la conseguenza delle azioni dei supereroi. È difficile venire appagati da ciò che si vede nella prima ora se non in funzione di ciò che succederà poi. Se The Winter Soldier riusciva ad incanalare la sua potenza in modo uniforme grazie a 3-4 colpi di scena ben alternati nel racconto, Civil War se ne concede solo uno – veramente efficace – che dà al finale uno slancio drammatico notevole. Il blockbuster dei Russo è talmente legato al suo scontro finale da sacrificare la corrente di adrenalina nella prima parte.
Il terzo stand-alone dedicato a Captain America – che in realtà è la perfetta sintesi di un progetto corale più che individuale – prende avvio immediatamente dopo i fatti di Avengers: Age of Ultron, tanto da sembrarne un seguito diretto. Il film ne attinge i temi, li prosegue ma li sviluppa, inaspettatamente, secondo una prospettiva più intima e meno globale. Ecco qui il dualismo, il fascino, la sorpresa, ma anche la possibile delusione, per qualcuno, di questo Civil War: la” guerra civile” del titolo è, contrariamente alle aspettative, più una battaglia psicologica che un conflitto effettivo. L’azione non provoca quel piacere estatico a cui siamo abituati, ma è amara, è trattenuta come lo sono i personaggi stessi. Una delle trovate più interessanti del lungometraggio, e forse quella più spiazzante, è raccontare lo scontro attraverso i tentativi dei protagonisti di non farla iniziare, di caricare i pugni e gli spari di un peso drammatico proprio in funzione del significato che questi hanno nella storia più grande, nell’affresco del Marvel Cinematic Universe. Come Sentry dipende da Void, così anche Civil War non può essere gustato appieno senza conoscere tutti i film che l’hanno preceduto. È un merito? È un difetto? Sta allo spettatore stabilirlo.
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I supereroi schierati in battaglia in Captain America: Civil War
Sicurezza e libertà, fini e mezzi, governo e popolo, sono altri basi argomentative che vanno a costituirne il forte dualismo. Non siamo in un campo particolarmente originale, ma i fratelli Russo riescono a trasporre bene i temi presenti all’interno del fumetto, da cui prende le mosse il film per poi attualizzarlo. Se nelle tavole di Mark Millar e Steve McNiven si respirava ampiamente il clima post 11 settembre, nel cinecomic il senso di pericolo e di precarietà diventa un’allegoria del terrorismo attuale, quello mediatico, separatista e accanito sui principi fondamentali su cui si regge la civiltà occidentale. È questo forse il punto più forte di Captain America: Civil War: l’intera vicenda, il dilemma morale, riesce a parlare alla vita reale facendosi specchio di essa. Il nemico questa volta è in casa, si insinua nella mente, fa crollare le convinzioni e logora dalle membra intestine un meccanismo di potere solo apparentemente indistruttibile. Senza fare troppa politica e troppa poesia (siamo sempre di fronte ad un film di intrattenimento) possiamo dire che Civil War parla all’America e alla sua politica estera; rappresenta il terrore nelle strade europee dopo Charlie Ebdo e gli attacchi dell’ISIS (non a caso tutti gli eventi dei precedenti film sono riproposti dall’occhio di un cellulare di una persona comune) e anticipa scelte che dovranno essere prese nell’immediato futuro: a quanta libertà siamo disposti a rinunciare per la sicurezza?
La pellicola diretta da Anthony e Joe Russo funziona alla grande ma non per i motivi che ci saremmo aspettati: è un film basato più sulla sceneggiatura più che sulle botte; è un film intimo e psicologico anziché epico; è un racconto di supereroi colorati e giocosi che lascia un velo di amarezza.
I personaggi sono ben gestiti anche se, rispetto alla gestione Joss Whedon, Occhio di falco (Jeremy Renner), Visione (Paul Bettany) e Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen, belli i suoi poteri…e non solo) sembrano fare un passo indietro come complessità caratteriale. Tony Stark (Robert Downey Jr.) e Steve Rogers (Chris Evans) sono un piacere da vedere, sono credibili e divertenti. Carismatico e misterioso, Pantera Nera (Chadwick Boseman) è straordinario fino a che non parla (i suoi dialoghi sono fin troppo accorti e giudiziosi come la saggezza del Wakanda), ma il suo alter-ego viene introdotto con stile e intelligenza. Ant-Man (Paul Rudd) e Falcon (Anthony Mackie) sono sempre i più simpatici e hanno le battute migliori fino a che non entra in scena… Spider-Man (Tom Holland). Probabilmente avete sentito rumor a riguardo, avete letto numerose dichiarazioni della stampa americana, ma Peter Parker è veramente la cosa migliore di Civil War, un adattamento perfetto dell’Uomo Ragno con dialoghi presi dalle vignette di Stan Lee e una caratterizzazione inedita, con un modus operandi che mai si era visto nelle precedenti trasposizioni. A proposito di stile: Vedova Nera (Scarlett Johansson) combatte come un ragno che imprigiona la sua vittima tra le proprie zampe, la si vedrebbe lottare per tutto il tempo.
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L’Uomo Ragno di Tom Holland in Civil War
Ci sarebbe molto altro da dire su Captain America: Civil War, ma dovremmo entrare in territorio spoiler. Per ora i fan sappiano che possono stare tranquilli, il film è bello, forse non il migliore Marvel di sempre ma sicuramente un blockbuster ben confezionato. Non è quello che ci si aspetta vedendo i trailer, questo sicuro, motivo per cui è vivamente consigliata la visione a mente libera, con la memoria azzerata da ogni materiale promozionale visto sino ad ora. Bisogna avere la voglia di entrare in profondità nell’intreccio dei dialoghi, che sono il motore del film e, per un cinecomic dal budget stratosferico, non è poco!
Ora sta a voi, in sala, decidere se restare affascinati dal “lato chiaro”, dal prode Sentry, dal’eccellenza su un terreno già battuto, o dal lato oscuro, da quel Void che distrugge tutto ciò a cui la Marvel ci ha abituati e ci lascia con una malinconia inusuale.
Non vi resta che scegliere da che parte stare e godervi fino in fondo l’ultima incredibile avventura taragata Marvel Studios.