L’inceneritore in cui è finita l’umanità … in un film

L’opera “surreale” presentata alla Mostra di Venezia nel 1984 ma mai uscita nelle sale. Scopriamone di più insieme al regista e ad altri protagonisti di una vicenda vera ma assurda.

Articolo a cura di Christian Dalenz
PARTE PRIMA

La Mostra del Cinema di Venezia dell’annus horribilis 2020 ha proposto tanti temi interessanti. Da apprezzare soprattutto la tendenza a mostrare gli orrori della guerra, della povertà e del razzismo con film come Notturno, Nomadland e One Night in Miami. Mancava però un film che trattasse l’argomento dei destini ultimi dell’umanità in maniera metaforica, proprio in un anno in cui l’alienazione del distanziamento sociale che stiamo vivendo ha imposto domande sul senso ultimo della convivenza tra gli esseri umani. Eppure anni fa una pellicola che provava a farlo alla Mostra c’è stata: L’Inceneritore.

Partiamo dalla trama: in una Padova oscura e decadente avvengono una serie di misteriosi omicidi a seguito dei quali i malcapitati vengono insaccati in buste dell’immondizie e gettati nei cassonetti per finire poi nel misterioso inceneritore fuori città.
Una visione cinematografica che purtroppo proprio lo scorso aprile è diventata almeno in parte reale in alcune parti del mondo. Per esempio a Guayaquil, la città ecuadoriana più colpita dalla Sars-Cov2, il sistema funerario è collassato e parte dei morti da Covid19 sono stati buttati in sacchi della spazzatura o bruciati per strada.

Sui luoghi dei delitti della nostra storia vengono lasciate solo le famose statuine delle tre scimmiette “non vedo, non sento, non parlo”.

Santini e depliant delle tre scimmiette che si vede dopo ogni omicidio ne L’Inceneritore. Il simbolo si trova in un santuario scintoista giapponese, ma si ritiene che le sue origini provengano dalla scuola buddista Tendai.

Con il proseguire della storia si capirà che purtroppo non c’è un solo assassino.

Del cast sono piuttosto noti tre attori in particolare: Flavio Bucci, all’epoca già diretto da Elio Petri in La classe operaia va in Paradiso e La proprietà non è più un furto, da Dario Argento in Suspiria, da Mario Monicelli in Il marchese del Grillo e anche protagonista di uno sceneggiato Rai sul pittore Antonio Ligabue; Ida Di Benedetto, anch’ella già diretta da Monicelli ma in Camera d’Albergo, protagonista di vari film con Werner Schroeter e Salvatore Piscitelli oltre che attrice di teatro con Giorgio Strehler, tra gli altri; e infine Richard Benson, il simpatico chitarrista e showman italo-inglese, autore anche dell’insuperabile colonna sonora.
Da non dimenticare però nemmeno Alessandra Delli Colli, in arte Alexandra Gronski. Veniva dalla prova di Lo squartatore di New York, considerato il giallo più violento mai realizzato.

Presentato nel 1984 in quella che allora era la sezione Giovani, intitolata a Vittorio De Sica e dedicata alle opere prime, L’Inceneritore è un film che qualcuno cataloga nel genere horror. Ma il suo autore, sceneggiatore e regista Pier Francesco Boscaro degli Ambrosi (d’ora in avanti PF) non è d’accordo. Ci ha spiegato che per lui è un’opera «drammaturgica e surreale».

Il bozzetto del significativo cartellone pubblicitario de L’Inceneritore, opera del valente artista Manuel Benetti, che avrebbe dovuto coprire i muri di mezzo mondo unitamente all’epigrafe …
La goliardica epigrafe de L’Inceneritore ideata da P.F. utilizzando la cornice di quella di sua nonna paterna Fausta, che diede il nome alla villa di famiglia, morta durante la “febbre spagnola”
Il regista PF nel 1982 in una pausa delle riprese del film

Le stesse vicende riguardanti la produzione e pubblicazione del film hanno del surreale. Le riprese girate a Padova nel marzo 1982 si interruppero a due settimane dalla conclusione per mancanza di fondi. Nel 1984, grazie all’arrivo dei finanziamenti, si riprese a filmare; ciononostante i danari non sono risultati sufficienti al fine di fare uscire la pellicola nelle sale. Solo durante il lockdown dovuto alla pandemia, nell’aprile 2020, il film è diventato finalmente visibile a tutti. Qualcuno è infatti riuscito a recuperarlo, non si sa come e da chi, per venderlo a degli appassionati che infine lo hanno pubblicato su YouTube, all’oscuro del produttore e del regista.

Molti degli avvenimenti riguardanti la realizzazione e la produzione del film sono stati ampiamente raccontati nel blog creato da un amico del regista; in questa sede, oltre a riassumere per sommi capi la storia della pellicola, daremo ulteriori dettagli su tutta la vicenda. Li abbiamo recuperati dopo l’incontro che abbiamo avuto con lo stesso regista a Ca’ Fausta, la sua villa di famiglia a Padova, oltre che grazie ad alcune interviste fatte a vari protagonisti di questa storia.

Ingresso di Ca’Fausta, la casa di PF
Pier Francesco Boscaro degli Ambrosi

Il regista era, all’epoca dei fatti, un giovane non ancora quarantenne e animato dalle migliori intenzioni che si dichiarava figlio d’arte; un riflesso della madre poetessa, come affermato nell’intervista rilasciata nel 1982 alla nota giornalista Berenice (pseudonimo di Jolena Baldini) per Paese Sera.

l'inceneritore prima parte
Intervista della giornalista Berenice, famosa critica cinematografica scomparsa nel 2009, a PF. Paese Sera, 1982

Proviene da una famiglia aristocratica, il cui capostipite è addirittura Ambrosio Aureliano, leader di guerra romano-britannico che difese il suo popolo dagli anglosassoni; secondo alcune fonti non solo avrebbe fatto costruire Stonehenge, ma sarebbe proprio lui il leggendario Re Artù, la cui identità viene invece attribuita dalle fonti di Pierfrancesco al fratello di Ambrosio, Uther.

Ca’ Fausta, la villa della famiglia Boscaro degli Ambrosi, le cui fondamenta sono state posate nel Cinquecento, ha visto passare ospiti di calibro storico quali Galileo Galilei, Giordano Bruno e il giovane Giuseppe Sarto poi Papa Pio X. Una casa dove ancora oggi, secondo il regista, vivono alcuni spiriti che suo padre cercò di placare facendo scolpire una scritta nell’atrio d’ingresso.
La madre di Pier Francesco si chiamava Angela Maria Sacchetto; un suo sonetto, La notte dei santi del 21, ha folgorato nientemeno che Gabriele D’Annunzio, il quale scrisse in una nota conservata negli archivi Boscaro degli Ambrosi di sentirsi “umiliato da siffatta arte, prostrato a cotanto fascino, prono alla sublime bellezza”.
Vari i documenti che il regista conserva con grande cura nella sua villa che attestano tutto ciò.

l'inceneritore prima parte
Il biglietto di D’Annunzio pervenuto ad Angela Maria attraverso l’amica Lucia Giusti, nel cui palazzo padovano pernottò D’Annunzio prima di imbarcarsi per il famoso “volo su Vienna”

«Se vuoi fare l’artista, preparati a soffrire», disse papà Vittorio a PF quando questi volle studiare regia e sceneggiatura. Ma il figlio riuscì comunque a diplomarsi da regista e durante il tirocinio di osservatore alle riprese ebbe modo di passare sui set di Pupi Avanti, Mario Monicelli e Federico Fellini.

Inoltre da studente si manteneva facendo il pittore, arrivando anche ad esporre nella Galleria dei Longobardi a Milano. Una passione che ha portato avanti fino ai nostri giorni, con quadri dedicati a politici quali quello realizzato per il presidente della provincia di Padova e quello per Silvio Berlusconi, che ancora attende di essere consegnato dopo che lo stesso ex-Cavaliere aveva mostrato interesse nell’ormai lontano 2001.

l'inceneritore prima parte
Il quadro di PF per Silvio Berlusconi

Il quadro che PF ha preparato per Silvio Berlusconi ha una storia del tutto particolare: il regista ne propose l’acquisto allo stesso Berlusconi durante la visita dell’allora premier a Padova, e l’ex Cavaliere pare fosse intenzionato a comprarlo. Ma dopo che PF lo consegnò ad alcuni imprenditori veneti a lui vicini, se ne persero le tracce per diversi anni finché infine il regista non riuscì a recuperarlo nelle non buone condizioni in cui lo vediamo nella foto qui sopra.

Una delle prime opere da regista e sceneggiatore di PF fu un cortometraggio prodotto nel 1977 con soggetto la poesia di Salvatore Quasimodo Ed è subito sera, dove in tre scene viene raccontata la storia di un campanile e del suo campanaro a partire dall’infanzia fino alla vecchiaia di quest’ultimo. Il corto partecipò alla Mostra di Montecatini Terme dove però, stando a quanto ci racconta PF, non fu premiato per volontà del giurato Tinto Brass. Nel 1997 la rivincita: Ed è subito sera vinse la Coppa Città di Padova al Concorso Gattamelata.
Tra il 1978 e il 1979 PF scrisse un progetto dal grande potenziale: Addio Marco, dove riuscì a coinvolgere come attori un giovane Miguel Bosé oltre che Ingrid Thuling, l’attrice-musa del grande regista Ingmar Bergman.

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Foto di portfolio raccolte da PF durante la lavorazione di Addio Marco. A sinistra Ingrid Thuling, a destra Miguel Bosé

Sia Thuling che Bergman pare fossero entusiasti del progetto, che però perse la produzione per problemi politici. Infatti, i finanziatori erano imprenditori iraniani vicini allo Scià Reza Pahlevi i cui beni vennero sequestrati durante la Rivoluzione sciita del 1979, proprio poco prima di involarsi per Roma e firmare l’accordo per il film. E così non c’erano più i soldi per Addio Marco.

L’Inceneritore: la genesi dell’opera e il cast

PF ebbe ancora un’altra opportunità per rifarsi. Fondò la Ambrofilm con Enrico Vendramin e come primo obiettivo i due pensarono a una commedia dal titolo La notte del redentore. Anche questo progetto non trovò finanziamenti, secondo il regista «perché alquanto ardita e troppo bella», ci confida ironizzando. Ma i due non demorsero e provarono ancora. PF ebbe dunque l’idea di realizzare un film che considerava straordinario: L’Inceneritore.

I finanziamenti questa volta sembravano esserci. Una cordata di imprenditori padovani, tra cui il “re” della grappa Dario Bonollo, credeva fortemente in questo progetto che avrebbe coinvolto l’intera città durante la sua lavorazione. Inoltre la produzione incassò anche il consenso dello Stato per ottenere denaro dai fondi destinati alle opere prime: ben 150 milioni di lire, che però non arrivarono prima di due anni, causando così vari disagi al produttore, al regista e alle riprese, che si dovettero sospendere. Molti attori vennero ingaggiati nella stessa Padova; in particolare molte comparse, ma anche attori principali come i ragazzi incestuosi e il loro nonno.

l'inceneritore prima parte
Comparsa (teppista)
Comparsa (dandy)

 

A destra il “nonno” (Pietro Francescato) e a sinistra il “nipote” (Antonio Scapinello)

Ma i big PF li cercò a Roma. Per il ruolo del gobbo, personaggio tragicomico le cui vicende si intersecheranno con vari e sfortunati altri padovani, pensò inizialmente a Gigi Proietti. Lo conobbe in una festa presso la sua abitazione e gli offrì il ruolo. Proietti sembrò entusiasta e gli chiese che il copione gli venisse al più presto inviato. Pochi giorni dopo, però, il regista ebbe la possibilità di avere un colloquio più approfondito con Flavio Bucci, che lesse immediatamente il copione e accettò il ruolo.

Flavio Bucci, 1982.

Ricorda il regista sull’indimenticato Bucci: «Aveva un carattere difficile da gestire, e io sentivo una grande riverenza verso di lui. Un giorno litigammo perché una sua improvvisazione mi era sembrata davvero eccessiva. Ma riuscimmo a fare pace e la nostra amicizia si rinforzò. Credo che lui volesse spronarmi a fare un ottimo film!».

Per il ruolo della contessa non c’erano molti problemi; Alessandra Delli Colli aveva già partecipato ad altri lavori con PF, dunque fu facilmente reclutata.
Ma quando le riprese de L’Inceneritore erano già cominciate mancava ancora nel cast un’attrice adatta al ruolo della prostituta mora. Le idee c’erano, ma c’era anche tanta indecisione su chi contattare di preciso.
Venne improvvisamente proposta sullo stesso set, dal suo agente che l’aveva convinta a partecipare al film, una giovane ma già sufficientemente navigata attrice napoletana: Ida Di Benedetto. Il regista ci pensò un po’ e poi decise che lei andava bene e che sarebbe stata la prostituta nel film.

Ida Di Benedetto
Il curriculum di Ida Di Benedetto visionato da PF

Ida Di Benedetto ci ha gentilmente rilasciato un’intervista (disponibile a questo link), dove ci ha raccontato di come fu coinvolta nel film.

Secondo il regista, Di Benedetto gli chiese di scrivere una sceneggiatura intorno a lei, perché lo stimava molto. Ma lei non ricorda questo particolare, quanto di un altro: PF le regalò un vaso di cristallo, che si è rotto durante un trasloco proprio nel 2020 (lo ha raccontato anche a Il Manifesto).

(Tutte le foto provengono dall’archivio Boscaro degli Ambrosi, per cortesia di Pier Francesco Boscaro degli Ambrosi)

L’inceneritore: tutti i segreti del cult padovano – Prima parte

(fine parte prima)
Articolo a cura di Christian Dalenz

Qui sotto la seconda parte dello speciale.

L’Inceneritore: tutti i segreti del cult padovano – Seconda parte