L’inceneritore in cui è finita l’umanità … in un film

L’opera “surreale” presentata alla Mostra di Venezia nel 1984 ma mai uscita nelle sale. Scopriamone di più insieme al regista e ad altri protagonisti di una vicenda vera ma assurda.

Articolo a cura di Christian Dalenz
PARTE SECONDA
(qui la prima parte)
L’inceneritore: la colonna sonora

Sempre mentre era di passaggio a Roma, un giorno Per Francesco incrociò sull’autobus un ragazzo poco meno che trentenne con capelli lunghissimi e la faccia truce. Trovandolo adattissimo per i suoi progetti, gli chiese di collaborare insieme in qualche progetto.
Il ragazzo era Richard Benson, un musicista e giornalista musicale che aveva lavorato in radio presso la Rai e che ora stava esplorando il mondo delle tv private. Un giorno si incontrano di nuovo alle poste, per caso. Richard era vestito da metallaro, come del resto sempre andava in giro, ed era insieme a quella che allora era sua moglie, Maria Antonietta Capacci. E spiega a PF di essere anche un musicista. A quel punto, il regista gli chiede di partecipare a L’Inceneritore come comparsa e gli dà la possibilità di elaborare un brano per la colonna sonora, rispetto alla quale stava ancora valutando diverse possibilità.

l'inceneritore film
Richard Benson attorniato dalla band di teppisti da lui comandata nel film

Ed infine, dopo una riflessione sulle varie proposte giunte, sarà proprio Incinerator, il brano di Richard Benson, ad essere scelto (qui il link).

Benson elaborò insieme a un importante compositore della Cam, Aldo Tamborrelli, un brano molto ambizioso, dall’ispirazione metal ma arrangiato nella sua apertura con un coro dalle tinte più classiche che sembra inseguire l’opera di Ennio Morricone. I vocalizzi di Anna Maria Caputi (la cantante che si ode all’inizio che poi, ci racconta Benson, abbandonò la musica) ricordano quelli di The Great Gig in the Sky, storico brano dei Pink Floyd.

Ecco qui una nostra intervista allo stesso Richard Benson, che ci racconta qualcosa di più su questa sua esperienza.

Benson e PF fecero anche amicizia; ciascuno ospitò l’altro nella rispettiva casa. Inoltre a Roma ogni tanto Richard portò PF ad alcuni suoi concerti.

Richard Benson, 1982.

Per effettuare l’assolo sul brano, Benson sceglierà un suo giovane amico, chitarrista heavy metal come lui, con il quale usava passare molto tempo a confrontarsi sui nuovi dischi e sulle tecniche da usare sulla sei corde.

Lui si chiama Simone Sello, ed oggi è uno dei professionisti più richiesti in Italia e negli Usa; basti ricordare che ha collaborato con musicisti del calibro di Billy Sheehan e di Vasco Rossi, e che ha a lungo lavorato per la Disney. Il suo contributo in questo brano ha rappresentato il primo lavoro della sua carriera da musicista per cui è stato pagato.
Lo abbiamo sentito per voi. Ecco qui la videointervista a Sello, che ci racconta della sua carriera, di come è stato coinvolto in questa colonna sonora e della seduta di registrazione di Incinerator in cui partecipò (qui la videointervista a Sello).

Era un periodo di fermento artistico quello, per Benson. In quegli anni usciranno alcuni suoi singoli tra cui Animal Zoo, realizzato anch’esso con la Cam e utilizzato per la colonna sonora di un altro film presentato a Venezia sempre nel 1984: In punta di piedi (qui il link ad Animal Zoo).

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Manifesto pubblicitario della Cam con le due opere musicate da Richard Benson, che però non compare con il suo nome
L’Inceneritore: il film fallisce

A questo punto tutto sembrava essere pronto perché le riprese andassero serenamente in porto.

PF impegnato con un attore durante la lavorazione del film. In secondo piano il prof. Carlo Montanaro, direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia, che diede largo contributo alla realizzazione dell’opera.

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Parte del cast. Non disponiamo dei nomi delle persone all’estrema destra e all’estrema sinistra. Al centro troviamo, a partire da sinistra: il regista PF, lo scenografo Lorenzo Forin, Ida Di Benedetto. In basso Flavio Bucci e Alessandra Delli Colli (in arte Alexandra Groski)

Purtroppo però non successe proprio questo: i costi lievitarono anche per via di molte richieste della troupe, e non bastavano più per alcune richieste che PF aveva. Ad esempio, era previsto che durante la scena del bagno del nonno con i nipoti si alzasse dalla vasca del vapore acqueo; si pensava che nella scena in cui i teppisti capitanati da Benson si presentano a casa della contessa ci fosse un cassonetto dell’immondizia dove buttare vari corpi; Benson avrebbe dovuto inoltre portare un guanto che aveva la possibilità di sfoderare una lama. Tutte opere incompiute però, secondo PF, «più per svogliatezza che per via della mancanza di fondi».

Nel 1983 i soldi finiscono del tutto; i finanziamenti statali ancora non sono giunti e anche la Ambrofilm fallisce. A questo punto la Solar, una delle imprese finanziatrici del film, propone che a guidare la produzione subentri Bruno Sanguin, un imprenditore che si dichiara “finanziere di livello internazionale”. Il regista era però perplesso su di lui, perché sapeva che la sua ricchezza non andava molto oltre una pizzeria ereditata dalla famiglia.
Scettico su questo modo di presentarsi da parte di Sanguin era anche Pino Nicotri, allora giornalista per L’Espresso e contattato per occuparsi dell’ufficio stampa del film.

Nonostante tutto, nel 1984 le riprese vengono portate a termine, seppur con qualche taglio. Ad esempio nel finale, rispetto al quale ci limitiamo a dire che coinvolge intere strade di Padova e che avrebbe dovuto includere anche il famoso inceneritore, il quale però è stato escluso da queste scene. Inoltre, PF venne estromesso dalla fase di montaggio: secondo il produttore, non era nelle condizioni di salute adeguate. Gli fu addirittura promesso che sarebbe stato il fratello di Marcello Mastroianni ad occuparsi di questa parte della realizzazione del film.

Si riuscì a portare la pellicola alla Mostra di Venezia del 1984, con un montaggio non ancora ultimato e che PF in seguito ripudierà perché lo considerava pessimo. Ma il film miete comunque complimenti; in particolare da Burt Lancaster, come ci racconta il regista («Addirittura mi invitò ad andare a trovarlo negli Usa!», ci dice).

Il meccanismo però si blocca proprio nell’ultimo passaggio, quello della distribuzione. E questo perché il produttore Bruno Sanguin aveva terminato i fondi.

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Il secondo e ultimo produttore de L’Inceneritore, Bruno Sanguin.

Nel 1985 Sanguin cercherà di farsi aiutare da Pino Nicotri a promuovere la causa del film presso il Maurizio Costanzo Show per ovviare ai problemi finanziari. Un giornale dell’epoca racconta che Nicotri avrebbe truffato Sanguin, perché in realtà non si sarebbe minimamente mosso nel senso concordato.

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Articolo del 1985 che racconta di una truffa di Pino Nicotri ai danni di Bruno Sanguin.

Noi abbiamo intervistato Nicotri per voi, e la sua versione è del tutto diversa. Il giornalista, che vanta una lunga e onorata carriera durante la quale ha scritto importanti inchieste, sostiene che in realtà aveva convinto Costanzo ad ospitare Ida Di Benedetto in una puntata del suo show (più precisamente, quella del 26 novembre 1985, stando ad appunti del regista) per raccontare il film chiedere pubblicamente aiuto perché fosse distribuito; ma lei si sarebbe offesa del fatto che le era stato destinato un posto in piccionaia e non in prima fila, e se ne sarebbe andata sdegnata prima che Costanzo la potesse presentare.

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Un appunto di PF riguardante la puntata del Costanzo Show in cui si sarebbe dovuto parlare del film. Da altri accertamenti fatti da documenti in possesso del regista, l’anno è risultato essere il 1985.

Qui l’intervista al giornalista Pino Nicotri.

Ida Di Benedetto non ci ha confermato questa versione; oltre a non ricordare l’episodio, ritiene che vista la sua amicizia con Costanzo questi mai l’avrebbe messa a sedere in piccionaia.
Sanguin ci ha invece confermato la versione secondo la quale Nicotri lo avrebbe ingannato e che al Costanzo Show ci sarebbe dovuto andare lui. Ma non tutto quanto riportato nell’articolo dell’epoca; la denuncia non sarebbe mai partita perché l’avvocato di Sanguin gli consigliò di lasciare perdere.

Nel 1986 PF pretende di occuparsi personalmente del nuovo montaggio del film e viene accontentato. Si riesce anche ad organizzare una visione privata a Roma con persone che hanno partecipato alla realizzazione, come ci ha raccontato Simone Sello. Ciononostante, ancora non si riusciva a trovare un distributore; del resto non si usa contrattarne uno a riprese terminate. Originariamente era stata assunta la Doria a tale scopo, ma con il fallimento di Vendramin anche questo contratto era saltato in aria.

Nel 1988 il regista decise di passare alle maniere forti. Ci pensava già da anni e ne aveva parlato spesso con Benson: l’idea era quella di salire sul Colosseo per protestare contro la mancata distribuzione del film. Prima Sanguin inviò alcuni comuni amici alla Mostra di Venezia di quell’anno a distribuire un volantino e la storia del film.

Volantino distribuito dal regista e suoi amici al Festival di Venezia del 1988

Poi si decide di “andare in scena”. Qualche mese dopo infatti, con alcuni amici, PF riesce a salire sul Colosseo e a urlare il proprio disappunto per quello che stava succedendo. Gli viene promesso che qualcosa sarà fatto e i pompieri lo fanno scendere. Il tutto viene immortalato dalle telecamere e sarà trasmesso tre anni dopo da Rai3 all’interno di Allarme in Città, trasmissione dedicata proprio alle azioni dei vigili del fuoco. Viene anche ripreso Richard Benson, che rilascerà una dichiarazione di grande stima nei confronti del film e del regista.

Da questo momento in avanti la storia del film cade nel vuoto. Si tentò a più riprese di trovare i soldi e di far parlare del film ma non successe niente, se non nel 2008, quando si scrisse su qualche giornale de L’Inceneritore in occasione dei problemi di rifiuti a Napoli e nel 2011 quando si riuscì a organizzarne una visione pubblica nei pressi di Padova.

Articolo su Il Mattino di Padova del 2008
Articolo su Il Mattino di Padova del 2011 sulla proiezione del film avvenuta quell’anno a Cadoneghe (PV).
Conclusioni

Vogliamo lasciarvi con un commento che PF ha voluto rilasciare in merito al significato della sua opera. Eccolo qui:

«La Padova del mio Inceneritore è guastata dalla stessa pseudo-civiltà nella quale tutti ci crogiolamo nell’abbaglio di un’artefatta agiatezza che calpesta i valori primordiali profferti dalla natura. E con essi se ne vanno i maggiori pregi di questa nostra penisola fino a poco fa “Giardino d’Europa”, ora trasformata in un surrogato texano.
Gli italiani che dai due ai diciotto anni vengono affidati alla scuola obbligatoria dovrebbero uscirne innamorati di questo loro Paese e campioni di cultura, onestà e sensatezza. Invece oggi la scuola massimamente li addestra a diventare paladini di questo effimero benessere che offre loro tutto, rendendoli ingordi di saziarsi del niente!
Quello che da decenni sconvolge il Brasile, l’Africa, l’India e la Groenlandia non ci riguarda. Le massime istituzioni si limitano ad osservare. Preti, frati e leader, che Santa Romana Chiesa raduna ogni 4 ottobre ad Assisi prendendosi gioco del Poverello fanno poco più di niente! E i cinematografari meno ancora! Nel disintegro dei più basilari e sacrosanti valori, alla fine, non si salvano neppure i variegati personaggi del mio film resi angeli e demoni a un tempo. Il Nonno, che sulla pronosticata fine del mondo risponde: «Eeeh, la fine del mondo, la fine del mondo … se verrà vuol dire che ce la meriteremo»; i sui due nipoti Angela e Renatino che lo tormentano ostentando scherzosamente i loro innocui bacetti incestuosi; il bonario comportamento della fichissima “Sua Altezza serenissima la principessa Maria Fedora Borbona, padrona de Navarra y Castiglia y Siviglia y Aragona, vera unicissima discendente de Carlos el quinto!” che impersona un’aristocratica spagnola imborghesita, a suo modo moderna, caritatevole e cristiana … eccezion fatta per “el gobbo deformado e siempre muy libidinoso”, capace, però di compiere esperimenti strabilianti a seguito di una prestigiosa laurea al Massachussets Institute of Technology …. la Mora, infine, più che una battona professionale impersona una napoletana casereccia, alquanto pretenziosa ma affatto sguaiata e volgare.
Per questi limiti e per le loro qualità i personaggi che danno estro al mio film andrebbero assolti per il candore della loro amoralità che prescinde dai dogmi metafisici insiti in una religione manipolata e resa forte dal concetto di peccato».

Oggi, nel 2021, con la riemersione del film dal semi-dimenticatoio in cui sembrava essere stato riposto, ci è sembrato opportuno preparare questo speciale ad esso dedicato. Un film che sicuramente meritava molta più fortuna di quella che ha avuto, vista l’attualità dei temi che presenta.

(Tutte le foto provengono dall’archivio Boscaro degli Ambrosi, per cortesia di Pier Francesco Boscaro degli Ambrosi)

L’inceneritore: tutti i segreti del cult padovano – Prima parte