Abbiamo intervistato la giovane attrice Roberta Di Somma.
Ecco cosa ci ha raccontato!

Buongiorno Roberta! Quando e come nasce la tua passione per la Settima Arte?

Buongiorno Massimo, innanzitutto grazie per questa intervista e l’opportunità di parlare di quello che per me, oltre ad essere un lavoro, è una grandissima passione. L’arte in generale ha sempre avuto una enorme importanza nella mia vita e l’ho sempre sentita come il propulsore dell’energia che metto in ogni cosa che faccio, professionalmente e non. Per il cinema ho sempre avuto un debole fin da quando ero bambina e -sarà banale forse- vedevo i film con mio padre e condividevo questa passione con la mia amica del cuore Eleonora, che ha studiato e si è laureata per diventare aiuto regia e che ne approfitto per salutarla con tanto affetto. Il cinema è sempre stato per me la forma più pervasiva, se così si può dire, di arte.

È un’esperienza che avvolge attraverso tutti i sensi, a partire dalla vista con luci, fotografia, ambientazioni e tanto altro, la colonna sonora e le voci degli attori, e soprattutto la preziosa umanità nelle storie dei personaggi che attraverso lo splendido lavoro degli attori ci arriva e, personalmente, mi tocca e mi smuove sempre qualcosa di profondo. Insomma, come per ogni forma di arte di qualità, è un’esperienza estatica. Il periodo in cui ho iniziato a recitare più intensamente è stato relativamente tardi, a 18 anni, quando ho iniziato a seguire il mio primo corso di recitazione a Napoli. Ma quello di recitare è un sogno, anzi lo definirei quasi un impulso, che ho da quando ho memoria.

Al di là di alcune presenze in spot e video musicali, il tuo esordio, correggimi se sbaglio, avviene nel 2015, prima nel video Youtube “Cucina ad alta velocità”, e successivamente, in una piccola particina, nel divertentissimo “30 anni – Il sabato sera” dei The Jackal. Che tipo di esperienze sono state?

Le esperienze con i Jackal sono state forse le prime dal punto di vista più professionale. Avevo appena iniziato il corso di recitazione, avevo fatto spot e altro, ma quella con loro è stata la prima volta in cui vedevo così tante persone sul set dietro la macchina da presa. C’erano tantissime figure professionali, decine di persone che si occupavano delle cose più svariate (e che con il tempo ho imparato a conoscere personalmente) per pochi attori che erano in scena per una manciata di minuti. Tutto questo per giornate intere, dalla mattina fino alla sera. Fu davvero bello e stancante e inaspettato. Immagina dopo un paio di mesi che avevo iniziato il corso subito catapultata in un ambiente che avevo visto solo attraverso uno schermo! Indescrivibile, non lo dimenticherò mai.

L’anno successivo sei subito attrice protagonista del cortometraggio “L’amore ha i suoi tempi” di Maurizio Iengo e Brando Improta. Raccontaci qualcosa…

Quell’esperienza è stata tra le più divertenti! Quel video è stato girato in occasione del 72h di Terni, un concorso nel quale una squadra di “addetti ai lavori” (regista, fonico, sceneggiatore, direttore della fotografia e attori) deve creare da zero, con poche indicazioni date sul posto dai membri della giuria, un cortometraggio, rispettando tempi e regole date. Mi sono trovata a vivere un’esperienza con un gruppo di amici oltre che colleghi. In particolare, ci tengo a menzionare e salutare Brando Improta, un carissimo amico e bravissimo regista, attore e sceneggiatore con cui ho avuto il piacere di lavorare molto spesso.

Abbiamo creato un corto sui toni della commedia di cui io e Brando eravamo i protagonisti: una coppia alle prese con incomprensioni e litigi della quotidianità, e le aspettative di una relazione perfetta e idilliaca. Alla fine, si ritrovano nella leggerezza dei piccoli momenti e nei compromessi che sono necessari in una coppia e che forse sono proprio quelli che rendono le cose meno noiose. Alla fine, non abbiamo vinto ma ci è rimasto un corto a mio avviso molto carino, e un’esperienza costruttiva e molto divertente grazie alla quale ho avuto occasione di conoscere nuovi colleghi e amici.

Ancora protagonista in un’opera di Improta, sempre nello stesso anno, questa volta in un lungometraggio, “La vita è un girotondo”…

Sarò ripetitiva, ma anche questa tra le più divertenti. Qui di nuovo ero in coppia con Brando, stavolta in un lungometraggio in cui ho avuto il piacere di interpretare un personaggio principale, Marina, una giovane scrittrice in cerca di un misterioso scrittore del quale nessuno conosce la vera identità. Una commedia leggera, tranquilla, ma per niente banale, in cui ci sono tanti intrecci narrativi tra le diverse storylines dei diversi personaggi, incomprensioni, equivoci e tante risate. Non voglio rivelare oltre della trama, ma come esperienza è stata davvero bella e formativa, abbiamo cambiato più volte location, di cui qualcuna anche a Paestum, e abbiamo girato con un’organizzazione serrata per poter incastrare tutti gli impegni e i diversi ordini del giorno da rispettare girando in tempi da record un lungometraggio di un’ora e mezza (come sempre per i lavori di Brando)! Mi sento davvero fortunata a poter lavorare con persone tanto brave e allo stesso tempo umili, e soprattutto amichevoli e piene di positività, che devo dire si respira sempre sul set con loro.

A teatro, sei la protagonista di “Dogville”, scritto e diretto da Angela Calefato, opera che si ispira a Lars von Trier. Come andò in quell’occasione?

Wow, Dogville! Quella è senza dubbio l’esperienza recitativa più intensa che ho avuto finora. Per quelli che conoscono il film di Lars Von Trier da cui è tratto lo spettacolo possono immaginare il motivo. Ho interpretato Grace, la protagonista e il centro propulsore dell’intera vicenda. Dogville è un film fortemente drammatico e pesante, per chi lo vive da spettatore è un pugno nello stomaco, ed è difficile descrivere come possa essere recitarlo, o per meglio dire, almeno nel mio caso, “viverlo”. Il lavoro che ho fatto, grazie alla grandissima profondità e sensibilità della regista Angela Calefato, che ringrazio e saluto, è stato un vero e proprio percorso interiore. Essendo questo uno spettacolo teatrale, come potete immaginare ci sono voluti diversi mesi di prove. È stato un periodo molto intenso, in cui si provava insieme alla compagnia (che vorrei salutare uno per uno ma eravamo in più di dieci e non mi sembra il luogo appropriato) quasi ogni giorno, spesso fino a tarda sera. Lo spettacolo era davvero articolato e complesso: c’erano coreografie, balletti e parti cantate in cui bisognava rispettare ritmi e movimenti della base musicale oltre che gli uni degli altri.

È stato davvero un lavorone. Ma più di tutti, come dicevo, il lavoro che mi ha preso così tanto è stata l’immedesimazione in Grace, una sorta di figura angelica agli occhi degli abitanti del villaggio, che arriva quasi come caduta dal cielo e in cui tutti, in un modo o nell’altro, proiettano i propri bisogni e desideri e che gradualmente e subdolamente finiscono quasi per appropriarsene arrivando a sfruttarla, maltrattarla, abusarne da tutti i punti di vista. Il film è crudo e violento, lo spettacolo dal vivo lo è altrettanto, anche se la regista è riuscita in un compito quasi impossibile: creare un’esperienza studiata e raffinata, mai esplicitamente cruda, ma altrettanto di forte impatto emotivo. Un’esperienza artistica che lascia il segno sia agli spettatori che agli attori. Ma la gioia di scendere dal palco e incontrare le persone che hanno assistito e ricevere i loro feedback e complimenti sinceramente emozionati e scossi non ha prezzo ed è forse l’esperienza più indescrivibile e personale che conservo.

Nel 2020 collabori nuovamente con il regista Improta, con “Le piccole cose”. Che ruolo ricoprivi in quel film?

Ne “Le piccole cose” ho forse ricoperto il ruolo più divertente di tutti. Nadia, una ragazza spagnola completamente sopra le righe e un po’ pazza, decide di fare irruzione in casa di un ragazzo che crede essere follemente innamorato di lei per poter stare con lui e coronare il loro (in realtà solo di lei) sogno d’amore. È una parte breve, che compare all’inizio e in alcuni punti del film, ma è davvero una chicca che ha avuto tanti commenti positivi e divertiti. Ho recitato in spagnolo, quasi solo urlando praticamente, ed è stato davvero esilarante, sia nel girare le scene sia nel rivedermi dopo. Non ho fatto molte parti così sopra le righe e surreali, ma mi ci sono trovata bene e il pubblico ha apprezzato. Spero di avere altre occasioni di sperimentare ancora con la mia vena comica.

Sempre nell’anno della pandemia reciti in “L.G.B.T. le generiche banali teorie” di Antimo Leva. Di cosa parla questo corto?

Questo lavoro di Antimo Leva, bravissimo regista e sceneggiatore napoletano che saluto con tanto affetto, è solo uno delle tante opere d’arte che ha creato e ho avuto la fortuna di vedere. Questo corto è davvero denso di tantissimi temi molto attuali sulla comunità LGBTQ+, che il regista ha deciso di trattare in modo particolare. Siamo solo tre attori, e il corto si apre con due ragazzi che parlano durante un appuntamento di tutti gli stereotipi sugli omosessuali dal loro punto di vista. Uno dei due si rivela ipocritamente politically correct oltre che polemico e inutilmente pedante, durante quello che doveva essere un semplice e tranquillo incontro romantico.

La stessa cosa accade tra lui (che è quindi bisessuale) e una ragazza (che interpreto io), la quale, a differenza dell’altro partner, non decide di assecondarlo ma si rivela molto più pragmatica e molto più diretta di lui, mettendo, con poche frasi lapidarie, a nudo la reale pochezza delle parole del ragazzo. Così a descriverlo è difficile da spiegare nella sua complessità, e penso che sia proprio in questo la bravura di Antimo, cioè rendere stimolanti e sfaccettati temi attuali, attraverso un modo di mostrarli molto originale e articolato.

Ancora teatro con “Agamennone”, per la regia di Adriano Evangelisti. Stavolta però lo spettacolo è stato online. Come hai vissuto questa situazione così anomala e particolare?

A questo riguardo devo essere onesta, è stata un’esperienza un po’ frustrante. Il progetto doveva essere un grande spettacolo teatrale che ricalcasse, oltre che la storia, anche il modo di fare teatro anticamente. Il testo è stato tradotto da studenti universitari di lettere antiche della Sapienza e ci è stato quindi fornito senza modificazioni dall’originale. Era davvero un progetto interessante. Purtroppo, causa covid, si è svolto a distanza, ognuno nella sua camera, in città diverse addirittura.

Il maestro, attore e regista Adriano Evangelisti è stato veramente molto bravo e capace a gestire una situazione così particolare, e alla fine è risultato un prodotto molto originale e suggestivo. Dati i presupposti, sarebbe potuto essere un disastro o essere addirittura annullato. Ma devo dire che chi ci ha lavorato ha dato veramente tanto, sono stati giorni molto impegnativi, tra prove e riprese a distanza su Zoom, connessioni che saltavano, luci che non andavano bene (abbiamo fatto, per renderlo più interessante, diversi giochi di luci e candele e altri escamotage molto affascinanti). Alla fine, siamo riusciti a portare a termine un lavoro durato mesi ed è venuto fuori un prodotto molto innovativo e originale.

roberta di somma

Partecipi anche a “Le Mythe Dior” del grande Matteo Garrone. Ci puoi dire qualcosa, siamo molto curiosi!

Ecco, questa è stata un’esperienza proprio magica. Le Mythe Dior è un cortometraggio pubblicitario diretto da Matteo Garrone per la sfilata Dior 2020 che purtroppo a causa del covid non è stato possibile organizzare come da tradizione. Io sono stata una delle ninfe che in un giardino meraviglioso, appunto il Giardino di Ninfa (tra i più belli a livello europeo) venivano riprese mentre facevano il bagno, ridevano e scherzavano leggiadre e spensierate. È stato come essere catapultate in uno di quei dipinti che raffigurano scene mitologiche. Infatti, il filo conduttore del corto è proprio quello dei personaggi della mitologia e del mondo delle fiabe, tra sirene, fauni, donne-albero, ninfe e tante altre.

Inutile soffermarmi sul lavoro del grande Matteo Garrone, il quale anche in questo corto ha dato quel tocco di mistero e fiaba tipico di altri suoi film. Partecipare a questo progetto mi ha permesso di vivere un’esperienza unica e inaspettata. Ho stretto delle splendide amicizie con colleghe, colleghi e altre figure del settore, ho conosciuto dei maestri della regia, fotografia e dell’hairstyle (le parrucche e le acconciature di tutti erano pazzesche!), ho visto abiti e posti meravigliosi, e mi sono vista totalmente stravolgere nell’aspetto fisico trasformandomi in una leggiadra creatura dalla pelle bianca e luminosa, ciglia chiare e capelli lunghissimi e rossi! Insomma, come dicevo prima, un’esperienza magica.

La tua ultima esperienza cinematografica è, sempre nel 2020, “Canto di Natale” di Brando Improta, lungometraggio fantasy-sentimentale.

Qui ho interpretato lo spirito del Natale (ma solo del presente e del futuro perché “il passato è passato”, per citare il mio stesso personaggio nel film). Abbiamo girato in un paese dalle atmosfere molto particolari, Vairano, ma la cosa più particolare è che è stato interamente fatto in pieno agosto! Amici e colleghi con maglioni di lana e 40 gradi all’ombra, cercando di non sudare troppo mentre si sentivano in sottofondo le tipiche canzoni natalizie. Io per fortuna ero lo spirito, quindi me la sono scampata indossando un fresco e leggero vestito bianco, tutto in notturna.

A parte gli scherzi, è stata una parte che ho apprezzato tantissimo, in cui ho cercato di trasmettere un senso di etereo e senza tempo, attraverso sguardi e voce, per adeguarmi il più possibile all’atmosfera onirica che si voleva rendere. Le scene dello spirito infatti sembrano quasi una parentesi di sogno, che sono motivo di una grande svolta all’interno della trama, come chi conosce Il Canto di Natale di Charles Dickens sicuramente immagina.

roberta di somma

C’è un personaggio, tra i tanti interpretati, nonostante la tua giovane età, al quale sei più affezionata?

Ho la fortuna di poter dire di aver interpretato personaggi davvero diversi tra loro, alcuni molto realistici, altri più sopra le righe, con toni più drammatici e altre volte parecchio comici. Mi risulta difficile fare un paragone e sceglierne uno solo. Direi che quello che più mi è rimasto dentro, probabilmente anche perché aderisce ad alcune parti più private del mio carattere, è stato quello di Grace nello spettacolo teatrale di Dogville. È stato un ruolo intenso, come ho già descritto abbondantemente, in cui ho dovuto fare un percorso in cui ho attraversato scene emotivamente d’impatto e crude, da cui ho imparato molto soprattutto perché essendo un’appassionata del metodo Stanislavskij mi ha permesso di toccare sentimenti, emozioni e vissuti davvero particolari. Quello che invece mi strappa un sorriso ogni volta che ci penso e che più di tutti mi ha fatto ridere è il personaggio della spagnola Nadia, con cui ho potuto conoscere e sperimentare corde comiche al polo opposto del range delle mie sfumature di attrice.

Quali sono i tuoi generi e i tuoi film preferiti?

Questa è la domanda che probabilmente viene posta più spesso a chi lavora in questo ambito. Ed è anche tra le più difficili a cui rispondere. Non posso dire di avere un genere preferito, quando guardo un film a me piace notare ogni elemento che lo compone, dalla trama alla fotografia, dalla sceneggiatura al montaggio, dalla regia alla colonna sonora e il lavoro degli attori, per cui penso di essere un’amante di quei prodotti che sono quanto più equilibrati e di qualità per quanto riguarda questi aspetti. Apprezzo ogni tipologia di film che sia ben fatto, ma soprattutto che mi emozioni molto, che sia in grado in qualche modo di arricchirmi e trasformarmi positivamente, qualcosa che lasci il segno, magari anche difficile spiegare bene in che modo, ma che tocchi e faccia risuonare qualche corda dentro di me. Quindi può essere tanto un film drammatico o tragico, quanto una commedia, brillante o demenziale, o addirittura un horror.

Potrà sembrare vago e forse addirittura snob, ma a me piacciono tutti i film in cui ci sia Bellezza (che non vuol dire assolutamente pesantezza o che siano necessariamente “film impegnati” o “di nicchia”). Se devo proprio indicare qualche titolo a cui sono particolarmente affezionata non posso non citare quel capolavoro (sarò di parte) di Rocky Horror Picture Show, che adoro. Altri titoli che mi vengono in mente di getto sono La leggenda del pianista sull’oceano, Mullholland Drive, Chicago, Il Silenzio degli innocenti, Prima dell’alba, Così parlò Bellavista, Big Fish, Coco, La grande bellezza, Il filo nascosto… ma sicuramente ne sto tralasciando moltissimi altri. È stato difficile!

roberta di somma

In particolare, i tuoi cult italiani, se ci sono?

Non so se la parola cult sia corretta per quanto mi riguarda e per quanto riguarda gli italiani che mi piacciono. Non so se di questa lista possono far parte anche i più “giovani”, ma mi sembra corretto nominarli, essendo per me molto importanti. Da napoletana non posso non nominare Massimo Troisi in particolare in Non ci resta che piangere, ma anche Così parlò Bella vista con Luciano De Crescenzo. Sono molto affezionata a Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini, probabilmente per il mio interesse nei confronti della psicologia. Mi piace molto Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Nuovo Cinema Paradiso per quanto mi riguarda è tra i più emozionanti insieme a La leggenda del pianista sull’oceano, di Giuseppe Tornatore.

Un altro regista tra i più recenti che penso sia geniale è Paolo Sorrentino con The Young Pope, The New Pope (in cui dirige in modo fantastico Jude Law, che penso faccia una delle sue interpretazioni più intense) e chiaramente la Grande bellezza su cui davvero non c’è niente da aggiungere. Vorrei citare anche Matteo Garrone con Il racconto dei racconti e Dogman, e Mario Martone, tra i cui lavori sono particolarmente affezionata a Il giovane favoloso. Ma anche qui, la lista di film potrebbe essere infinita.

CineAvatar è un sito seguito da molti fan del cinema horror. Ti piace il genere? Se si, quali sono gli horror che ami di più?

Come dicevo in una precedente risposta, mi piacciono tutti i film che siano belli (più vaga di così non potrei essere, ma sopra ho cercato di spiegare cosa intendo), e nella lista sì, ci sono anche diversi film horror, anche se non sono un’esperta del genere. Quelli che più recentemente ho visto e apprezzato sono Scappa – Get out e Noi, entrambi del regista Jordan Peele. Uno che mi ha turbato è The Neon Demon (se si può considerare horror) e di cui ho apprezzato la fotografia e l’atmosfera inquietante. Uno che mi piace particolarmente, anche se anche questo forse non è puramente horror, è 28 giorni dopo. Poi ho apprezzato anche Babadook, The boy, It follows.

Progetti cinematografici in cantiere?

Al momento avrei in cantiere un progetto in cui interpreterò la protagonista, un cortometraggio ambientato sull’isola di Ischia, ma non posso dire molto a riguardo. A giugno invece tornerò sul set di Brando Improta per una nuova commedia, in cui interpreterò la migliore amica del protagonista che, alle prese con una vicenda d’amore molto particolare, le chiede consigli e supporto. A dicembre invece sarò uno stravagante personaggio di un thriller in stile Agatha Christie, che sarà girato in un casale a Spoleto. Insomma, per fortuna progetti non ne mancano, e direi che fosse ora dopo lo stop a causa del virus.

Ti va di salutare in qualche modo i lettori di CineAvatar?

Mando un enorme abbraccio virtuale a tutti i lettori, e a tutti gli amanti del cinema e un enorme grazie per questa splendida intervista. Grazie mille Massimo per avermi dato l’opportunità di raccontarmi un po’ e per queste domande così stimolanti. A risentirci presto, ancora un grande saluto e per chiudere una citazione un po’ matta da un libro e film altrettanto matti “addio, e grazie per tutto il pesce”. Ciao!