Abbiamo intervistato l’attore Alessandro Davoli.
Ecco cosa ci ha raccontato!

Buongiorno Alessandro! Come, quando e con che film nasce la tua grande passione per il cinema?

Ciao a tutti gli amici di CineAvatar! Che dire? Direi che da bambino per me la sala cinematografica era un posto magico e, con lo stupore di un bambino, ho imparato a conoscere il grande cinema degli anni 80. Direi che sono stato fortunato a crescere in quell’epoca perché mi sono visto sin da bambino tutte le grandi saghe che ancora oggi guardiamo con nostalgia e quel cinema di genere e di qualità che oggi si fa più fatica a proporre con qualità rispetto ad un tempo. Certamente mi sono appassionato anche a gli horror, sin da bambino: avevo dei genitori molto permissivi e per fortuna non ero un bambino così impressionabile.

Prima di parlare della tua carriera cinematografica mi piacerebbe porre l’attenzione su un’altra tua grande passione: il teatro.

Si, il teatro è senz’altro il motivo per cui ho iniziato a recitare. Per un attore stare sul palco è qualcosa d’indescrivibile. Ho iniziato con il teatro amatoriale da giovane, e dopo essermi formato professionalmente, come attore, ho lavorato con diverse compagnie indipendenti tra Milano e provincia, e ho lavorato per alcuni anni in diverse produzioni teatrali. Ho un po’ rallentato nel tempo, fino a smettere, purtroppo quando siamo entrati in pandemia. Ma, come dico sempre, si torna sempre al Teatro, e infatti ho ripreso a lavorare da pochi mesi con una nuova compagnia.

intervista alessandro davoli

Hai lavorato spesso in tv e in alcuni spot pubblicitari. Ci puoi raccontare le tue esperienze in questi campi così diversi dal cinema?

Per un attore è importante cogliere certe opportunità professionali che siano anche un po’ differenti e lontane dalla passione per il cinema e il teatro. Bisogna fare un distinguo tra il prodotto televisivo, rappresentato dalla fiction, serie tv o sitcom rispetto allo spot pubblicitario, naturalmente. Per me sono state comunque tutte esperienze, professionalmente, di arricchimento personale. Nelle serie tv ho avuto la fortuna di poter lavorare con nomi di professionisti importanti nel panorama cinematografico italiano, come Miriam Leone, nella serie tv “Non Uccidere” e Claudio Bisio nella sitcom “The Comedians”. Per quanto riguarda gli spot, ho partecipato a diverse campagne pubblicitarie nel corso degli anni, l’ultima ha avuto molta visibilità negli ultimi mesi, quella della compagnia di assicurazione “Segugio.it”: interpreto un trafficante stile Narcos, un concept molto innovativo in realtà rispetto allo standard canonico degli spot televisivi.

Non solo, a testimonianza della tua carriera molto poliedrica, hai recitato in tanti videoclip musicali. Ci puoi dire qualcosa a riguardo?

Mi piace molto lavorare nei videoclip come attore perché, quando hanno dei concept molto interessanti, diventa un lavoro “di sfida”, e dove devi recitare soprattutto con corpo e espressività. Ne ho fatti parecchi, e in particolare sono molto legato ad uno: “The Last Dying Embers” dei Chronosfear, una metal band italiana che ha un sound molto internazionale e vicino ai canoni del metal nord europeo. Io ero il protagonista di questo video: 4 minuti adrenalinici (come il pezzo), dove sono sperduto tra i monti e vivo un’avventura molto in stile Survivor. È stato davvero un lavoro molto faticoso.

Nel tuo curriculum c’è un elenco sterminato di cortometraggi ai quali hai partecipato. A quali sei più affezionato, se puoi sbilanciarti?

Sappiamo che i corti non hanno purtroppo molto mercato e visibilità, ma sono delle forme d’arte, in tanti casi  sono una palestra fondamentale per un attore che voglia cimentarsi davanti alla macchina da presa, anche perché spesso ti ritrovi ad avere a che fare con concept molto originali e fuori dagli schemi, essendo prodotti puri e non ancora troppo influenzati dalle leggi di mercato. Ne ho fatti davvero un bel po’, se posso citartene due a cui sono affezionato e tutto sommato abbastanza recenti ti cito due produzioni horror: “Post-it”, dove ho curato anche la regia e sono l’attore protagonista, una sfida molto totalizzante e complessa quindi.

Ci ha dato belle soddisfazioni questo cortometraggio, e abbiamo partecipato anche a parecchi festival e avuto alcuni riconoscimenti e premi: come il premio per il miglior corto al Festival di Istanbul e il premo come migliori effetti speciali a Fipili Horror Festival di Livorno. L’altro che ti cito, sempre horror, l’ho girato recentemente e s’intitola “La Mano Nera” , di Fabrizio Maddalena, regista e fondatore dell’associazione  Teatrabili-Cinevideo. È un corto dalle forti atmosfere alla Lucio Fulci, ed è un omaggio, come stile, all’horror nostrano come si faceva negli anni 70. Io e la mia partner di scena, la bravissima Jessica Resteghini, abbiamo fatto un lavoro bellissimo con Fabrizio e speriamo che questo corto possa svilupparsi per  diventare un lungometraggio…incrociamo le dita.

Passiamo ai lungometraggi, argomento che interessa maggiormente i lettori di CineAvatar: il tuo esordio in questo campo avviene, correggimi se sbaglio, nel 2014, con “King Pest” di Alessandro Redaelli, segmento dell’horror “P.O.E. 3 – House of Ravens”.

Diciamo che ufficialmente è cosi, nel senso che in passato avevo preso parte a 3-4 progetti di lungometraggio, che per vicissitudini varie non hanno poi visto luce. Sicuramente è il mio esordio in un lungometraggio horror che ha avuto distribuzione. Un film a segmenti, basato su alcuni racconti di Edgar Allan Poe. Esperienza interessante perché ho recitato per la prima volta in inglese: nel corto io interpreto un menestrello appestato, un ruolo minore ma di forte impatto, in realtà.

Sempre nello stesso anno hai un piccolo ruolo in “Solo per il Week End” di Gianfranco Gaioni. Di cosa parla il film?

Si è un film di produzione dell’Indiana Production, io sono un collega dell’ufficio dove lavora il protagonista. È una commedia molto ritmata e fumettosa, con tante situazioni grottesche. Il mio pezzo è molto piccolo, ma divertente, una scena surreale dove il protagonista sogna di commettere una strage nel suo ufficio giustiziando i colleghi con una pistola che spara acqua.

In “Milano trema ancora: la giustizia ha le ore contate” di Franz Rotundo hai il tuo primo ruolo importante in un lungometraggio, quello del co-protagonista.

Si, più correttamente antagonista, insieme ad altri due attori, Rocco Alvaro e Mattia Pranzo, antagonisti del protagonista, ovvero l’ispettore Piazza: il classico schema narrativo dei poliziotteschi anni 70, film che vuole essere esplicitamente un omaggio a quel genere, come si evince dal titolo. Esperienza bellissima e che ha anche rappresentato l’inizio della mia collaborazione con Fabrizio Maddalena dei Teatrabili. Il film ha avuto diverse proiezioni in varie città d’Italia e lo scorso anno ha trovato finalmente una distribuzione home video e on demand in Usa e Canada, grazie alla BayView Entertainment.

Nel 2017 è l’ora di “Il Cristo di Gamala: la vera storia dell’uomo chiamato Gesù” di Luciano Silighini Garagnani. Che ruolo avevi in quel film?

Altra esperienza molto interessante, perché è bello andare a costruire un lavoro e una personaggio, in epoche così lontane, d’altra parte parliamo di un film di ricostruzione storico-religiosa. Io ho interpretato una figura molto importante: quella di San Giuseppe, padre di Gesù.

L’anno seguente sei ancora co-protagonista di un lungo, “Mi faccio di Rock’n’Roll” del regista lucano Rocco Marino. Come andò in quell’occasione?

Tu pensa che questo film, per varie vicissitudini, ha visto luce solo questo anno, e spero davvero che abbia una bella distribuzione perché merita tantissimo. Una commedia musicale, per amanti del rock, ricca di black humour, pulp e momenti grotteschi. Il mio è un personaggio molto sfaccettato ed interessante, uno pseudo-manager maneggione e cialtrone, che cerca di farsi strada promuovendo talent improbabili e escogitando truffe improponibili. Mi sono divertito molto ad interpretarlo.

Hai partecipato anche a “I passi leggeri” di Vittorio Rifranti. Di cosa parla il film?

Rifranti è un vero cineasta coraggioso, non ascrivibile ad un genere, appartiene a quella schiera di veri autori e registi di un cinema d’autore, che si vede sempre meno in Italia. Lo conosco da tanti anni, è stato anche mio insegnante di regia cinematografica tanti anni fa, mi ha proposto un cameo in questo suo film dove interpreto un senzatetto e l’ho fatto con grande entusiasmo, perché riesce a dare un peso e un significato forte a ogni personaggio che acquisisce una sua rilevanza indipendentemente dallo spazio e dal minutaggio che gli è riservato.

intervista alessandro davoli

“No vendetta no party”, film del tuo amico e collaboratore, attore e regista, Ivan Brusa. Che tipo di esperienza è stata per te? Il film è sbarcato anche su Prime Video!

Beh, come dici tu la premessa da fare è che Ivan, insieme a Roberto Albanesi, hanno fondato qualche anno fa il collettivo “Toro Cinematografica”, ed io ne faccio parte ormai in modo fisso. Si, Ivan non è solo un collaboratore, ma un amico innanzitutto, e un socio e compagno di avventura. Condividiamo una visione molto simile di cinema: il suo film vuole porsi come vera alternativa al panorama del cinema italiano più mainstream. “No Vendetta No Party” è la sua opera prima, e ho un ruolo molto importante in questo film, un fottuto psicopatico perverso, diciamo, e che comunque viaggia in un universo molto satirico e grottesco, dove le tante cose terribili che vengono mostrate hanno sempre dietro una matrice ironica e improntata a un genuino black humour. Si, il film ha avuto un bel percorso distributivo sia in Italia che all’estero e Prime è uno dei distributori più importanti a cui siamo approdati con questa pellicola. Una bella soddisfazione.

Nel 2019 collabori, in un ruolo secondario, con il giovane regista indipendente Roberto Albanesi, in “Le mirabolanti avventure di Faga”.

Altro prodotto Toro, naturalmente. Diciamo che la bellezza di lavorare con Roberto è assecondare e capire la sua visione della commedia, molto personale, spesso demenziale ma con dietro grandi significati poetici e profondi. Lui in questo film ha scritto su misura il personaggio del “Tigre” per me, ed io mi sono sentito perfettamente a mio agio nei suoi panni. Quando un regista ha una visione personale così forte è un privilegio poter essere nell’universo dei personaggi “Albanesiani!.

L’anno seguente sei nel cast di un horror, “Alice Was My Name” di Brace Beltempo. Ci puoi raccontare qualcosa?

Definirei “Alice”, più un thriller rape and revenge, forse uno dei pochi o unici film di questo genere, prodotti in Italia, da tanti anni. Già solo questo aspetto a mio avviso era un fattore irrinunciabile…volevo far parte di questo progetto. Il mio personaggio, Dimitri, è un pugno nello stomaco, sporco, viscido e veramente disturbante, ha un animo veramente nero. Mi sono trovato benissimo con il regista Brace Beltempo, un vero conoscitore del genere horror/thriller, e con un gusto estetico molto forte e visionario. Esperienza davvero appagante.

Di nuovo una collaborazione con il regista e attore Ivan Brusa, stavolta con “Faccio una strage (Al 75%)”. Ci puoi dire qualcosa a riguardo?

Ti posso dire che lo abbiamo girato nell’estate del 2020 e finito nell’estate 2021, dovendoci districare tra le normali difficoltà dell’essere in piena pandemia e in un’ epoca in cui ancora non c’erano i vaccini. Che dire, non dico queste cose a caso, perché in questo film, volutamente faccio una breve apparizione e mi sono dedicato più a lavorare alla produzione esecutiva. La nostra filosofia, come Toro Cinematografica, non è necessariamente quella di metterci a tutti i costi davanti alla camera sempre e comunque, ci piace molto anche diversificare il cast e dare spazio ad attori che meritano e che riteniamo adatti a un ruolo che abbiamo scritto e immaginato. Sul film non ti posso dire ancora nulla, perché stiamo ultimando la post-produzione, ed uscirà entro la fine del 2022. Speriamo abbia un bel percorso, come i precedenti.

In “Night of Doom” ti misuri con un regista cult dell’estremo italiano come Davide Pesca

Si, lo conoscevo di fama e m’incuriosiva molto un’ esperienza in uno dei suoi film. In questo film all’inizio dovevo interpretare un altro ruolo, dove avrei avuto uno spazio maggiore nel film ma tra il covid e varie vicissitudini alla fine non siamo riusciti a trovarci. Detto ciò era tanta la voglia, sia mia che di Davide, di fare qualcosa insieme, che abbiamo scritto ed inserito una scena apposta creando un altro personaggio parecchio estremo. Questa scena è molto forte ed è un gustoso omaggio a Hostel.

In “Papaya 69” di Riccardo Bernasconi e Francesca Reverdito hai un piccolo ruolo. Di cosa parla il film?

Una commedia molto internazionale e originale girata in Svizzera, credo uscirà l’anno prossimo. Non ho ancora grandi info sulla trama, conosco solo quello che riguardava la mia parte, ovvero quella di un concierge di un albergo. Mi è piaciuto molto lavorare con questa produzione Svizzera, grande attenzione e competenza sul set. Non vedo l’ora di vedere il film completo.

intervista alessandro davoli

Nel 2021 ritorni in un set di Silighini, “Da una corsa in bicicletta”…

Quello che mi ha attirato molto del ruolo che ho interpretato (un soldato partigiano alla fine della seconda guerra mondiale) e dell’esperienza in questo film è stato proprio l’aspetto storico-biografico che andava a ricostruire, immergersi in un personaggio che poteva vivere e respirare un’epoca così difficile e dura. Noi della guerra conosciamo solo i racconti o quello che abbiamo studiato dai libri, anche solo immedesimarsi e recitare una parte di questo tipo, ti può donare una percezione minima di quanto doveva essere dura quella vita, e di come le prospettive del vivere quotidiano fossero così differenti da quelle di oggi.

Sei nel cast di un altro lungometraggio di Davide Pesca, “Re-Flesh”, presentato qualche settimana fa al “Drag Me To Fest” di Milano. Che genere di esperienza è stata?

Si, seconda volta con Davide, e ancora insieme su schermo a Ivan Brusa. Rispetto a Night of Doom, qui ho avuto un ruolo più consistente dato che sono il protagonista di uno dei segmenti. Devo dire che lavorare in questo tipo di film è molto stimolante, perché sono opere dove l’assenza di dialoghi, obbligano l’attore a esprimere tutto con il corpo e l’espressività per creare un personaggio. In apparenza può sembrare più semplice, ma è tutt’altro che così. Comunque anche quest’esperienza è stata molto appagante.

Infine hai interpretato un ottimo ruolo, di speaker radiofonico (a mio parere la tua miglior interpretazione nel campo del cinema horror), in “Terror Zone” di Alberto Bogo. Raccontaci tutto!

Sono stato molto lusingato quando Alberto Bogo mi ha contattato spiegandomi che lui e lo sceneggiatore, Andrea Lionetti, avevano scritto questo personaggio e ruolo pensando a me. Un ruolo delicatissimo perché, essendo un film a episodi, l’idea di un episodio cornice dove mettere un narratore che fa da Cicerone di tutto quello che accade in quei minuti, su schermo, beh, diciamolo, per un attore è una figata, ma è anche un’ arma a doppio taglio, una sfida impegnativa che ti può portare alle stelle o alle stalle. Conscio di questa difficoltà e molto inorgoglito dalla proposta, io e Alberto Bogo abbiamo lavorato assieme su questo personaggio, senza lasciare nulla al caso e siamo soddisfatti del risultato. Penso che aver avuto parecchie recensioni positive a riguardo avvalori il nostro convincimento. È stato molto bello lavorare con lui, spero ricapiti altre volte e per altri progetti.

intervista alessandro davoli

Quali sono i tuoi film e generi cinematografici preferiti?

Che domanda difficile, tantissimi. Amo molto spaziare tra un cinema più disturbante e visivo alla Lynch, Cronenberg a uno più pulp ma con tanti elementi ironici, grotteschi e pieni di black humour. Però è una domanda difficile perché ho amato film altamente improbabili e spesso definiti di serie b come opere di grandi autori celebrate in tutto il mondo.

Ti piace il cinema horror? Se si, quali sono i tuoi horror più amati?

Si, mi piace molto, non penso sia casuale che abbia preso parte a tante produzioni di questo genere. Ne ho visti davvero tanti nella mia vita di horror. Sono molto legato sia alle classiche saghe anni 80, a mio avviso splendidamente riattualizzate come elementi, dalla famosa serie tv American Horror Story. Non nego però che gli horror che amo davvero sono rari, perché hanno dietro davvero una storia e una trama originale e che esce dai cliché. Cito quindi due opere, per me splendide, di Carpenter, ovvero “Essi Vivono” e il “Seme della follia”. M anche una più recente di Pascal Laugier: “Martyrs”, del 2008.

Cosa ne pensi dell’attuale situazione del cinema indipendente italiano?

Mi piacerebbe che le cose andassero e si sviluppassero in maniera più rapida e veloce, la pazienza non è tra le mie virtù principali. Io penso che il cinema indipendente italiano sia il vero baluardo delle idee più libere e non preconfezionate, ma ha mille difficoltà produttive per mancanza di fondi e sostegno. Piano piano qualcosa sta muovendosi e crescendo, per fortuna, per cui bisogna insistere e sostenerlo.

Progetti cinematografici futuri in cantiere?

Diciamo che per un attore le cose cambiano anche di settimana in settimana. Per me è sempre stato cosi. Posso dirti però che mi piacerebbe realizzare, sempre con il collettivo Toro Cinematografica, un film da me scritto, insieme al collega Luca Bertolini, e vorrei dirigerlo. S’intitola “Full-House”, una dark comedy piena di elementi pulp, satirici e psichedelici ambientata nel mondo clandestino del poker. Per realizzarlo ci vorrebbero naturalmente un po’ di fondi e anzi, se qualche pazzo vuole investire su un progetto del genere ed è in ascolto è ben accolto naturalmente. Speriamo che presto si muova qualcosa e si riesca a mettere in piedi.

Vuoi salutare in qualche modo i tuoi fans ed i lettori di CineAvatar?

Beh io li ringrazio se hanno seguito o seguiranno i lavori a cui ho partecipato e spero che continueranno a farlo in futuro. Sarà banale ma li invito a continuare a seguire e a sostenere il sottobosco del cinema indie, perché ci sono tante opere che vale la pena scoprire.