
Presentato in selezione ufficiale alla 14ma Festa del Cinema di Roma, Willow è la visione del regista macedone Milčo Mančevski (Leone d’Oro alla 51ma Mostra del Cinema di Venezia e candidato agli Oscar per Prima della Pioggia) sul senso ultimo del concetto di Maternità e sulla forza che spinge una donna a cercarla.
La grande domanda, tuttavia, non trova una vera e propria risposta nel corso di quest’opera; piuttosto, l’intenzione del regista è quella di mostrare – in assenza di giudizio – i cambiamenti che avvengono nell’animo delle sue protagoniste di fronte al “Miracolo della Vita”.
Willow (in macedone Vrba, salice piangente) è un profondo viaggio emotivo, una ricerca antologica – suddivisa in 3 episodi – sull’argomento. Ogni figlio, che sia biologico o meno non importa, per un genitore è qualcosa da custodire e proteggere, andando persino contro il proprio stesso credo.
Il primo racconto è ambientato nel Medioevo macedone. Una strega si offre di aiutare una giovane coppia infeconda ad avere molti figli ma il prezzo è insostenibile e li porterà a ripudiare fede e morale.
Il secondo è ambientato ai giorni nostri. A causa di un’incidente col suo taxi, Branko (Nenad Nacev) incontra una ragazza di nome Rodna (Natalija Teodosieva) che s’innamora di lui. Anni dopo, i due convivono, si amano ma non riescono ad avere bambini, fino a quando la giovane non rimane incinta di due gemelli.
Nel terzo e ultimo episodio la sorella di Rodna, Katerina (Kamka Tocinovski), è madre affidataria di un bambino chiuso nel suo silenzio, con cui non riesce a comunicare nonostante i suoi molti sforzi. Un giorno il piccolo sparisce e per lei è l’inizio di un incubo.
