Una contemporanea storia di immigrazione e integrazione, Transplant di Joseph Kay, con Hamza Haq, John Hannah e Laurence Leboeuf

Il medical drama rappresenta senz’altro uno dei generi cardine della serialità contemporanea. Negli anni novanta Michael Crichton ne ridefinì le coordinate grazie a E.R. – Medici in prima linea (1994-2009). Narrazione solida, personaggi indimenticabili: un kolossal del genere medical (e non solo). Dieci anni dopo Scrubs (2001-2010) e Grey’s Anatomy (2005- in onda) ne ricalibrarono gli equilibri tra la dramedy e il romantico ma sempre mantenendone l’ossatura. Poi arrivarono le riletture del genere come Dr House (2004-2012), The Good Doctor (2017 – in onda) e New Amsterdam (2018 – in onda). Narrazioni canoniche anch’esse ma ruotanti attorno alla caratterizzazione colorita e anticonformista del medico protagonista.
Qui entra in gioco Transplant (2020 – in onda) di Joseph Kay, che sceglie di declinare il medical drama secondo un’innovativa (ma non troppo) accezione socio-culturale.

ln onda su Sky Serie (e in streaming su NOW) dal 27 settembre 2021, per poi approdare on demand, la prima stagione di Transplant racconta in tredici puntate del rifugiato siriano Bashir Hamed (Hamza Haq). Fuggito dal suo paese assieme alla sorellina dodicenne Amira (Sirena Gulamgaus), i due ricominciano una nuova vita a Toronto, in Canada. Qui Bash ha perso tutto e non è riuscito a recuperare i documenti necessari per poter tornare a lavorare come medico. Per sopravvivere infatti Bash si reinventa cuoco in un ristorante di cucina mediorientale.

Il cast di Transplant

Un giorno, per puro caso, Bash si ritrova a soccorrere diverse persone rimaste ferite nel locale in cui lavora a causa di un grave incidente. Tra questi c’è Jed Bishop (John Hannah), il Primario dello York Memorial Hospital. Grazie alle sue capacità e al suo incredibile pronto intervento, Bash salva Bishop da morte certa. Riuscirà così ad unirsi all’equipe del centro traumatologico dell’Ospedale tra cui spiccano Magalie (Laurence Leboeuf), Theo (Jim Watson) e June (Ayisha Issa). Qui però Bash dovrà superare molte sfide professionali e personali per integrarsi e costruire pezzo dopo pezzo una nuova vita per lui e per sua sorella.

Transplant: una narrazione nostalgica tra ER e Dr House  

Nonostante il fiorire nell’ultimo decennio di una serialità dallo sviluppo orizzontale piuttosto che verticale, di anno in anno il medical drama sembra infischiarsene mantenendo fede ad uno schema narrativo ben specifico. Un lieve accenno di orizzontalità così da garantire una certa coerenza di puntata in puntata, personaggi dalla caratterizzazione colorita, e casi medici del giorno ad alto tasso emozionale. Così hanno fatto ER e Grey’s (con eccellenti risultati), e così fa Transplant. Con le dovute cautele, chiaro, ma c’è tanto nella creatura seriale di Kay che rievoca un po’ le atmosfere dei grandi precursori del medical drama.

Hamza Haq e John Hannah

C’è lo stile caustico nelle sequenze mediche che vivono di truculenza e sangue in gran quantità. Ci sono le rivalità e le antipatie (ma anche simpatie) tra medici, i fallimenti nel formulare le diagnosi, il volersi far beffa della burocrazia ospedaliera e delle gerarchie nel perseguire fino in fondo i propositi del giuramento di Ippocrate.

Ci sono perfino le caratterizzazioni nostalgiche. Come il Jed Bishop di Hannah – perfetto ibrido narrativo tra House e Cox con una sottile vena di british humor – o la June Curtis della Issa. Quest’ultima arrembante specializzanda in chirurgia d’emergenza la cui tenacia non può non ricordare quella dell’indimenticato Peter Benton di ER. Un insieme di topos efficaci insomma, in grado di dare quell’altrimenti impossibile miscellanea di familiarità e novità – oscillante, di riflesso, tra il già visto e l’incuriosito – infine cuciti addosso a un racconto (prevedibilmente) lineare nel suo sviluppo episodico.

Un trapianto di vita e di cultura, inseguendo il sogno americano in terra canadese

Dalla sua Transplant, forte della duplice valenza semantica del proprio titolo (trapianto medico/trapianto di vita e cultura nDr), punta tutto sull’unicità dell’agente scenico protagonista. Quel Bash reso umano e combattivo da un Hamza Haq al ruolo che cambia la carriera, la cui carica valoriale di rifugiato siriano in cerca di rinascita nel perseguire il sogno americano in terra canadese garantisce al racconto una nota di colore di indubbio interesse.

Nonostante infatti la sua iper-competenza medica, Bash deve comunque giostrarsi tra xenofobia e sguardi indiscreti, documenti falsi necessari e una critica vita familiare. Tutti elementi che garantiscono all’agente scenico di Haq una sempre drammaturgicamente efficace aura da adorabile outsider; di quelle dal legame empatico immediato che al grande pubblico piace sempre.

Hamza Haq in una scena di Transplant

Tante le frecce nell’arco della creatura seriale di Kay quindi. Le sue atmosfere da medical drama consumato unite ad una marcata ma delicata componente sociale hanno colpito così tanto il pubblico d’oltreoceano da spingere NBC a rinnovare Transplant per una seconda stagione (in programmazione per Febbraio 2022). Molto probabilmente l’alba di un nuovo successo di genere nonostante qualche riserva strutturale. O per dirla in altre parole: un nuovo medical drama per cui fare il tifo e sintonizzarsi settimanalmente davanti al piccolo schermo.