
Tonyaè un film che sorprende. Una storia che parla di verità, ambizione, sogni, riscatto, seconde possibilità e amore in ogni sua sfumatura.
L’ultima fatica di Craig Gillespie parte da una struttura narrativa non convenzionale per creare il percorso di crescita e ascesa, nonché di caduta, della pattinatrice Tonya Harding, che nel 1994 fu coinvolta, a soli 23 anni, nell’aggressione della collega pattinatrice Nancy Kerrigan.
Lo script e il soggetto del film nascono da due distinte interviste fatte dallo sceneggiatore Steven Rogers all’atleta e all’ex marito di Tonya Harding, Jeff Gillooly, che innescò l’incidente cardine della vicenda. Fin da subito emerge la grande capacità del regista Craig Gillespie (Lars e una Ragazza Tutta Sua) di riuscire a muoversi dentro archetipi narrativi e generi diversi, mescolando abilmente i toni tipici della black comedy alla suspense di un thriller o alla frenesia di film d’azione. Alle ricostruzioni delle interviste si alterna la narrazione cinematografica, all’interno della quale, in alcuni tratti, Margot Robbie arriva a rompere addirittura la quarta parete rivolgendosi direttamente al pubblico.

L’attrice australiana è semplicemente straordinaria, potente ed intensa nella sua performance. Riesce a far emergere una figura umana forte ma con le sue fragilità, determinata a perseguire i propri sogni e a vivere la vita con ciò che ha a disposizione, senza farsi abbattere da una realtà difficile. Anche gli altri membri del cast, che scavano nei minimi dettagli le movenze e i modi di parlare dei protagonisti, portano in scena personaggi verosimili, con i loro pregi e difetti, dalle mille sfaccettature, rendendo gli spettatori maggiormente attivi e partecipi. Tra questi spicca una magnifica Allison Janney, che veste i panni la madre di Tonya Lavona in maniera emozionante, esilarante ma soprattutto complessa. La sua interpretazione non è passata inosservata all’Academy, che, lo scorso 4 marzo, l’ha premiata con l’Oscar come “Migliore attrice non protagonista“.
Gillespie costruisce un’opera pensando al pubblico, il quale si ritrova letteralmente immerso al centro dell’azione, energica e mai statica. Grazie ai continui movimenti di macchina il regista dà l’impressione di essere sempre in movimento. Le musiche e la fotografia, ruvida e realistica dallo stile quasi documentaristico, concorrono ad avvicinare lo spettatore alle emotività dei personaggi, creando a tratti disordine o esuberanza. Da questo mix di azione e recitazione nasce, quindi, l’ironia e la forza della pellicola.
