Vent’anni dopo. Il titolo del secondo romanzo di Alexandre Dumas della saga dei tre moschettieri calzerebbe a pennello anche con l’operazione produttiva che fa rincontrare, passato il medesimo lasso di tempo, i quattro ben meno valorosi protagonisti del cult movie degli anni ’90 di Danny Boyle.
Vent’anni dopo aver rubato il bottino di 16.000 sterline guadagnato in traffico di eroina dai tre complici, nel sogno di una vita ripulita e tranquilla, l’ex tossico Mark Renton detto Rent (Ewan McGregor) torna ad Edimburgo, dove non potrà far a meno di ritrovare il goffo Spud (Ewen Bremner), l’ossessivo Sick Boy (Jonny Lee Miller) ed il violento pazzoide Francis Begbie (Robert Carlyle), ognuno assetato in modo diverso da una voglia di rivalsa.
Centrale diventa soprattutto il rapporto con Sick Boy, che lo coinvolge in un affare nel giro di prostituzione con l’aiuto della sua “amante” Diane (Kelly McDonald), solo per potergli provocare una delusione analoga a quella subita.
Ispirato alla lontana al romanzo Porno (1996) di Irvine Welsh, T2 vorrebbe non solo sviluppare le vicende del primo lungometraggio, ma rispolverarne il tono lisergico e hardcore punk che lo aveva reso un cult generazionale nella seconda metà degli anni ’90. In questo senso, ne riproduce lo stile denso di inquadrature sghembe, esplosioni di violenza inattese e fermi immagine improvvisi in funzione anti-narrativa, dovendo però inventare nuove situazioni che reggano il passo con un simile prodotto di mitologia filmica.
La trama fatica a prendere una direzione, e dall’annunciato revenge movie si passa presto ad una più scontata operazione nostalgia dei Nineties, in cui il alone leggendario non fa altro che ripiegarsi su sé stesso, rievocando i “bei tempi” tossici di Trainspotting con tanto di flashback e sketch replicati con dovizia filologica.
Ma di cosa dovremmo avere nostalgia? Dell’epoca allucinogena governata dall’eroina? Lo spettatore, ormai immerso nei meno esplicitamente nichilisti (forse proprio perché più compiutamente immorali) anni 2000, si ritrova quindi, proprio come il protagonista Ewan McGregor, imborghesito e impassibile a dover rifare i conti con quell’immaginario sporco e adolescenziale in cui un tempo sguazzava godurioso, chiedendosi: “Ma chi me lo fa fare?”.
Soprattutto quando la deriva tossica prima descritta, applicata a sketch fiacchi e tirati per le lunghe, appare come un quaranta/cinquantenne che decide di indossare nuovamente la divisa grundge. Non che manchino tentativi di aggiornamento, fin troppo dichiarato, ai ‘tempi moderni’: dagli smartphone ai dispositivi mobili, passando per Facebook, Snapchat e App varie che costellano la visione. Che siano loro la nuova eroina? La riflessione sul virtuale, però, si esaurisce presto in un lunga “predica” sul tema snocciolato da McGregor a metà pellicola. Tra le scene da ricordare di T2: Trainspotting, il furto dei Bancomat ai lealisti fanatici della battaglia di Boyle del 1690, di cui è facile indovinare il Pin.