SE DIO VUOLE, la recensione

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Interessante esordio alla regia, quello di Edoardo Falcone (già sceneggiatore di pellicole come Tutto l’Amore del Mondo, Nessuno Mi Può Giudicare e Mai Stati Uniti) che, sull’onda del recente Tutta Colpa di Freud di Paolo Genovese, ci ripropone un Marco Giallini come sempre in gran forma e nuovamente nelle vesti di medico, non più psicanalista ma noto chirurgo. Il personaggio di Tommaso (Giallini) è un uomo arido e realista con una moglie (interpretata dalla sempre brava Laura Morante) che, nel vano tentativo di comunicare con lui, cura i propri dispiaceri con l’ausilio dell’alcol; la figlia Bianca (un’ingenua e divertentissima Ilaria Spada) non ha obiettivi nella vita e, lontana anni luce dall’autosufficienza, è legata a un giovane venditore immobiliare che non gode della stima del capofamiglia, mentre il figlio Andrea (l’esordiente Andrea Pesce) sembrerebbe già destinato a seguire le orme del padre nella carriera medica. A rompere quest’equilibrio tipicamente italiano, ci pensa proprio Andrea che, attingendo a tutto il coraggio che ha in corpo, è pronto a fare ‘outing’ e dichiarare la sua ferma decisione d’intraprendere il percorso che lo porterà a diventare sacerdote.
Tommaso è un uomo dalla mente aperta e senza pregiudizi di alcun tipo (divertente come accetti in anticipo l’idea che l’annuncio di Andrea all’intera famiglia riguardi l’omosessualità) ma il pensiero di un figlio prete non è assolutamente contemplabile: questo perché Tommaso è, prima di tutto, un ateo convinto. L’avvicinamento del ragazzo al mondo della Chiesa Cattolica, ritenuto da lui l’emblema assoluto della falsità e dell’oscurantismo, dev’essere, senza dubbio alcuno, frutto di un atto di maligna corruzione. Affidandosi al proprio istinto, Tommaso individuerà il ‘diavolo tentatore’ in Don Pietro (un Alessandro Gassman in stato di grazia), sacerdote “sui generis”, giovanile e dal linguaggio colorito e dialettale. Il rapporto tra i due porterà a galla uno scontro d’idee e di personalità ma Falcone non sembra interessato tanto a ciò che divide i due modi di vivere la spiritualità, quanto a ciò che li accomuna.
Il fulcro della pellicola, dunque, non vuole essere un acceso dibattito di stampo filosofico/teologico (entrambe le parti sono dipinte in maniera ironica e semplicistica, senza mai andare veramente a fondo delle motivazioni del loro rispettivo credo) ma, piuttosto, una storia di valori e umanità, nella quale un uomo deve riuscire a comprendere ciò che l’ha portato a chiudere gli occhi sulla propria famiglia e sul mondo, contando sull’aiuto più inaspettato che potesse giungergli. La spiritualità, per come viene comunicata da Falcone, risiede nelle piccole cose che ci circondano, nel mondo naturale e negli affetti dei tuoi cari, siano essi sangue del tuo sangue o, semplicemente, giovani in cerca di una figura di riferimento, e il bellissimo finale corona, pur nella sua semplicità, quell’ideale fusione morale alla quale tutti gli uomini di credo differente dovrebbero ambire.
Rating_Cineavatar_3-5