Le meilleur de la vie se passe à dire “il est trop tôt”, puis “il est trop tard” (Gustave Flaubert)
La calda estate sta volgendo al termine a Billinger e la dolce vecchina Louise perde il treno che l’avrebbe dovuta riportare a casa. Si ritrova così in un posto desolato, dove i turisti che prima animavano le giornate sono ormai spariti e i negozi e le strade sono chiusi e deserti.
Chiedendosi perchè la sua famiglia non la raggiunga, inizia a vivere in un luogo fuori dal tempo, in un limbo dove la solitudine perpetua fa da padrona e l’introspezione l’avvolge in quelle lunghe giornate; in compagnia di un cane parlante, la vecchietta sarà travolta dai ricordi della gioventù, ricordi di cui nemmeno aveva memoria, e riuscirà pian piano a mettere a fuoco la propria vita (la metafora della scogliera in lontananza che col passare dei giorni diventa più nitida).
Il regista e animatore francese Jean-François Laguionie torna con questo lungometraggio dopo 4 anni dal poetico Le Tableau (La Tela Animata) e, nel farlo, decide di raccontare l’età finale della vita di ogni essere vivente, cercando di portare lo spettatore non solo a comprendere le emozioni di una vita passata ma anche a immedesimarsi e percepire il il lento passare del tempo assieme alla protagonista, con delle immagini statiche e una musica appena impercettibile che sembra rallentarlo.
Destinato prevalentemente a un pubblico maturo, l’opera non è di facile visione, non per la sua delicatezza visiva ma per la narrazione da terza età, senza una capacità comunicativa efficace destinata a un ampio spettro generazionale.
Louise en Hiver è un film meditativo che c’invita a tirare le somme della nostra vita e delle nostre scelte, un monologo introspettivo sul valore e il significato di passato, presente e futuro.