Partiamo dal concetto che se un remake non è buono nessuno vorrà vederlo e di conseguenza non fará mai del male al film originale.
Nel 1982 gli Stati Uniti vennero completamente travolti da un fenomeno che li avrebbe influenzati negli anni a venire, non solo cinematograficamente ma anche culturalmente: stiamo parlando di Poltergeist – Demoniache presenze, prodotto da Steven Spielberg per la regia del grande Tobe Hooper.
La storia di questa saga è conosciuta da tutti, soprattutto per l’alone mistico dello sfortunato destino che colpì parte del cast e non solo, il cui simbolo è rimasto quello della piccola Heather O’Rourke, morta a 12 anni e che il popolo americano non ha mai dimenticato, basti vedere i siti a lei dedicati per capire quanto è forte l’impronta che ha lasciato.
Tornando al presente sappiamo bene quanto in questo periodo i remake siano il pane quotidiano dell’industria hollywoodiana e non sempre è un male quando vengono realizzati e prodotti come Poltergeist, affidando le chiavi della regia a un giovane filmmaker, l’israeliano Gil Kenan, già candidato all’Oscar nel 2006 per Monster House.
La trama è rimasta pressoché invariata: i tempi sono cambiati e la vecchia tv a tubo catodico, simbolo della pellicola originale, ha lasciato spazio agli smartphone e alle tv lcd ma è sempre di una famiglia che si parla, una famiglia capitanata dal tenace Sam Rockwell che lotta unita per salvare la loro figlia più piccola, presa di mira da un’entità malvagia, una famiglia forte e compatta dal forte spirito Yankee che la differenzia dagli altri lungometraggi di genere dove spesso il senso d’impotenza governa sovrano.
La famiglia Bowen affronta a testa alta un’entità demoniaca che metterebbe in ginocchio chiunque, la affronta con l’aiuto di una squadra di parapsicologi e di un eccentrico medium da reality show sui ghost hunter, interpretato dal mitico Jared Harris, che tiene testa a suo modo a un altro caposaldo dell’intera saga, la sensitiva Tangina Barrons, incarnata da Zelda Rubinstein.
Una nota di demerito, troppo forzata e di poco tatto, è la voluta somiglianza della piccola Kennedi Clements (a sinistra nella foto) al suo compianto alter ego del passato Heather O’Rourke (a destra nella foto)… una mossa strategica di marketing di non molta classe.
James Wan e i suoi seguaci, con i molteplici mockumentary confezionati negli ultimi anni, ci hanno abituato a un certo genere di paura che però inizia a perdere efficacia perché tende a diventare in un certo verso prevedibile. È dunque doveroso guardarsi indietro e vedere quello che di buono è stato fatto da registi come Stuart Gordon con il terrificante Re-animator e From Beyond – Terrore dall’ignoto, lavori che ancora oggi disturbano i sonni di tante persone.
Insomma, fra i tanti remake più o meno riusciti e apprezzabili, questo Poltergeist è una piacevolissima sorpresa, certamente non paragonabile al classico di Tobe Hooper, che, nonostante tutto, mantiene quel sapore e quell’atmosfera da fanta-horror presenti nell’originale con una regia molto 80’s che piacerà sia ai cultori che agli spettatori più esigenti, desiderosi di trascorrere una piacevole serata al cinema.