Prendiamo due classici del calibro de La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, e Omicidio a luci rosse di Brian De Palma: qui l’atto voyeuristico diventa portante, offrendo su un vassoio d’argento l’occasione di guardare ciò che normalmente non è possibile osservare. In questi due esempi si guarda un atto violento, ma in La vita di Adèle (tratto dalla graphic novel Blu è un colore caldo) ciò di cui si ha il privilegio di osservare è l’intero svolgimento di una storia di amore di una ragazza che si scopre omosessuale. Una scoperta osservabile non come un film, ma come se il pubblico fosse li presente con ogni personaggio, in ogni singolo attimo.

La tumultuosa storia d’amore che si ha l’occasione di guardare, e che si sente come propria, è in primis il merito del lavoro recitativo delle due protagoniste, Adèle (Adèle Exarchopoulos) ed Emma (Léa Seydoux) dirette magistralmente da Abdllatif Kechiche.

La vita di Adèle

Adèle, in particolare, non sembra la più coraggiosa delle ragazze della sua età, in quanto essa stessa la più forte del gruppo delle sue “amicizie”. La ragazza affronta quello che sarà il periodo più difficile della sua vita praticamente da sola. Di fatti non si vede mai nessuno dei personaggi del primo atto ricomparire in scena in altre parti del film. Le “amicizie” che ha stretto negli anni non sono vere amicizie ma solo situazioni di comodo. L’unica che le starà vicino nella scoperta di sé stessa, e che sarà anche l’unica donna che amerà per sempre, sarà sempre e solo Emma.

La vicinanza fra i due personaggi è resa anche livello cinematografico dalla scelta di riprendere gli attori sempre in primi piani e mai a camera fissa, con un’inquadratura tremolante, quasi si volesse alludere che quella che sta osservando e registrando il mondo di Adèle non è una macchina da presa, bensì un essere umano ora presente in scena; un terzo sguardo che ascolta e vede quello che succede, esemplificazione dello spettatore curioso che vuole sapere, conoscere, osservare.

La vita di adèle

 Questa possibilità di riprendere molto dà vicino è la peculiarità stessa del Cinema: poter stare così vicino ai propri soggetti, tanto da vantare la possibilità di scorgere il mare di sfumature di emozioni sui loro volti, un mare che a volte diventa burrascoso, altre ancora carico di una tristezza e voglia di ricordare, che fa salire la tentazione di rompere la scialuppa su cui ci si è imbarcati per affrontare il film.

Se lo stile di ripresa è uno strumento di introspezione psicologica, i colori sono invece una loro esternazione, una lontana ma ben precisa riprova del sentimento che investe Adèle in determinate situazioni forti. La saturazione della fotografia nelle scene dei primi incontri con Emma è espressione del profondo sentimento d’amore che già pervade la protagonista. Una colorazione, questa, che farà il suo ritorno quando Adèle va nei luoghi degli incontri in cui era stata felice. Ma non tutte le sfumature cromatiche sono il segnale del suo ricordare. Il blu, ovviamente, torna nel terzo atto con un’insistenza senza tregua: nei vestiti che la protagonista indossa, nei quadri di Emma, nel mare profondo in cui Adèle si abbandona.

Oltre ad Adèle, ad abbandonarsi nel mare in tempesta del film, c’è anche lo spettatore. Eppure non vi è nulla che disturbi la visione. La narrazione è lineare e la musica è quasi sempre all’interno della storia. Lo spettatore, onnipresente e onnisciente, sente sempre quello che sentono i personaggi. La colonna sonora consta quindi solo di musica diegetica, e un tema – il tema dell’amore – si presenta in particolare nei due momenti fondamentali della pellicola: suonato da un artista di strada nel corso del primo incrocio di sguardi fra Adèle ed Emma, e nell’inquadratura finale, come musica  extra-diegetica, quando Adèle si incammina lontano dalla macchina da presa. 

La vita di Adèle sembra confezionato ad hoc per tutte quelle persone un po’ invadenti che ascoltano con forte curiosità tutte le storie sentimentali dei propri amici, che danno consigli e avrebbero voluto essere li con loro per supportarli. È il film perfetto da consigliar loro, tra un colore blu caldo, e cuori in perpetuo, traballante, battito.

DAVIDE BERALDO